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Antonia non è Fleabag ma ha imparato a parlare allo stesso modo a una generazione confusa: la recensione

Il paragone con la serie inglese di e con Phoebe Waller-Bridge è inevitabile, ma Antonia intraprende per fortuna una strada differente, ispirata al cult britannico ma non identica

4 Marzo 2024 15:28

Diciamolo subito: lo spettro di Fleabag, in una serie tv come Antonia, si sente subito. Inevitabile, d’altra parte, avere l’istinto di ricordarsi la serie cult inglese di e con Phoebe Waller-Bridge che ha rotto gli schemi del solito racconto femminile creando un irresistibile caos narrativo in cui dubbi e certezze riuscivano a convivere. Ma la novità tutta italiana disponibile su Prime Video è all’altezza di questo paragone?

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Antonia serie tv, la recensione

La risposta è . Perché se è vero che Antonia richiama nei toni la comedy sopra citata, è altrettanto vero che fa di tutto pur di non scopiazzarla. La protagonista Chiara Martegiani, anche sceneggiatrice con Elisa Casseri e Carlotta Corradi, non è una Waller-Bridge de noantri (nonostante quella rottura della quarta parete che avviene in un determinato momento e che, a nostro dire, sa più di omaggio che di emulazione), e meno male. Antonia da subito cerca di intraprendere una strada tutta propria, facendo di un tema importante legato a un problema di salute solo il punto di partenza di una storia che vuole essere, in fin dei conti, un ritratto generazionale e intelligente, ma mai saccente o moralista.

Dall’endometriosi di cui la protagonista scopre di essere affetta la serie tv allarga pian piano lo sguardo, mostrando la crisi esistenziale in cui non solo gli spettatori (sì, anche uomini) e le spettatrici possono ritrovarsi. Rinunciando un po’ a quel cinismo con cui ci aveva deliziato Fleabag, Antonia preferisce una sincerità più morbida sulle bugie che spesso raccontiamo a noi stessi e che altrettanto spesso fingiamo di non riconoscere.

Quello che in sei episodi compie la protagonista è il viaggio, dicevamo, di una generazione, spesso confusa e insoddisfatta ma che non può lamentarsi per non passare per vittima e piagnucolona. Antonia, invece, ci ricorda che tutti hanno diritto a dire di stare male e di essere insoddisfatti, anche se questo non potrebbe portare a un miglioramento della propria condizione. Ma rendersi conto che qualcosa non va è un primo passo per ricordarsi che dobbiamo essere i protagonisti della nostra stessa vita.

È quello che prova a fare Antonia in questa prima stagione (con l’augurio che possa essercene una seconda: sicuramente il materiale c’è), circondata da altri personaggi che raccontano ciascuno varie fasi della vita in cui i cambiamenti più he entusiasmare, spaventano.

Ecco, questa serie si stacca definitivamente dal paragone con Fleabag nel momento in cui decide di farsi portavoce non del dolore per il passato, ma della paura per il futuro: Antonia non è una serie che gira intorno agli stessi eventi, ma riesce a fare piccoli passi in avanti. A volte impercettibili, ma che servono a dare un senso di realismo al racconto che lo rende gradevole e godibile, così come le varie interpretazioni degli attori ed attrici protagonisti.

Si vede che tutti e tutte hanno creduto in questo progetto, che si può definire comedy ma che, in fondo, di comico ha ben poco. Antonia non strappa la risata, eppure ha quella leggerezza che salva la sceneggiatura dal rischio di ogni presunzione esistenziale possibile con una storia di questo tipo.

È questa la strada che Prime Video dovrebbe continuare a seguire, nel campo delle serie comedy: esperimenti recenti come Gigolò per caso e No Activity-Niente da segnalare hanno dimostrato che non basta un buon cast per convincerci a sorridere, ma serve anche una buona idea, nuova e al passo con i tempi. Con Antonia tutti questi ingredienti ci sono.