Perché #AnneFrank Vite parallele su RaiPlay è il documentario da vedere per il Giorno della Memoria
Il doc, uscito nel 2019, trasmesso da Raiuno ed ora su RaiPlay, ricostruisce la stanza in cui si è rifugiata per due anni Anne Frank
Di tutte le testimonianze sull’Olocausto che ci sono giunte, quella di Anne Frank non solo è la più nota, ma anche, probabilmente, tra le più dolorose. Il rifugio, i due anni nascosta insieme alla famiglia in un appartamento di Amsterdam, la cattura. E quel diario, diventato simbolo e testimone di una tragedia che il tempo rischia di far sbiadire.
La storia di Anne la conosciamo tutti. Ma ci siamo mai chiesti dove potrebbe essere oggi quella ragazza che, tramite la sue parole, ci ha restituito un messaggio di speranza verso l’umanità anche quando l’umanità stessa stava attraversando il suo periodo più buio? Nel 2019, Anne Frank avrebbe compiuto 90 anni: per celebrare la ricorrenza, fu realizzato un documentario, #AnneFrank. Vite parallele, che Raiuno ha mandato in onda nella terza serata del 23 gennaio 2021 (in occasione della programmazione per il Giorno della Memoria) e che è recuperabile su RaiPlay.
Anne Frank e cinque vite parallele
Le vite parallele del titolo sono quelle di Arianna, Sarah, Helga, Andra e Tatiana, ovvero cinque donne che avevano la stessa età di Anne quando sono state catturate e deportate. Come Anne, hanno vissuto sulla propria pelle dolori ed ingiustizie inimmaginabili. Ma, a differenza di Anne, sono sopravvissute. Il doc, firmato da Sabina Fedeli ed Anna Migotto, ha raccolto le loro testimonianze, sia di quell’atroce periodo ma anche del dopo. Perché la vita dopo essere stati chiusi un campo di concentramento non è la stessa.
Il documentario in circa un’ora e quarantacinque minuti, alterna così le parole delle cinque sopravvissute a quelle pubblicate sul diario di Anne Frank, lette per l’occasione dal Premio Oscar Helen Mirren in un’accurata riproduzione della stanza in cui la giovane scrisse quelle pagine, ricostruita dagli scenografi del Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa. La vita di Anne e quelle delle cinque donne iniziano così a scorrere parallelamente, appunto, “fino a sfiorarsi”, come dice Mirren. E chissà, se Anne oggi fosse viva probabilmente la sua vita avrebbe molto in comune con queste donne.
A questi due livelli il documentario ne aggiunge un altro, quello della giovane Katarina, interpretata da Martina Gatti: una ragazza dei nostri tempi che racconta il suo viaggio verso il rifugio di Anne come i giovani d’oggi sanno fare, ovvero tramite foto, hashtag e poche parole che, però, arrivano dritte al punto.
Anne Frank. Vite parallele, Un racconto che guarda al futuro
Perché guardare #AnneFrank. Vite parallele? Innanzitutto perché per quanto le storie sull’Olocausto possano sembrano molto simili tra di loro, ognuna è in realtà ben differente dall’altra. E ciascuna merita di essere raccontata. Il lavoro fatto da Fedeli e Migotto (prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, in collaborazione con Rai Cinema, l’Anne Frank Fonds di Basilea e lo stesso Teatro Piccolo) non solo è estremamente accurato, ma si sofferma su un quesito tanto semplice quanto tragico: l’Olocausto ha annientato un milione e mezzo di adolescenti e bambini, portatori per loro natura di infinite possibilità di un futuro che non vedrà mai la luce.
Proprio tramite il racconto delle donne che sono sopravvissute all’Olocausto, ma anche di chi ha raccolto le testimonianze dei propri cari e di storici, il documentario non fa un semplice lavoro di informazione, ma lascia nel pubblico un’atroce consapevolezza: la Shoah non ha solo avuto un impatto nell’epoca in cui si è svolto, ma ha anche inevitabilmente cambiato il futuro.
Da qui, emerge quindi la necessità ancora più urgente di far sì che quei racconti non si perdano e siano salvati, tramandati dagli adulti ai più giovani. E’ la memoria che, dal suo legame con il passato, diventa strumento per un futuro in cui razzismo, negazionismi e discriminazioni possano sparire o diventare sempre di meno. E, dai tempi che stiamo vivendo, sappiamo che di strada perché ciò accada ce n’è ancora da fare.
Una stanza che diventa megafono
Allora quella stanza (che in occasione della messa in onda del doc è stata ricostruita e fatta visitare da alcuni personaggi del giornalismo, politica e spettacolo come Gad Lerner, Beppe Sala, Carla Fracci, Linus ed Antonio Albanese), diventa un megafono che amplifica il messaggio, lo rende ancora più vivido ed aiuta il pubblico più giovane a aumentarne la propria coscienza su quanto accaduto.
Un prodotto non facile da metabolizzare, inevitabilmente: gli episodi raccontati -come la gara tra pulci organizzata dai bambini per distrarsi dentro i campi o la figlia che tiene da parte del cibo da dare alla madre nei loro incontri segreti-, però, sono portatori di uno sguardo verso l’umanità che non è per forza rassegnato. “I miei figli ed i miei nipoti sono un bel ‘marameo’ al nazismo”, dice una delle sopravvissute intervistate, che diventa non solo testimone del passato ma anche di quel futuro che Anne Frank sognava dalla camera in cui si era nascosta.