Anna Foglietta a TvBlog: “Distretto di Polizia aveva sempre un happy end fastidioso, il pubblico generalista vuole storie consolatorie” (VIDEO)
L’intervista di TvBlog all’attrice che in L’oro di Scampia interpreta la moglie del protagonista Teresa
In occasione della conferenza stampa di presentazione de L’oro di Scampia, TvBlog ha intervistato Anna Foglietta, che nel film tv di Rai1, in onda lunedì prossimo in prime time, interpreta Teresa, moglie di Enzo Capuano (Beppe Fiorello). Con la giovane ma ormai affermata attrice – molti di voi la ricorderanno per aver recitato in La Squadra e Distretto di Polizia, o più recentemente, in Cesare Mori – Il prefetto di ferro) abbiamo parlato di serialità televisiva, ma anche del rapporto tra cinema e piccolo schermo, prendendo spunto dalle parole ‘lamentose’ dello stesso Fiorello.
Torni in tv in una fiction importante e molto attesa….
La firma di Marco Pontecorvo fa sì che questo film possa essere uno dei programmi di punta della fiction di Rai1. È un regista che viene dal cinema, ha un approccio al racconto di grande realismo, verità, profondità. È un regista che lavora moltissimo con gli attori, non lascia nemmeno una sfumatura al caso. È un animale vero. Gira in prima persona, prende la macchina da presa. Se c’è un momento del racconto che ha bisogno di un respiro diverso lui lo coglie. Secondo me tutto questo farà sì che questo prodotto avrà una marcia in più rispetto agli altri. Anche per la tematica così nazionale, italiana, sentita.
In conferenza si è detto che l’accoglienza a Scampia nei vostri confronti è stata positiva. Personalmente ti aspettavi qualcosa di diverso? Avevi qualche timore?
Francamente non mi aspettavo che potesse essere così dura. La realtà, purtroppo, tende sempre a superare di gran lunga l’immaginazione. Anche il racconto fatto da Saviano e poi da Garrone non è mai così vero e puntuale come può essere stare effettivamente lì e respirare quello che respirano le persone. Le persone che vivono lì e che ce la fanno sono davvero eroi, anche se non vogliono essere definiti così. È una realtà che ti porta verso il basso, a contatto anche con le corde più dolorose dell’essere umano.
Sei un’eccezione: una delle poche attrici che oltre in tv tv recita anche al cinema. Beppe Fiorello sostiene che ci sia diffidenza nei confronti di chi lavora nel piccolo schermo. È effettivamente così?
In Italia, soprattutto rispetto agli Stati Uniti, c’è una dicotomia abbastanza netta. È raro che un attore di televisione si presti al cinema o viceversa. Questa è un’anomalia: un attore racconta storie e lo può fare benissimo in tv e al cinema. Io sono un’eccezione sicuramente. Però penso che non si debba essere ingordi. Beppe è l’immagine Rai, ha la fortuna di portare in scena figure così profonde, importanti. E poi comunque il cinema l’ha chiamato, ha fatto Özpetek, Crialese, Tornatore… Quindi non è vero questa cosa… è che agli attori non basta mai, siamo sempre così ingordi. Abbiamo sempre voglia di fare tutto, troppo. È un attore bravissimo, non deve preoccuparsi di nulla.
Il pubblico televisivo ti ha conosciuto per il ruolo di Anna De Luca ne La Squadra. Poi hai recitato in Distretto di Polizia. Che rapporto hai con quei personaggi? Che ricordo hai di quelle esperienze che ti hanno dato popolarità?
Pensando a La Squadra mi viene in mente un’immagine di grande tenerezza. Ero proprio agli esordi. E c’era anche la presunzione degli esordi: mi sono buttata a capofitto nel personaggio. Riguardando le repliche devo dire che me la sono discretamente cavata. Poi Napoli… un contesto così complicato. Era la prima volta che andavo fuori di casa; insomma, c’era davvero tanta roba in quel personaggio. Ma ho amato tutto di Anna De Luca, così come di Elena Argenti di Distretto. Mi hanno portato tutto. Mi hanno insegnato il mestiere dell’attore cinematografico. Per quanto fosse televisione, mi hanno insegnato a stare davanti ad una macchina da presa. Questo te lo dà solo la lunga serialità. Penso che aver fatto la lunga serialità all’inizio della mia carriera mi sia servito a imparare tanti trucchi del mestiere. A fare pratica, ad allenarmi quotidianamente per fare poi dei ruoli cinematografici più importanti. Devo tutto a quei personaggi.
Avrai letto della polemica di Saviano, a cui ha risposto proprio Fiorello, in merito alla fiction italiana troppo buonista, in particolare a confronto con quella americana. In base anche all’esperienza nei due prodotti che abbiamo citato, e che rappresentano due pilastri della serialità italiana, ritieni che la critica sia fondata? E L’oro di Scampia rappresenta un passo in avanti in questo senso?
Portiamo in scena un’idea sempre edulcorata e ripulita della realtà, devo essere sincera…
La squadra forse faceva un po’ eccezione..
Si, era un po’ più sporca, portava in scena anche storie scomode. Distretto di Polizia no, era consolatorio, dava l’immagine di una Polizia perfetta. C’era sempre l’happy end, abbastanza fastidioso. Però questo ha permesso che il pubblico si identificasse. Il pubblico generalista ha bisogno di storie consolatorie. Quel prodotto ha dato ciò che il pubblico voleva. A me piacciono altri tipo di racconti, di storie. Gli Stati Uniti riescono a portare in scena sempre una realtà diversa, anche più scomoda.