Angela Rafanelli a TvBlog: “Il Palio d’Italia ha il sapore del gioco. La collocazione? Un po’ particolare”
Il lunedì, il martedì e il venerdì alla guida di Il Palio d’Italia, Angela Rafanelli racconta a TvBlog questa sua nuova avventura televisiva
Dallo scorso lunedì il pomeriggio di Rai 3 si è arricchito di un nuovo programma. Si tratta di Il Palio d’Italia, condotto da Angela Rafanelli e in onda tre giorni a settimana (lunedì, martedì e venerdì), dalle 15:25 alle 15:50. Per comprendere qualcosa in più di questa nuova trasmissione, TvBlog ha intervistato proprio la conduttrice.
Angela Rafanelli, che sarà impegnata fino a dicembre con Il Palio d’Italia, sta anche per ripartire su Rai Storia con Il segno delle donne. Il nuovo ciclo di puntate, in onda sempre in prima serata, partirà mercoledì 1° novembre, con una puntata dedicata a Titina De Filippo, interpretata da Tosca D’Acquino. Le protagoniste delle altre puntate invece saranno Ave Ninchi (Paola Minaccioni), Ada Pace (Arianna Ninchi), Maria Signorelli (Caterina Corbi), Maria Montessori (Donatella Finocchiaro) e Marta Abba (Ilenia Pastorelli).
Il Palio d’Italia può essere bollato come l’ennesimo programma in Rai di racconto del territorio. Quanto c’è di vero in questa affermazione? Di cosa invece questa considerazione non tiene conto?
Ci sono argomenti inesauribili, che si possono prestare a programmi non per forza innovativi, ma semplicemente con tagli diversi tra loro. Il Palio d’Italia ha il sapore del gioco: riporta, in un momento particolarmente difficile, una leggerezza sana. In un certo senso è uno spin off di Linea Verde, del Borgo dei Borghi, di È sempre mezzogiorno. Tutto parte da un’idea di Francesca Frizzi e di Giuseppe Bosin che si basava sui giochi della tradizione, quelli fatti con niente. Giocando si tira fuori il bambino che abbiamo dentro: si sta nel momento e si gioca con serietà. È un regalo che ci facciamo tutti: in quel momento vediamo l’altro come noi stessi e così troviamo pace. Durante le riprese, è come se passassimo una settimana di terapia collettiva.
Addirittura.
Sì. I due paesi che si sfidano si trovano in un paese terzo, che è il territorio neutro dove va in scena la contesa. Quando arrivi a confrontarti con altri in una cornice non famigliare, ma neanche estranea, sul tuo paese, è un motivo di orgoglio. Ti fa prendere consapevolezza di quello che sei.
A differenza degli altri programmi Rai di racconto del territorio, Il Palio d’Italia è prodotto da una società esterna, la Stand by me. Cosa cambia per chi come te conduce il programma?
La Stand by me è una casa di produzione nota per il racconto delle storie. In questo caso noi attraverso il gioco tentiamo di narrare il territorio e le persone. Il regista, Jovica Nonković, è una persona straordinaria, è il padre di tutti sul set. Da serbo ha preso parte alla guerra e ha un amore per la vita gigantesco. Poi come autori ci sono Simona Iannicelli, Sara Lorenzini – che nella vita scrive anche romanzi – e Luca Pellegrino, che viene da anni di lavoro alla Fascino. C’è una fotografia che propone un senso estetico diverso rispetto a quello che abitualmente si vede negli altri programmi Rai di racconto del territorio. Questo fa capire come qui, a differenza ad esempio di un programma come Linea Verde, c’è una matrice diversa.
Un programma come Il Palio d’Italia che tipo di impegno produttivo richiede?
Le riprese delle sfide settimanali fra i due paesi durano due giorni, poi normalmente c’è un terzo giorno in cui registriamo i vari lanci. Le due giornate di riprese per le sfide sono però piene: stiamo insieme dalle otto di mattina alle otto di sera. Il bello è proprio quello: a differenza di un programma come Linea Verde dove al massimo rimani un’ora con le persone che coinvolgi, qui ci stai due intere giornate. Poi, in questo caso, sono persone nella tua stessa condizione, essendo anche loro fuori sede. Si crea il gruppo come se si fosse una compagnia teatrale.
Come affronti il discorso relativo alla collocazione ballerina in palinsesto, pur andando in onda sempre nello stesso slot orario?
A me le cose normali non le fanno mai fare (ride, ndr). Faccio un quotidiano, che non è un quotidiano. Mi rendo conto che è una collocazione un po’ particolare, ma alla fine quando mi offri un progetto del genere mi prendi per la gola. In un contesto di fruizione così frammentato, si prova a fare il proprio nello spazio che ti viene affidato.
Temi che qualcuno possa utilizzare i dati di ascolto di Il Palio d’Italia per attaccare il direttore Angelo Mellone?
Io mi auguro che questo non accada. Spero che non venga utilizzato un piccolo programma per rompere le scatole a lui.
Sex non è tornato in onda, dopo la prima edizione andata in onda nell’estate 2022. C’è la possibilità di rivederlo in Rai o c’è un’incompatibilità con il nuovo corso di viale Mazzini?
Io sto sempre lavorando per far sì che il programma torni in onda. Per adesso non è in programmazione, ma le cose possono cambiare in un solo secondo. La Rai, nel bene e nel male, stupisce sempre e io ho grande fiducia nell’essere umano. Continuo a ritenere che sia un programma necessario e sono sicura che un giorno si potrà parlare di Sex come di un programma storico della Rai.
Il 1° novembre riparte in prima serata su Rai Storia Il segno delle donne. Cosa ci puoi anticipare?
Saranno sei nuove puntate con sei donne straordinarie. Il segno delle donne è la magia del teatro che si unisce alla magia della tv. È fare tornare in vita queste grandi donne grazie all’attenzione quasi spasmodica per la ricerca storica, che permette di farle parlare veramente con le loro parole e con le loro dichiarazioni.
Per concludere, come valuti questo momento della tua vita professionale?
In questo momento è come se mettessi insieme tutti i cocci e trovassi finalmente pace. In Sex, in Il senso delle donne e nel racconto del territorio io trovo un unico minimo comune denominatore: l’essere umano. Mi sento fortunata perché non mi precludo niente e ho la possibilità di scandagliare l’uomo in tutto e per tutto. Gli indiani d’America hanno il ‘curandero’ che racconta le storie per curare le persone. Io, in tv, faccio qualcosa di simile.