Andrea Saccone, ex campione a L’Eredità: “Non ho voluto sfruttare la morte di Frizzi. I soldi vinti? Ho ancora i gettoni d’oro”
Andrea Saccone fu l’ultimo grande campione de L’Eredità condotta da Fabrizio Frizzi: “Mi sono ritrovato spesso a dover rispondere esclusivamente a domande su di lui. Farlo di continuo mi ha dato la sensazione di sfruttare un morto. Per tutti sarò per sempre quel 18enne, un eterno Peter Pan”
Quattordici puntate da campione e tre vittorie consecutive alla ‘ghigliottina’. Andrea Saccone ha scritto una parte di storia de L’Eredità, siglando record che, in seguito, sarebbero stati battuti da altri concorrenti. Ma lui, all’epoca diciottenne chiamato di lì a poco ad affrontare gli esami di maturità, è comunque rimasto nella memoria collettiva per via di un lungo abbraccio con Fabrizio Frizzi, immortalato negli ultimi istanti di quell’avventura.
La puntata del congedo andò in onda il 16 marzo 2018, esattamente dieci giorni prima della morte del conduttore, già profondamente provato dal malore che lo aveva colpito l’autunno precedente.
Per quel ragazzino, Frizzi spese parole colme di affetto e tenerezza: “Ora torna alla tua vita normale. Questa è stata una bella parentesi, ma alla fine è solo un gioco. Adesso dedicati agli obiettivi importanti per la tua vita. Tutti noi facciamo il tifo per te”.
Classe 1999, Saccone era arrivato da Cortona, paese in provincia di Arezzo. “Frequentavo l’ultimo anno di liceo scientifico e feci domanda al programma per puro caso”, racconta a TvBlog. “Stavo guardando distrattamente la tv prima di cena e passò l’avviso di partecipazione in sovrimpressione. Mi dissi: ‘tentiamo, vediamo come funziona’. La chiamata la feci a novembre e il provino si tenne a Firenze, dopo poco tempo. Avvertii solo un mio compagno di classe; ai miei genitori e a mia sorella lo comunicai dopo essere stato selezionato”.
Come si svolsero i casting?
Ci fornirono dei fogli con diverse domande, alcune a risposta multipla, altre a risposta aperta, a cui si aggiungevano dei ‘vero o falso’. Successivamente si tenne la presentazione, nel corso della quale mi fecero parlare di me, delle mie passioni e dei miei studi. Infine, entrai in una stanza da solo, davanti ad una telecamera, dove mi fecero parlare per un minuto. A quei tempi avevo i capelli biondi e, non sapendo cosa dire, parlai della mia tintura. Tra l’altro, verso le ultime puntate me li fecero tagliare.
Arrivasti quindi alle registrazioni.
La convocazione arrivò a metà febbraio, con la richiesta di recarmi a Roma a fine mese. Nel giorno fissato ci fu una clamorosa nevicata nella Capitale, tanto che dovettero posticipare l’appuntamento di ventiquattr’ore.
Siglasti il record di permanenza per l’epoca, poi battuto da altri concorrenti.
Rimasi due settimane. Un tempo battuto anche perché dalla stagione successiva cambiarono il regolamento. Se prima poteva tornare a giocare solo il campione, dall’anno dopo l’opportunità si aprì ai tre finalisti. Detto ciò, voglio precisare che molti campioni recenti sono per me inarrivabili. Ad esempio, mi inchino di fronte a Massimo Cannoletta. Un fenomeno.
Tre vittorie e solo 48 mila euro portati a casa. Pochino, non credi?
Hai ragione. Ho siglato il record di puntate e dei soldi buttati. Rosico pesantemente. Quando vedevo altre persone che portavano a casa più soldi di me mi incavolavo.
Sei rimasto uno spettatore della trasmissione?
Smisi di guardarla, mi faceva un effetto strano. Ero stato campione con determinate regole e con un altro conduttore. Non la sentivo più mia. E’ come quando vai in vacanza in un posto: ti diverti, ti trovi bene, ma difficilmente ci torni un’altra volta. Ad ogni modo, ho conosciuto anche Insinna, Conti e Liorni quando presi parte con altri concorrenti storici ad alcune puntate di beneficenza e a degli speciali. A quello su Sanremo arrivai fino in fondo, non dimezzai mai il montepremi, però non vinsi.
Prima de L’Eredità avevi contattato altre trasmissioni?
L’Eredità fu il primo e ultimo gioco. Non è una passione che è proseguita e, sinceramente, non mi sarei potuto presentare da altre parti. Ero un patito di televisione, ma per tutti ero inevitabilmente legato alla figura di Frizzi. Mi invitarono ovunque per ricordarlo e parlare di lui.
Ti sentivi usato?
No, ma percepivo un atteggiamento di compassione. Quando andavo nei programmi sapevo già cosa avrebbero raccontato. Mi andò bene per una, due volte. Poi mi resi conto che poteva sembrare che sfruttassi la morte di Fabrizio per apparire. Non mi sembrava il caso.
Nulla comunque ti vieta di fare domanda per altri quiz.
L’idea mi balenò nella testa per un periodo, ma alla fine il mio quiz l’ho fatto, conseguendo i miei primati. Tutto quello che c’era da conquistare l’ho conquistato. Da un’altra parte avrei fatto una comparsata non paragonabile.
Quell’anno ti diplomasti. Come andarono gli esami?
Benissimo. Gli scritti andarono bene e l’orale alla grande. La tesina la impostai proprio su L’Eredità e collegai la mia esperienza alle varie materie. Mi aiutarono molto i professori. Portai la critica alla televisione di Karl Popper nell’ambito della filosofia, poi Andy Warhol e i quindici minuti di celebrità nell’arte e Foscolo e Montale per la letteratura.
Ti iscrivesti all’università?
Uscii con 100, ma dopo la maturità non sapevo minimamente cosa fare. Vuoi o non vuoi, la fama ti cambia. Ero un cretino, non avevo la testa e non mi sapevo regolare. Tentai il test per entrare al Politecnico di Milano e lo passai, però durai un mese. Non avevo voglia di fare niente, è brutto da dire, lo so. Tornai a casa e provai con Scienze della Comunicazione a Perugia. Pure in questo caso smisi anzitempo. Morale della favola: rimasi fermo un anno e, dopo dodici mesi passati a non fare niente, scelsi il corso triennale di Matematica a Firenze. Visti i precedenti, cominciai con molta diffidenza, ma mi accorsi che mi piaceva e andavo a lezione volentieri. Facevo il pendolare e impiegavo un’ora e mezzo per andare e un’ora e mezzo per tornare a Cortona. Allora presi casa a Firenze, ma purtroppo scoppiò il covid e il secondo anno lo feci interamente in Dad. Mi sono laureato con 106 e ho capito che la matematica era ciò che mi piaceva.
Proseguisti gli studi?
Siccome le vecchie abitudini sono dure a morire, presi un’altra facoltà a caso, ingegneria matematica a Padova. Durò pochissimo e tornai a Firenze, dove mi iscrissi alla magistrale di matematica.
I tuoi genitori avranno penato.
Nell’anno di pausa soffrirono. Non facevo niente ed ero odioso, lo ammetto. Inoltre, in quel periodo feci anche coming out, non mi sono fatto mancare niente (ride, ndr). Mio padre, vedendomi inattivo, mi propose di andare a lavorare con lui nell’azienda di famiglia. Abbiamo dei campi di pomodori. Davanti a certi orari e ritmi, preferii rituffarmi sui libri.
Possiamo affermare che non seguisti i consigli di Frizzi per filo e per segno.
Mi ero montato la testa, me la tiravo da morire. Se incontrassi l’Andrea 18enne lo prenderei a sberle. Sono andato a sbattere contro una realtà allucinante. Ebbi un picco altissimo, a cui seguì lo strapiombo e la depressione. Ti ritrovi da solo, senza sapere cosa fare del tuo futuro, mentre i tuoi coetanei, al contrario, lo sanno benissimo.
La sbornia fu devastante. Ti premiò addirittura il sindaco del paese.
Ottenni un riconoscimento dal mio Comune, ma anche il titolo di ‘simpatico d’Italia’ nell’ambito del Premio Simpatia – Oscar Capitolino. Senza contare che mi candidarono come aretino dell’anno. Arrivai secondo.
Di quei 48 mila euro, quanti te ne sono arrivati effettivi?
Tolte le tasse, 30 mila. Ma ho avuto fortuna perché venni ben consigliato. Mi spiegarono infatti che avrei potuto prendere i gettoni d’oro, o l’assegno già cambiato. Mi convinsero a scegliere la prima strada.
Non hai ancora convertito l’oro?
No, è in banca e io non l’ho mai visto materialmente. Quando arrivarono i gettoni io ero a Milano per l’università. Ci pensò mia madre a metterli in cassaforte. Lei lavorava in banca e le affidai tutta la gestione. So che posso campare tranquillo, perché se un giorno avrò bisogno potrò usufruire di quel tesoretto.
Ho letto che prima di iniziare a registrare ti facevano togliere l’orologio da polso.
Confermo. Essendo un programma registrato, vogliono evitare che si veda l’orario reale. Ma non è l’unica imposizione, in questo senso ho scoperto un mondo che mi era sconosciuto.
Del tipo?
Chiedevano di portare da casa dei vestiti di ricambio, possibilmente senza brand. Tutti i marchi venivano coperti minuziosamente con degli adesivi, persino sulle scarpe. Io mi portai tre cambi, non immaginando di restare per quattordici puntate. Quindi dovettero fornirmi degli abiti della Rai. Mi ritrovai in onda con gilet e bretelle, robe che non avevo mai messo nella vita. Ed ancora, non devi portare indumenti a righe, di colore viola, credo per un discorso di scaramanzia, e arancione, penso per una questione di abbinamento ai toni della scenografia.
Sui social circola ancora il video nel quale indovini il personaggio misterioso (Ornella Vanoni, ndr) al primo indizio. Botta di fortuna o altro?
Esiste il culo! Lessi ‘Milano’ come suggerimento e sparai il nome della Vanoni. C’era stato da poco Sanremo e mi venne in mente lei. Quando Fabrizio mi confermò che era la risposta esatta scoppiai a ridere e non la smettevo più. I complottisti del gioco andarono a nozze, esisteva un gruppo su Facebook in cui sostenevano che fossi un raccomandato. Secondo loro ricevevo dei suggerimenti.
L’eliminazione invece arrivò con una domanda su Nicola Piovani.
Non me la presi. Ero oggettivamente distrutto. Questo non significa che se non fossi stato stanco avrei risposto esattamente. Avevo dato tutto, mi andava bene così.
Quante puntate registravate al giorno?
Due, una al mattino e un’altra dopo pranzo. Duravano 15-20 minuti in più rispetto a quello che veniva trasmesso.
Frizzi, nonostante le sue condizioni precarie, rimase in video fino agli ultimi istanti.
Alcuni concorrenti notarono qualche affaticamento, ma per quel che mi riguarda non percepii la sua sofferenza. Arrivava sempre sorridente, spigliato. Chiacchierava con noi, ci salutava al termine delle puntate. Era tranquillissimo e gentile. Dopo la mia eliminazione venne a cercarmi e mi lasciò il suo indirizzo mail. Seppi della sua scomparsa a Madrid, ero in gita scolastica.
Quell’abbraccio tra voi due è diventato simbolico. Immagino che tu ne sia consapevole.
Se capita qualcosa di specifico che me lo fa ricordare, ci penso. So che ogni 26 marzo il mio profilo Instagram verrà invaso di segnalazioni. Mi va bene, ma non è il mio chiodo fisso. Preferisco celebrare quello che feci io. E’ ovvio che si ricordi la sua figura, la sua triste e prematura fine, ma mi sono ritrovato spesso a dover rispondere esclusivamente a domande su Frizzi; le signore mi fermavano per strada per parlare di lui. Farlo di continuo mi ha dato la sensazione di sfruttare un morto. E’ stato difficile gestire quella fase.
La tua giovane età probabilmente ha contribuito ad accentuare l’emozione degli spettatori. Con un campione 50enne non si sarebbero create le stesse dinamiche.
Può darsi. Non a caso per tutti ero il ‘ragazzino’, il ‘campioncino’. Puntavano molto su questi appellativi.
Sei rassegnato al fatto che sarai per sempre ‘techetechizzato’? Per il pubblico Andrea sarà in eterno “il 18enne de L’Eredità”.
Hai ragione, sono come il bambino della Kinder, un eterno Peter Pan. Adesso ho quasi 25 anni e già quando mi richiamarono per una puntata speciale nel 2020, durante il covid, qualcuno si sorprese.
In che senso?
Non ero più biondo, ma castano e con la barba. A causa delle restrizioni ci chiesero di truccarci e pettinarci a casa. Mi presentai al naturale e rimasero tutti sconvolti. Non l’avessi mai fatto. Mi chiedevano in continuazione se stessi bene. Loro mi avevano conosciuto bambino, il nuovo Andrea era quello. Però l’immagine che rimarrà a vita di me è quella del ragazzino appena maggiorenne.