Andrea Luchetta, inviato di guerra del Tg1, il passaggio di consegne e l’immortalità
Quando la storia di un figlio s’incrocia con quella del proprio padre, in un filo rosso che continua
Era il 28 gennaio del 1994 quando una troupe del Tg1 formata dal giornalista Marco Luchetta, dall’operatore Alessandro Ota e dallo specializzato di ripresa Dario D’Angelo è stata uccisa in un sol colpo da una granata a Mostar. Si trovavano in Bosnia per documentare la guerra che imperversava da quelle parti. Marco, Alessandro e Dario erano li per girare un servizio per il Tg1 sui “bambini senza nome”, bimbi cioè nati da stupri etnici o figli di genitori dispersi. Mentre Marco, Alessandro e Dario vengono uccisi, si salva un bambino, Zlatko, i corpi dei tre nostri connazionali gli avevano fatto da scudo. Proprio a seguito di questo drammatico episodio è nata la Fondazione Luchetta, Ota, D’Angelo, Hrovatin (quest’ultimo ucciso insieme ad Ilaria Alpi quello stesso anno a Mogadiscio) per i bambini della guerra e che ha promosso il Premio giornalistico Marco Luchetta, istituito per premiare reportage giornalistici dedicati ai conflitti etnici, con un occhio particolare ai bambini, da sempre le vere vittime innocenti ed inconsapevoli delle guerre.
Il piccolo Zlatko poi grazie all’interessamento della moglie di Marco, Daniela Luchetta, dei suoi amici e degli amici di Alessandro e Dario, è arrivato in Italia insieme alla sua mamma, poi entrambi si sono ricongiunti con il padre, che nel frattempo si era rifugiato in Svezia. Una storia d’amore, perchè da una cosa così brutta, possono nascere cose belle. I figli di Marco, ovvero Andrea e Carolina, che all’epoca avevano 8 e 10 anni, si affezionarono al piccolo Zlatko, diventando loro amici e ancora oggi, a distanza di 28 anni, si sentono.
Ma vi chiederete perchè oggi 11 agosto 2022 parlo di tutto questo su TvBlog? Perchè ieri durante il Tg1 delle ore 13:30 il conduttore Roberto Chinzari ha dato la linea all’inviato del Tg della prima rete per dar conto delle ultime notizie provenienti dall’Ucraina, per una guerra che continua anche se gli echi sembrano sempre più lontani, inghiottiti dal tempo che viviamo, che consuma tutto con una velocità fissata dai social che come un enorme fuoco di paglia, tutto ingigantisce, ma quasi istantaneamente tutto polverizza.
Da Dnipro c’era come inviato del Tg1 Andrea Luchetta, figlio del Marco Luchetta di cui vi abbiamo raccontato sopra il tragico epilogo della sua vita. Appena abbiamo visto Andrea con quel microfono in mano, con quelle immagini di guerra di gente sfollata e con quel logo in basso a sinistra del Tg1, il pensiero è andato immediatamente al suo papà. La sua mamma, Daniela, in una intervista, quando le chiesero se avesse ostacolato le scelte dei suoi figli, qualora avessero deciso di prestare il loro servizio presso un teatro di guerra rispose cosi:
Ognuno di noi segue le strade che ha dentro di sé. Non mi sognerei mai di condizionarli: ciò che desidero per loro è che possano essere persone felici di se stesse.
Daniela raccontò che una volta, prima che Marco partisse per uno dei suoi reportage per il Tg1 sulla guerra nei Balcani, gli chiese se indossasse il giubbotto antiproiettile, Marco diede una risposta illuminante :
Quando sono là, attorno a me passano persone con cappottini lisi di 2 anni di guerra, mentre io sono bardato con casco e giubbotto antiproiettile. E mi vergogno.
Marco era qualcosa in più che un semplice giornalista, era un uomo. Andrea Luchetta è ora un giornalista professionista di grandi qualità, è risultato fra i primi alla selezione per entrare in Rai, è dotato di grande sensibilità dimostrata anche nel pezzo che ha confezionato lunedì scorso e con cui la direttrice Monica Maggioni ha deciso di aprire l’edizione principale del Tg1 delle ore 20, in cui raccontava di come gli animali, nella fattispecie i cani, in questa guerra, siano vittime della crudeltà dell’uomo. Quando ieri l’ho visto a Dnipro e l’altra sera raccontare quella storia, mi è parso di vedere suo padre, in un flashback live, per un segno del destino chiaro, lucido e anche, perchè no, commovente. Siamo fatti di carne, ossa e sopratutto di anima. Dicono che esiste un modo per l’immortalità ed è proprio nell’immagine di Andrea ieri, con in mano un microfono, con il logo del Tg1 e con attorno la guerra in Ucraina il segno, forse, della sua esistenza.