Andrea Delogu a TvBlog: “La porta magica punta alla longevità televisiva”
“Non spettacolarizzeremo il dolore ed eviteremo il pianto a tutti i costi” racconta Andrea Delogu pronta al debutto con La porta magica
Un nuovo programma, una nuova avventura professionale per Andrea Delogu, che il prossimo lunedì, 21 ottobre, debutta con La porta magica. La trasmissione, in onda su Rai 2 dal lunedì al venerdì subito dopo BellaMa’, dalle 17:00 alle 18:00, accoglierà chi vuole cambiare qualcosa della sua vita. La stessa conduttrice, per il direttore Angelo Mellone, impersona alla perfezione il concept del programma, come ha dichiarato in conferenza stampa.
Per farci raccontare, quindi, come sarà La porta magica e che cosa rappresenta per Andrea Delogu, l’abbiamo raggiunta telefonicamente proprio dopo la conferenza.
Hai subito accettato la proposta di condurre questo nuovo programma. Che cosa ti ha spinto a confrontarti con un genere televisivo per te inedito?
Quando me l’hanno proposto, era un format già rodato in America, quindi avevo ben chiaro come si potesse svolgere e soprattutto era un format basato sulla storia della persona protagonista. Il racconto di vita è fondamentale per me. È poi molto importante che chi deve entrare in uno studio televisivo per raccontare un pezzo di vita abbia anche un obiettivo. Questo programma mi veste perfettamente e richiama Giganti, un piccolo progetto che ho curato sul web tre anni fa.
Quale credi sia stata l’ultima “porta magica” che hai attraversato?
Televisivamente ce ne sono state due, quasi in concomitanza. La mia porta magica è stata la casa e lo studio di Arbore, che rappresentano il pieno di colori nel comporre un programma, ma anche lo studio di Stracult di Marco Giusti. Quelle sono state fortune che non mi sono cercata e posso dire essere state “porte magiche”.
A TeleSette hai detto di voler fare uno “spettacolo della realtà”, non una “spettacolarizzazione”. Come eviterete di cadere in questa trappola?
La mia prima richiesta agli autori, che sono professionisti straordinari e che lavorano da mesi al programma, raccogliendo storie di persone comuni dai piccoli giornali di provincia o tramite un’attenta analisi dei social, è stata quella di non spettacolarizzare il dolore, ma di raccontare il percorso dei nostri ospiti. Per me che vengo da un’infanzia meravigliosa, ma che è facile mettere sotto una luce pruriginosa, non avrebbe alcun senso. Nelle prime puntate, che abbiamo già registrato, avremo una ragazza con la Sindrome di Tourette il cui sogno è cantare. L’ho incontrata nei camerini e le ho detto di farmi un segno qualora si fosse sentita in difficoltà durante il racconto della storia per interrompere così la registrazione ed evitare il pianto. Lei non si è mai voluta fermare. Quando l’emozione ha avuto poi in bellezza il suo picco, non quindi durante il racconto della storia, ci siamo lasciate andare: non avevamo neanche il trucco waterproof e questa cosa mi fa proprio arrabbiare (ride, ndr). È importante che la gente si abitui ad ascoltare una storia che parte da una difficoltà, ma che va a finire bene, non che si soffermi sulla pruriginosità del momento di difficoltà. Molte cose delle storie che arrivano da noi abbiamo deciso di non raccontarle: sarebbe più facile, ma preferiamo fare raccontare alla persona solo una parte della propria vita, quella che serve a comprendere il percorso che vuole compiere.
Pare di capire quindi che ci siano delle regole d’ingaggio ben precise al riguardo.
Il pianto, quando è positivo, lo lasceremo, cercheremo però di evitarlo lì dove non è necessario. Nel corso delle prime registrazioni ci siamo fermati un paio di volte perché la persona che si stava raccontando aveva bisogno di prendere un attimo di respiro. Non ho dovuto discutere con nessuno: ho detto “ci fermiamo un attimo” ed eravamo tutti d’accordo. Questa scelta potremmo pagarla in termini d’ascolti, ma non ci interessa. Abbiamo un obiettivo e speriamo che, vedendo il programma, si colga.
Ti confronti per la prima volta con un programma quotidiano in daytime e lo fai in una fascia particolarmente difficile. Come affronterai, dunque, il capitolo ascolti?
Ovviamente è una sfida e non sarà facile, ma il fatto che quando abbiamo parlato del programma ci hanno dato la sicurezza dell’annualità e di avere quindi la possibilità di farci conoscere mi mette in tranquillità. Spero – come ho già visto – di fare un ottimo prodotto e di poterlo migliorare, così da poter puntare alla longevità televisiva. Il fatto che dal punto di vista degli ascolti sia una sfida molto complicata ci mette quasi in una posizione di comodità perché di sicuro non possiamo deludere nessuno, al limite stupiamo.
La porta magica viene registrato al TV1 di Torino. Come si lavora in un centro di produzione secondario rispetto a quelli di Roma e Milano?
Io sono meravigliosamente contenta e stupefatta del lavoro che stiamo facendo al centro di produzione di Torino. La passione e la dedizione che tutti coloro che sono qui ci mettono nel fare bene il loro lavoro mi rende felicissima. È un centro di produzione con dei fiori all’occhiello e chi ci lavora vuole produrre qualità.
Condividi con Antonella Clerici l’esperienza di fare un programma quotidiano non da Roma, una rarità per un programma Rai. “Stare lontana dai luoghi centrali e di potere mi consente di stare tranquilla, isolata e di non sentire il vento del pettegolezzo” ha dichiarato Clerici. Come stai invece vivendo tu il lavoro a Torino?
Io sono sempre dell’idea che più stai lontana dal centro decisionale più chi vuole venire a vedere quello che stai facendo deve volercisi spendere: questo quindi ci permette di avere più tempo per esprimerci. Poi ovviamente, come sempre, ogni consiglio è ben accetto.
La porta magica segna per te anche il ritorno alla conduzione di un programma tutto tuo, dopo più di due anni di stop in questo senso. Come hai vissuto questo periodo?
Io ho un team di lavoro che mi aiuta molto nelle decisioni e che mi ha chiesto di stare ferma in tv per aspettare il progetto giusto. Non è stato semplice, ma per fortuna per un anno e mezzo ho fatto una tournée in teatro. Era giusto fermarsi un attimo dopo Tonica, che era stata una grandissima soddisfazione e mi aveva fatto capire che bisogna scegliere le cose che ti assomigliano.
Tonica era un progetto sul quale credevi e non avevi celato il desiderio di vederlo crescere come brand televisivo. Il programma, però, non è stato più riproposto. Ti è dispiaciuto?
Moltissimo, sarei bugiarda se dicessi il contrario. Quando Tonica non è stato riconfermato, è stato bruttissimo perché era un programma che aveva funzionato benissimo. In poche puntate era diventato virale sui social, cosa che di solito si cerca, mentre a noi era capitata. Ci avevo messo tutta la mia rubrica, nel senso che, insieme alla produzione, avevo chiamato direttamente io tutti gli ospiti. Non è stato riconfermato e mi è dispiaciuto, ma Tonica mi è servito per capire che era arrivato il momento di costruire qualcosa che “matchasse” con me.
Perché non è stato riconfermato secondo te?
Quando Tonica è andato bene, il palinsesto per la stagione televisiva successiva era già stato chiuso e quindi non c’era spazio. Poi non se n’è più parlato.
Come altri personaggi televisivi vieni ancora identificata come “volto giovane”, nonostante tu abbia superato i 40 anni. In questo momento della tua carriera desideri fare un salto in avanti e sdoganarti come volto conosciuto dal grande pubblico?
Ho accettato un programma molto impegnativo, che mi ha costretto a rinunciare alla radio quotidiana dopo dieci anni, perché credo sia arrivato il momento di cercare di avere un pubblico e di trovarlo a partire da una fascia.
Andando in onda in questa nuova collocazione punti anche a cambiare la percezione che il pubblico ha di te?
Spero soprattutto di ampliare il pubblico che mi conosce. A un certo punto bisogna anche buttarsi e provare a farsi conoscere da persone che ancora non sanno nulla di te. Professionalmente parlando per me è un atto di coraggio: so esattamente cosa sono e come voglio essere vista. Ora bisogna vedere se riesco a conquistare il pubblico.
Febbraio si avvicina: da parte tua c’è una qualche aspettativa su una possibile chiamata da parte di Carlo Conti per averti come co-conduttrice al Festival di Sanremo?
Carlo lo conosco ed è uno dei più grandi professionisti che io abbia mai visto lavorare. È però una persona abituata a stupire. Io non mi aspetto niente e spero di ritrovarlo in coppia quest’estate al Tim Summer Hits.