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AMICI: QUELLI CHE CONTANO COME FURIO…

Sono molto molto arrabbiato, anzi incazzato contro tutti questi morti che ci perseguitano. Pochi giorni fa se n’è andato Raimondo Vianello: ne abbiamo parlato qui e alcuni, fra i tanti che sono intervenuti per fortuna in modo sensato, si sono distinti per stolidità, a causa del fatto che si sono divertiti sulla bara a discutere

pubblicato 28 Aprile 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 16:15

Sono molto molto arrabbiato, anzi incazzato contro tutti questi morti che ci perseguitano. Pochi giorni fa se n’è andato Raimondo Vianello: ne abbiamo parlato qui e alcuni, fra i tanti che sono intervenuti per fortuna in modo sensato, si sono distinti per stolidità, a causa del fatto che si sono divertiti sulla bara a discutere sul fatto, cretino, del Raimondo campione Rai o Mediaset. Un artista come Vianello, bravo e serio com’era, poteva stare dovunque e nessuno lo poteva comprare. Scivolava via come un anguilla e restava se stesso, insieme a Sandra.

Adesso, caro Furio Scarpelli, grande sceneggiatore che se n’è andato in silenzio, senza la notizia fatale della inesorabile malattia avvelenatrice (per quel che si sa), non ti perdono di avere scelto anche tu la solita bara per farti ricordare. Eri uno dei migliori, insieme al tuo inseparabile gemello Age che ti salutò per non farti arrivare primo laddove s’incontrano le anime dignitose.

Come ti sei permesso Furio di salutarci nella notte e di sparire come un fantasma, tu, proprio tu, che hai messo in scena corpi forti e muscolari di talento comico come Totò, Peppino De Filippo, Giacomo Furia e tanti altri. Tu, proprio tu, penna del sorriso di “I soliti ignoti” (1958), “La grande guerra” (1959, Leone d’oro), ” I compagni” (1963), ” I mostri” (1963), “Sedotta e abbandonata” (1964), “C’eravamo tanti amati” (1974)…Caro Furio c’eravamo tanto amati, tu ed io, tu e tutti i milioni di spettatori che hanno visto i tuoi film e hanno vissuto dell’intelligenza con cui facevi diventare eroi i non eroi della risata franca, cordiale, mai vana. Adesso che incontrerai Age, il quale avrà preso contatto con i vostri non eroi come Totò & il resto della Tragica compagnia del Buon Uomore e spero che ti tiri un paio di schiaffi di punizione per essenterne andato a soli 91 anni.

Ma, siccome mi fai tenerezza, ti ho voluto bene, e ti guardo in su dai miei anni discretamente messi in serbo, ho una richiesta: organizza nello spazio celeste o altrimenti colorato un convegno sulla commedia all’italiana che tanto ci manca, mandate giù fulmini di ispirazione a noi poveri registi e sceneggiatori che abbiamo la tragedia all’italiana fino al collo.

Infine, quando incontri Totò, digli pure che in una mia lezione ho preso un vostro film, “Figaro quà e Figaro là” (1955) come esempio di perfetta tecnica di scrittura per il cinema. Un esempio chiaro di come si imposta una storia. Meglio di uno dei tanti manuali che vengono fiondati nella testa di tanti aspiranti autori che non sanno o sanno e non possono farci nulla una cosa fondamentale: il cinema per anni è stata una grande bottega dove tu Furio, e Age, aveva imparato e insegnato tutto.

Ah, manda giù degli appunti. Age ha scritto un libro su come si scrive un film. Tu non l’hai fatto. Sapevo e so che amavi leggere i libri più che scriverli. Peccato, avrei, avremmo consumato le tue pagine. E concludo con una affermazione solenne. I tuoi, i vostri schemi di sceneggiatura sono un paradigma fantastico per chi vuole fare lo sceneggiatore. Meglio di quelli del grande Ingmar Bergman, se non altro perchè erano svelti, succosi e soprattutto colmi di entusiasmo.

Quell’ entusiasmo che, per fortuna, è la grande eredità che avete lasciato. Non ve lo siete portato via con la vostra sporca anima pulita dal buon senso, dall’autoironia e dal fatto che non avete pensato qualcosa oggi di moda: che il pubblico è composto stron…zi o stroz…etti, e così via…
Italo Moscati