Alfredo Pea: da Le tre rose di Eva 2 a Un caso di coscienza 5, l’intervista di TvBlog
Alfredo Pea, che possiamo ritrovare queste settimane in tv ne Le tre rose di Eva e in Un caso di coscienza, ci racconta i suoi personaggi.
Questa sera torna l’appuntamento con la seconda stagione de Le tre rose di Eva, dopo la partenza con il botto della settimana scorsa. Tra le tante storie che si intrecciano in questa fiction, c’è anche quella dell’avvocato Alfedo Scilla che, dopo il suo arresto avvenuto al termine della prima stagione, dopo aver scoperto di essere il padre naturale di Matteo Monforte, torna ora in libertà. L’uomo ha perso quasi tutto, è stato radiato dall’albo degli avvocati e suo figlio lo ha rifiutato. Ma le cose per lui, in questa stagione cambieranno. Intanto abbiamo visto che Scilla ha dato ospitalità a Laura Sommariva (Elisabetta Pellini), che si è ritrovata senza un soldo e senza una casa, e scopriremo da questa sera come evolverà questo rapporto. Interpellato sulle anticipazioni, Alfredo Pea, l’attore che interpreta Scilla, non si è sbilanciato, lasciandoci con un laconico “Dovete aspettarvi tutto il peggio possibile”. C’è stato però modo di affrontare tanti altri argomenti con lui, attore dall’esperienza quarantennale molto conosciuto tra l’altro dal pubblico televisivo per le sue numerosissime partecipazioni a fiction di successo Rai e Mediaset. Abbiamo ad esempio chiacchierato della sua contemporanea presenza, in questo periodo, in un’altra serie televisiva, Un caso di coscienza 5, dove veste i panni del Maggiore della Guardia di Finanza Zuccari.
Alfredo Scilla non è proprio uno stinco di santo. Dove ha trovato l’ispirazione per interpretare questo personaggio?
Sono sempre alla ricerca di personaggi non a senso unico. Scilla si trasforma in continuazione, mi ha dato la possibilità di rivisitare una serie di personaggi tra i tanti che ho interpretato nel corso dei miei quaranta anni di attore. Nasce come un ‘buono’ e si rivela presto un ‘doppiogiochista ‘: da difensore dei Monforte a perfido, cinico, carnefice e vittima di un gioco più forte di lui. Denuncia Matteo prima di scoprire che è suo figlio, si pente e disperatamente fa di tutto per riconquistarlo, ma a sua volta viene denunciato da lui. Insomma è un gioco al massacro ed è proprio questo che mi attrae.
La seconda stagione sta riscuotendo lo stesso successo della prima. Quale è il segreto della fiction?
È soprattutto merito della sceneggiatura, ricca di personaggi e situazioni contraddittorie e conflittuali. Tutti colpevoli delle loro azioni e allo stesso tempo vittime, come nel gioco della vita.
È poi entrato a far parte del cast di Un caso di coscienza 5, con un personaggio molto diverso, il maggiore della Gdf Zuccari. Quale sarà il suo ruolo all’interno della trama?
Un ruolo positivo, stavolta. Zuccari sarà colui che collaborerà con il magistrato Longo, interpretato da Vittoria Belvedere, per svelare piani e malefatte da parte della mafia organizzata al nord riguardo al traffico di materiali tossici.
Come si è preparato per questo ruolo?
Ho fatto le mie ricerche, come sempre d’altra parte, e questa volta sono io che ho indagato sulla guardia di finanza!
Un caso di coscienza, oltre al successo in Italia, sta conquistando anche l’America. Crede che possa fare concorrenza ai legal drama americani?
Ne sono convinto. Gli ingredienti ci sono tutti, tanto è vero che Luigi de Laurentis contattò Andrea Purgatori per farne una serie negli USA.
Le fiction che si occupano di mafia, camorra, criminalità organizzata in genere, riscuotono sempre grande successo nel nostro Paese. Lei ha preso parte – solo per citarne alcune – a Il clan dei camorristi, Il capo dei capi, Il peccato e la vergogna. Quale crede sia il motivo dell’attenzione del pubblico per questi prodotti?
La voglia di conoscere come stanno le cose, distinguere tra bene e male e trarne le conseguenze. Mi piacerebbe che fossero affrontati sempre più i grandi tabù che inquietano l’essere umano, tutte le diversità non solo di genere ed etniche ma soprattutto quelle che riguardano lo spirito.
Tra le tante partecipazioni cinematografiche e televisive che può vantare, ce n’è una che le è rimasta in modo particolare nel cuore?
Dal giovane ebreo nel ‘Treno per Istanbul’ di Gianfranco Mingozzi a ‘Dramma d’amore’ con Giuliana De Sio, li ho amati tutti, fino a Vito Ciancimino de ‘Il capo dei capi’ e Max nel film pluripremiato di Frederic Fonteyne ‘Max et Bobo’
Spesso l’abbiamo ritrovata nel ruolo del ‘cattivo’. Riscontra delle differenze nell’interpretare il ruolo del cattivo o quello del buono e ha preferenze?
La mia fortuna e’ proprio questa, passare sempre dal buono al cattivo. Questa è una grande chance per un attore, non ti fossilizza. È certo che il cattivo paga di più ed è più divertente da interpretare.
Lei può vantare una carriera di 40 anni. Che consiglio darebbe a un giovane che si sta avvicinando a questo mestiere?
Quarantuno, per l’esattezza! Quello che mi ha sempre mosso è stata la passione. Non c’è mai una vera pausa nel nostro lavoro, devi sempre essere affamato, alla ricerca di nutrimento dovunque. Non lasciarsi intrappolare dal meccanismo ossessivo del narcisismo, per assurdo mettersi in secondo piano: più si è liberi da se stessi, più si dimentica il proprio io e meglio si fa questo lavoro
Per chiudere e salutarci, quali sono i suoi prossimi impegni lavorativi nei quali potremo seguirla?
Ne ‘Il peccato e la vergogna 2’, un’altra fiction di grande successo e intanto sono in partenza per la Francia per un progetto con Jean Reno.
Si ringrazia Katya Marletta press agent