Alfredino, Anna Foglietta e Luca Angeletti: “Una storia italiana, che raccontiamo senza morbosità e per sottolineare cosa è successo dopo”
I due attori interpretato Franca e Ferdinando Rampi: ci hanno raccontato il senso del sottotitolo “Una storia italiana” e di una scena dell’ultima puntata
Fonte: Lucia Iuorio
Per raccontare la tragedia di Vermicino, la miniserie in quattro episodi ed in onda su Sky Cinema (ed in streaming su Now) oggi, lunedì 21 giugno 2021, e lunedì prossimo, 28 giugno, ha scelto di affiancare al titolo Alfredino il sottotitolo “Una storia italiana”. Proprio da questo siamo partiti nella nostra veloce chiacchierata con i protagonisti di Alfredino, ovvero Anna Foglietta e Luca Angeletti.
Nella produzione Sky Original realizzata con Lotus -società di Leone Film Group– e diretta da Marco Pontecorvo, i due attori interpretano Franca e Ferdinando Rampi, genitori del piccolo Alfredo, entrati di fatto nella Storia del nostro Paese in quel giugno 1981 che nessuno di coloro che ha vissuto ha più dimenticato.
“Una storia italiana” può essere così inteso in vari modi, sia come storia appartenente a tutti, ma anche come una storia che ha messo in risalto le inadempienze di allora di uno Stato italiano impreparato ad affrontare le emergenze. Cosa ne pensano i protagonisti?
“E’ ‘Una storia italiana’ perché riguarda l’Italia da quarant’anni”, ci ha spiegato Foglietta, che ha prestato anche la propria voce per le “Fiabe Prudenti”, un progetto Sky che consiste in sette racconti per bambini sulla prevenzione e la sicurezza scritta dalla psicoterapeuta Stefania Andreoli e disponibili su Spotify. “E’ un film politico, in cui si punta il dito su delle precise responsabilità politiche che non sono state ottemperate: è anche un film di denuncia”.
“Non c’è solo tutto quello che sappiamo già”, ha poi proseguito, “ma c’è anche il ‘pre’ -ovvero com’era la famiglia Rampi prima, la normalità della loro forza, speranza ed aspettativa di vita- ed il risvolto straordinario ed incredibile della vicenda, la creazione della Protezione Civile e del Centro Alfredo Rampi grazie alla tenacia di Franca e Ferdinando Rampi. Questa è stata la volontà della famiglia: non è un film che nasce dal niente, ma nasce dopo quarant’anni di elaborazione di una famiglia cha ha sofferto ed ancora continua a soffrire, ma che ha scelto di fare questo film perché si punta un faro enorme sul ciò che è avvenuto dopo”.
“E’ una storia appartenuta nostro malgrado a tutti”, le fa eco Angeletti, “la famiglia Rampi era la famiglia che avevamo tutti, rappresentava le nostre famiglie degli anni Ottanta, in un periodo storico molto semplice rispetto a com’è oggi il mondo. E’ un film che accompagna gli italiani verso quello che è successo dopo, verso un’evoluzione, una conquista di maggiore sicurezza e consapevolezza anche delle risorse che abbiamo quando uniamo le forze”.
“Sono felice che tu abbia prestato molta attenzione a quella scena: quel momento è il motivo per cui ho accettato il film”, ha detto l’attrice, che ha precisato che, “non si abbatte la quarte parte, forse lo hai voluto vedere tu ma è altrettanto importante. In realtà la signora Franca sta parlando all’Italia tutta, come per dire ‘Superiamo tutti insieme questo trauma collettivo, accettiamolo e comprendiamo che il sacrificio di Alfredo è valso a qualcosa: Alfredo è morto, Alfredo è vivo”.
“Mentre si girano delle scene ci sono cose che non si vedono ma si sentono”, ha aggiunto Angeletti. “Come quando ci si prende per mano, come abbiamo fatto noi in quella scena, in quanto marito e moglie. Però erano delle strette di mano forti, c’era un’emozione collettiva molto forte”.
Infine abbiamo voluto chiedere loro cosa sperano che questa miniserie lasci a tutti coloro che la guarderanno, in un periodo storico in cui la cronaca e la morbosità sembrano andare di pari passo e spesso ci viene da dire che “Vermicino non ci ha insegnato niente”:
“Un grande messaggio che trasmettiamo nella serie è che a volte fare un passo indietro è come fare un passo avanti”, dice Foglietta. “Rispettare il dolore degli non significa non partecipare, ma partecipare nel modo migliore. Non c’è pornografia in questa serie, mai: ogni volta che c’è un dolore forte la macchina da presa si allontana, si abbassa il volume, si cerca di restituire quella che era l’essenza che stavamo vivendo. In una scena il Presidente Pertini (interpretato da Massimo Dapporto, ndr) dice alla folla ‘Zitti, zitti!’: non perché le persone fossero violente, ma perché era la prima volta che gli italiani si trovavano in una situazione del genere e non lo facevano con cattiveria, ma perché speravano davvero che quel rito collettivo portasse alla salvezza del bambino. C’è un’espiazione di tutta quella maledetta morbosità”.
“In realtà nel tempo siamo andati a peggiorare”, chiude Angeletti. “Quella era una situazione ingenua, nelle dinamiche e nel racconto della stampa: si era impreparati. Oggi, invece, purtroppo, le cose si vanno a cercare. Da lì in poi si è cercato lo scoop, siamo diventati un mondo vouyeuristico anche tramite internet. Ma questa è responsabilità editoriale di alcuni programmi che sono divulgati in cui c’è il messaggio sbagliato in cui ‘anche io potrei essere protagonista’. Vale anche a livello artistico: a noi attori dicono ‘vabbè che ci vuole, so farlo anche io’, ma quando un attore rende facile una cosa è perché ci ha lavorato tanto, non perché sia facile farlo”.