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Agon Channel, parla Becchetti: “Diamo fastidio. Capraric(c)a? Voleva pure le ciabattine scendiletto”

Francesco Becchetti risponde a tono ad Antonio Caprarica e alle critiche sulla linea editoriale di Agon Channel, in un’intervista riparatrice di Malcom Pagani sul Fatto quotidiano

pubblicato 4 Gennaio 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 20:13

E alla fine parlò Francesco Becchetti. Dopo le innumerevoli defezioni e polemiche su Agon Channel (dalle dimissioni di Antonio Caprarica a quelle del direttore di rete Lorenzo Petiziol, fino alla denuncia di un ex concorrente di My Bodyguard, con tanto di immediata pezza a colori messa dall’ufficio stampa), ora a parlare è il grande Boss.

Lo fa in una lunga intervista a Malcom Pagani, figlio di Barbara Alberti, sul Fatto quotidiano, facendo un primo bilancio del primo mese di vita del canale italo-albanese:

“Ho osato immaginare una televisione diversa e dato molto fastidio a qualcuno. Puntiamo all’un per cento di share. La mia sensazione è che i primi risultati di Agon siano importanti. Abbiamo ascolti a uso interno. Ma essendo partiti da zero siamo molto soddisfatti. Una start-up non è mai semplice. Se fossimo davvero una tv scadente con ascolti da prefisso telefonico la stampa italiana si occuperebbe così tanto di noi? Per questo motivo picchiano duro e per questa stessa ragione ci attaccano. Ci sono ovviamente narrazioni da migliorare, meccanismi da affinare e palinsesti da riempire. Se consideriamo che abbiamo iniziato a ragionare di tv a luglio del 2013 e che siamo in onda da poco più di un mese, dico che abbiamo fatto miracoli. La qualità di ciò che proponiamo, mediamente, è di livello alto”.

Quando gli si fa notare che in molti la pensano diversamente, Becchetti risponde che gli piacciono “le critiche costruttive, la malafede invece mi annoia”. Quanto, però, alla malafede delle star che hanno chiesto di essere pagate in anticipo, il Capo ribatte sereno:

“Se sei sicuro del tuo prodotto e hai la possibilità di pagare in anticipo perché non farlo? Rassicurare gli altri è una soddisfazione. Il problema ce l’hai quando non sei certo di ciò che fai e hai le tasche vuote. Con quelli che mi hanno detto ‘Vorrei essere saldato subito’ non mi sono offeso. Non la prendo mai sul personale. L’importante è arrivare al risultato. Le star italiane volevano scommettere e avere la giusta retribuzione per aver deciso di scommettere”.

Però non è arrivato Fiorello, gli fa notare Pagani. E Becchetti vola come sempre alto:

“Ma non è detto che un giorno non arrivi anche lui. Confido in ciò che è apparentemente impossibile. Mi diverto solo quando mi dicono che la salita è difficile. Trovo sempre una strada. Con le idee però, non solo con i soldi”.

Il patron di Agon Italia trova poco elegante che gli abbiano fatto i conti in tasca e risponde a tono anche a chi ha detto che il fatturato della sua azienda non consente gli investimenti di decine di milioni di euro affrontati per il varo del canale. Si dice per questo pronto ad agire per vie legali:

“Ci sono poteri che non riuscendo a proporre alcune novità fanno azioni azioni di disturbo. Ci sono state persone che hanno sparato nel mucchio e sono usciti articoli di stampa gravemente diffamatori. Chi ha scritto menzogne e propagato grossolani falsi storici sarà chiamato a risponderne in tribunale. Per il resto derubrico l’indagine mediatica su di me a sciocchezza inoffensiva. Non ho niente da nascondere. Ho investito molto denaro alla luce del sole. Per me la tv è una questione meramente imprenditoriale, visto che il mercato pubblicitario – per quanto declinante – smuove miliardi di euro. E’ strano mirare a ottenerne una parte? E’ un reato ambire a una fetta di quella torta? Agon è una sfida, una scommessa a ragion veduta. Io aspetto. Ho il tempo della mia parte e mi muovo. Gli altri sono immobili”.

Per Becchetti non è casuale che ad attaccarlo duramente sia stato il Giornale:

“Io posso solo farmi domande banali e chiedermi come mai la famiglia proprietaria del Giornale di Milano abbia consentito che tutto quel fango venisse ospitato e pubblicato. Mi sono stupito. Possibile che un signore che si è lamentato per vent’anni dell’ostracismo subito a causa del suo attivismo nella sfera televisiva permetta un accanimento simile nei confronti di una persona che lavora in quello stesso campo?”.

Anche lo zio di Becchetti, Manlio Cerroni, già re di Malagrotta, ha investito sulla tv, ma il nostro ritiene che “la sua tv Roma Uno non c’entra niente con il mio modello. Lì domina l’informazione. Nella mia va in scena l’opposto. Il gusto è basato su quello che io credo che la gente voglia vedere in televisione. Giochi, talent, qualche soap opera che iniziamo a produrre da soli e un piccolo spazio dedicato alle notizie perché i sermoni dei direttori fanno parte di un altro secolo. Cerco una tv agile, fatta da 600 persone e non da seimila. Non voglio produrre altri carrozzoni indebitati”.

Sul confronto con Urbano Cairo dice di aver fatto una scelta diametralmente opposta anche alla sua (quella di imperniare La7 sul modello informativo). E qui si arriva all’affaire Caprarica, che Becchetti smaschera e sbeffeggia per il suo presunto divismo:

“Il dottor Caprarica, arrivando in Albania, aveva stilato una lista degli oggetti indispensabili allo svolgimento della sua professione. L’iPad di ultima generazione, lo scaldapane 2.0 e naturalmente le ciabattine scendiletto per lui e per sua moglie. La persona che si era prodigata per trovarle adesso è molto triste. Aveva provveduto a casa, macchina e autista e non riusciva a darsi pace per le ciabatte. L’ho consolato. ‘Non te la prendere, l’errore è essere stato troppo zelante’. Non sapevo che lo chiamassero Capraricca. Pensavo che il suo cursus internazionale fosse l’ideale per guidare un tg nuovo e delocalizzato. Mi sbagliavo. Non conoscevo altri aspetti di questo signore e non ho centrato la scelta. Sono chi fa le cose sbaglia”.

Ora al suo posto c’è Giancarlo Padovan, che ha la piena fiducia di Becchetti. In un secondo tempo, se accadrà, farà una scelta per sottrazione:

“Potrà diventare direttore delle news solo chi non pretende tre telefonini, le scarpette e venticinque stampanti. La televisione non è una copisteria. Le fotocopie inquinano l’ambiente. Ci vuole cuore. Anima. Vorrei che ad Agon lavorasse chi ce l’ha”.

Come Sabrina Ferilli (non Simona Ventura, mai citata dal Boss durante l’intervista):

“Sta facendo delle interviste da straordinaria professionista. Contratto è un format originale di Agon. La dimostrazione che si può inventare. Lanciare nuovi talent. Autoprodurre. La Rai non lo fa più come una volta. Ad Agon facciamo una tv semigeneralista perché non so se la generalista morirà, ma so che un ripensamento è inevitabile. Non solo in termini di contenuti”.

Quanto alla denuncia dell’aspirante Bodyguard Alessio Lanzi, il Berlusconi d’Albania risponde che “è stata una forzatura giornalistica. Piccinerie, gossip, robaccia”. Intanto l’80% delle stelle della tv italiana lo starebbero chiamando per trasferirsi ad Agon. Quando si dice un’intervista pienamente riparatrice.