Afghanistan: 20 anni dopo, una docuserie per raccontare un Paese sempre in guerra
Una docuserie in 4 puntate, raccolte in 2 serate, che racconta la parabola dell’Afghanistan, da paese modeno a culla dei talebani.
Quattro puntate in due serate: con “Afghanistan: 20 anni dopo“ Rai 3 vuole ripercorrere la storia di un Paese in guerra da sempre, stretto tra integralismi religiosi e interessi politici, strategico sul fronte internazionale, ma frammentato per cultura e geografia. Per farlo trasmette in prima serata in due venerdì la serie documentario di Mayte Carrasco e Marcel Mettelsiefen, acquistata da Rai Documentari che continua a proporre contenuti inediti – non necessariamente autoprodotti – per il prime time delle reti generaliste.
Torna, dunque, alla ribalta l’Afghanistan, da tempo ignorata dall’agenda informativa italiana dopo la ‘fiammata’ di Agosto, quando l’uscita delle truppe occidentali dal Paese e la riconquista di Kabul da parte dei Talebani ha riacceso le luci su un Paese che non ha mai cononosciuto una vera pace negli ultimi decenni. A ricostruire la storia politica, sociale, economica del Paese e dell’intera area ci prova “Afghanistan: The Wounded Land“, titolo originale della serie tedesca trasmessa nel 2019 e nominata al premio Rose d’Or. La serie, prodotta da LOOKSfilm per la rete tedesca NDR e il consorzio franco-tedesco ARTE, si compone, come detto, di 4 puntate da 50′ circa ciascuna per ripercorrere gli ultimi 40 anni, in realtà, dagli anni ’60-’70, fiorenti, dinamici, culturalmente e socialmente vivaci della Kabul ‘rampante’ aperta alla modernità, ai tempi bui seguiti che continuano ancora oggi vguardandolo soprattutto dal punto di vista della conduzione femminile, cartina al tornasole, tra le altre cose, dello stato culturale, sociale e politico di qualsiasi Paese.
La prima puntata, Il Regno, racconta l’inizio del baratro: nel 1972 l’Afghanistan eleggeva la sua Miss, la capitale accoglieva eventi mondani e turisti e a raccontarla intervengono Miss Afghanistan 1972, il fratello dell’ultima regina afgana, il fondatore del primo partito islamista e Sima Samar, la prima donna ministro il cui marito è stato vittima della brutale repressione del regime comunista. La vita sociale e culturale vivace e aperta del Paese cambia radicalmente negli anni ’80, come racconta la seconda puntata, L’esercito sovietico, nella quale ci si concentra sul ruolo che l’Afghanistan si trova a ricoprire nello scacchiere internazionale definito dalla Guerra Fredda, dal momento che diventa il campo di battaglia tra socialismo e Islam. L’avanzata sovietica spinge molti afgani a rispondere alla chiamata alla Guerra Santa: tra gli stranieri che si arruolano nella resistenza afghana c’è anche un giovane Osama bin Laden. Il doc raccoglie le testimonianze di un corrispondente di guerra sovietico, del leader della più grande fazione di mujaheddin e un medico che lavora per Medici Senza Frontiere. Le prime due puntate della serie sono raccolte nella messa in onda italiana sotto il titolo “Dalle minigonne di Kabul a Bin Laden“.
Le altre due puntate andranno in onda venerdì prossimo, 3 dicembre, raccolte sotto il titolo “Di guerra in guerra”. La terza del ciclo, Mujaheddin e talebani, ricostruisce cosa succede dal 1989, quando le truppe sovietiche lasciano il Paese: i mujahedin hanno vinto, ma non sanno come gestire il Paese, che va rapidamente nel caos. Si affaccia così una nuova forza che promette ordine e pace: i talebani. La loro vittoria del 1996 trasforma l’Afghanistan in un ‘covo’ dell’Islam radicale, in un campo di addestramento per al-Qaeda e in una prigione per le donne. Le protagoniste di questo episodio sono Schukria Baraksai, che ha perso i suoi figli appena nati durante la guerra civile ed è diventata insegnante in una scuola femminile segreta, e Nadia Ghulam, sopravvissuta a un attentato dinamitardo, ma ha dovuto fingere di essere un ragazzo per sopravvivere. La quarta e ultima si intitola Le truppe della NATO e inizia con l’11 settembre 2001: l’attentato di al-Qaeda sul territorio americano spinge gli USA a dichiarare guerra al Paese nella ricerca spasmodica di Osama bin Laden. La guerra contro i talebani riporta un po’ di libertà nel paese: le donne si tolgono il burqa, si svolgono libere elezioni, i rifugiati tornano e vengono investiti miliardi di dollari nella ricostruzione. Ma c’è anche un rovescio della medaglia: con le elezioni gli ex signori della guerra entrano in Parlamento, la corruzione è dilagante, le forze NATO ripetono molti degli errori commessi dai sovietici. Tra le testimonianze quelle di un membro del governo talebano, del generale americano Stanley McChrystal e di tre donne che sostengono la speranza dell’Afghanistan di vivere finalmente in pace e in libertà.