Adriano Celentano a Servizio Pubblico del 23 febbraio 2012 (Video)
L’intervista di Sandro Ruotolo al molleggiato, andata in onda nella puntata del programma di Michele Santoro.
Ecco l’atteso intervento di Adriano Celentano a Servizio Pubblico, intervistato (in differita) da Sandro Ruotolo. Tutta la puntata odierna del programma di Michele Santoro ruotava intorno al concetto di servizio pubblico e parlava della Rai, fra momenti decisamente interessanti e altri un po’ raffazzonati, fra visioni (Freccero, affabulatore) e questioni più concrete, fra stigmatizzazioni della lottizzazione (Belpietro) ma anche del “pericolo” della privatizzazione (Annunziata, protagonista anche di un’infelice provocazione. Per difendere la libertà di espressione estremizza inutilmente: «Con Celentano sono in disaccordo su molte delle cose che ha detto. Ma avrei difeso la sua libertà anche se avesse detto i gay vanno mandati al campo di sterminio»), disamine interessanti (la pericolosa somiglianza fra Rai e Mediaset, indicata da Freccero e da Nino Rizzo Nervo) e opinioni franamente un po’ fuori contesto (Di Pietro).
Alle 22.30 arriva il momento-Celentano.
Il molleggiato, lo vedete nel video, si presta a questa intervista autocelebrativa con Ruotolo. Parlerà anche per allegorie (come dice Dario Fo, difendendolo ed esaltandolo nel collegamento successivo), ma francamente si fatica a capire non già l’entusiasmo o le critiche ma bensì la ragione di tutto questo: tanto rumore per nulla, pare. Di nuovo il Paradiso. Di nuovo la linea editoriale dei giornali cattolici. Poi i soldi che gli danno, la “legge del mercato secondo Celentano” («Ho detto pagatemi di meno, mi hanno detto che non potevano»).
In chiusura dell’intervento, Celentano indica una speranza in Beppe Grillo, che poco prima – provocatoriamente – era entrato in un sondaggio lanciato su Facebook da Giulia Innocenzi: Beppe Grillo presidente della Rai.
A pensarci bene, ecco, sembra tutto così staccato dalla realtà fenomenica che forse può anche funzionare. Come installazione d’arte contemporanea.
Beato il Paese che non ha bisogno di eroi, tribuni e telepredicatori.