Adesso tocca a me, la docufiction percorso da proseguire per la Rai
Adesso tocca a me dimostra che la docufiction deve far parte dell’offerta della Rai, che può raccontare storie e personaggi catturando un pubblico differente da quello che segue le sue fiction
La fusione tra documentario e fiction resta uno dei linguaggi più innovativi da sperimentare per la tv di Stato, soprattutto quando si tratta di raccontare vite di personaggi che meritano e devono essere ricordati. Come già in Io sono libero, anche Adesso tocca a me riesce ad entrare da subito ne contesto storico ed emotivo dentro cui il pubblico si muove grazie alla ricostruzione ed alle testimonianze.
Si riesce così a non essere didascalici, ad evitare scene che, in una fiction normale, sarebbero state superflue ed inserite solo per allungare il brodo. Grazie all’uso del documentario e delle immagini del vero processo “Borsellino Quater”, la docufiction non si perde in lungaggini e, con un ritmo sempre sostenuto, fa quello che il servizio pubblico deve fare.
Così, la ricostruzione di quei 57 giorni che dividono la strage di Capaci e quella di via d’Amelio diventa qualcosa di più di una documentario o di una fiction. Diventa un modo per ricordare, ma soprattutto per informare le nuove generazioni, per conservare la memoria.
Un percorso che la Rai non può assolutamente mettere da parte o circoscrivere a qualche episodio. La docufiction deve diventare una parte della produzione di Rai Fiction tanto quanto le serie tv o i film-tv: un nuovo modo di comunicare che può rinunciare in parte al pathos del racconto della fiction e che può permettersi gli innesti delle testimonianze e dei filmati di repertorio.
C’è bisogno di un repertorio di docufiction come Adesso tocca a me, che facciano il lavoro che deve fare la Rai di fronte ai grandi eventi storici che devono essere ricordati. Un genere che può offrire, con maggiore attenzione ed impegno produttivo, un repertorio di storie e di testimonianze che potranno essere tramandate catturando l’attenzione anche dei telespettatori meno avvezzi a seguire in prima serata l’informazione ed il documentario.