Roma Fiction Fest – Vista per voi la serata di gala – Gran Premio della Fiction Italiana
Una premessa doverosa, a questa annunciata cronaca della serata di premiazione denominata Gran Premio Della Fiction Italiana (sic) va fatta: Lorella Cuccarini è una straordinaria professionista. Brava, veloce – anche troppo, a furia di parlar sugli applausi si rischia di non farsi capire -, elegante – nonostante il tubino nero da cocktail – e si
Una premessa doverosa, a questa annunciata cronaca della serata di premiazione denominata Gran Premio Della Fiction Italiana (sic) va fatta: Lorella Cuccarini è una straordinaria professionista. Brava, veloce – anche troppo, a furia di parlar sugli applausi si rischia di non farsi capire -, elegante – nonostante il tubino nero da cocktail – e si merita un voto altissimo. Non si capisce perché non la si possa vedere spesso in tv.
Detto ciò, parliamo della serata. Si comincia con mezz’ora di ritardo. Mezz’ora abbondante, che permette di capire che ci sono più o meno tutti quelli che ci devono essere, che il red carpet è orange – ok, ok l’arancione è il colore del Roma Fiction Fest. Ma ci vuole tanto a capire che orange carpet non è nient’altro che un rosso slavato e fa subito versione sfigata del red carpet? Farlo blu? – e che la serata rischia di essere l’ennesima noiosa premiazione all’italiana. E pensare che c’è bisogno, in Italia, di eventi come il Roma Fiction Fest, e di persone che ci credano veramente, in quello che fanno.
Ecco, anche questa potrebbe essere una premessa degna, che vi prego di non cogliere come provincialismo dell’ultim’ora. Generalmente, le premiazioni in Italia sono l’evento più imbarazzante che si possa immaginare. In America, studiano, per l’evento. Lo provano, lo scrivono, ci sono testi, filmati, musica: c’è il gusto per lo showbiz. Da noi no.
Da noi c’è l’aria dimessa di chi sa che, sì, facciamo la fiction ma non siamo poi così à la page. Un’aria dimessa che è la stessa aria che aleggia sulla produzione nostrana e su tutto questo festival romano, che spinge a presentare i trailer delle serie italiane che verranno come filmatini (sentito dire oggi in sala), che ignora l’arte del pitching e che non lascia ben sperare per il futuro, fatte salve poche eccezioni.
In breve, le previsioni si avverano: nonostante la brava Cuccarini, l’evento non è altro che un continuo saliscendi dal palco, a ritirar premi già noti a tutti, senza dunque quel minimo di suspanse che avrebbe fatto piacere almeno agli spettatori in sala. Niente nomination, niente “and the winner is”, solo sfilate di vincitori già noti (di cui abbiamo dato conto e ragione) senza che nemmeno passi per l’anticamera del cervello di mostrare anche solo un breve estratto che illustri in video i vincitori. Eccezion fatta per i premi alla fiction straniera.
Già. I premi stranieri. Sono dati, va detto, un po’ a caso, a Kim Cattral, la Samantha di Sex & The City e a Christopher Meloni (aw & Order) – passavano di lì? – l’ospite musicale è Gino Paoli, la Cuccarini, passato il tempo, non ci offre nemmeno un cambio d’abito dopo l’esibizione canora. Niente grandi annunci. Si apprende che si farà Ho sposato uno sbirro 2, e dagli con i numeri dopo il titolo, così provinciali da sfiorare il ridicolo, come rilevano i nostri lettori; e la Bouchet ci tiene a sottolineare che grazie a questa serie si è sdoganata dal suo passato. Ma perché?
Il resto è tutto già noto. Ci si trascina mollemente, Insinna spicca su tutti, grande supremazia di Mediaset, riconoscimenti per Boris – che cominciano a essere troppi, nonostante la bontà del tentativo di questa serie che ancora non trova sbocchi sulla generalista – fino al premio alla carriera a Sandra e Raimondo – e si può dire fin da ora che Crociera Vianello non sarà esattamente un finale col botto – e poi non resta che osservar la fauna variopinta al buffet.
Sulla quale fauna andrebbe scritto un trattato tassonomico che vi risparmio volentieri.