Diario del Festival: San Valentino a Sanremo
Storie da quel posto della Riviera ligure di ponente dove, una volta l’anno, si consuma l’evento più nazional-popolare che ci sia.
14 febbraio 2015: come un niente, siamo arrivati alla fine del Festival di Sanremo, e questo diario si è rivelato estremamente asincrono, diluito nel magma del circo Barnum sanremese.
Oggi piove, i parrucchieri della ridente località ligure sono superaffollati per le acconciature da serata finale, i taxi vorticano, gli ombrelli si affollano in Piazza Colombo, il Palafiori si popola di volti probabili e improbabili (lo stesso dicasi per i look) e il red carpet raduna i consueti curiosi. La statua di Mike è lì, a far brutta mostra di sé, con il conduttore eternato in un perenne “Allegria” che stringe il cuore.
E il Sanremo più amorevole di tutti non poteva che chiudersi il 14 febbraio, giorno di San Valentino: la festa degli innamorati, celebrata da tutti, persino da Google con l’amore al tempo degli smartphone.
Ieri sera il Festival, giunto alla sua quarta serata, è finito in orario baudesco e qualcosa non ha funzionato, nella splendida scaletta di ferro super ritmata che si sono immaginati Conti e lo staff artistico-tecnico-produttivo del varietà andato in onda al posto del Festival.
La sala stampa ha vissuto momenti altalenanti, con l’unico guizzo che ci viene regalato ogni sera da Rocco Tanica.
Mi risultano sempre incomprensibili gli entusiasmi per Nek, che fa addirittura ballare alcuni e sono, invece, lieto del passaggio in finale di Coruzzi-Di Michele. L’ho detto anche a La vita in diretta, che ha pensato bene di intervistarmi.
Chi vincerà? Non saprei dirlo, giuro. Il volo? Improbabile per la giuria di qualità, a mio avviso. I Dear Jack? Già più probabile. Lorenzo Fragola? Per i bookmakers è fra i favoriti, ma ci avevano messo in mezzo anche Raf, i bookmakers, cosa vuoi che capiscano di musica.
Bravissima amoremio #festivaldisanremo
— Ubaldo Pantani (@ubaldopantani) 13 Febbraio 2015
Per il resto, che dire? Buon San Valentino anche a voi, se proprio non potete farne a meno. Qui, mi piace celebrarlo con l’amorosissimo Tweet di Ubaldo Pantani dedicato alla splendida Virginia Raffaele: per chi non ci capisce di televisione, lei ieri sera è stata una rivelazione (termine orrendo, che altri sprecano addirittura per Rocco Tanica), per noi una splendida conferma.
Brava lei.
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Qui di seguito, ci saranno poi, nel corso della giornata, tutte le puntate precedenti con una lunga guida del lavoro di Blogo a Sanremo.
Sanremo, 10 febbraio 2015: giornalismo, spiccano i Boiler
10 febbraio 2015 – È il primo giorno ufficiale del Festival di Sanremo 2015. La seconda conferenza stampa è stata, sostanzialmente una conferma della prima.
Ed ecco che mi sono posto delle domande sul ruolo. Non sul Festival. A cosa serviamo, noi giornalisti? A fare domande? A scrivere tutti lo stesso pezzo, confermativo nei confronti dei nostri reciproci lettori? A esser battutari su Twitter? A chiedere tre aggettivi per definire il Festival? Parlare di scommessopoli? Cercare la polemica?
E come speriamo di trovarla, tutti lì, chiusi nel Roof dell’Ariston? Che poi, non la troveremmo nemmeno girando per Sanremo, parliamoci chiaro. Non siamo in un teatro di guerra. Siamo embedded. E pur essendolo, riusciamo persino a chiedere cose che si sanno. Per avere lumi sul “peso” del voto, per dire, basterebbe leggere il regolamento. Per sapere che in Italia non si comprano dischi, basterebbe essere a contatto con la realtà. E invece niente.
C’è solo da sperare in qualche imprevisto – come quando Grazia Sambruna, bagnando il naso a tutti, beccò fuori dall’Ariston il contestatore di Crozza, per dire, e girò il video per TvBlog prima di chiunque altro –, che però sembra quasi un miraggio.A questo siamo. Sperare nell’imprevisto. Quando invece, di uno show, si dovrebbe esser contenti se fila tutto liscio, se è fatto professionalmete da grandi professionisti.
Diciamolo senza timori, facciamo un’ammissione una volta per tutte: le domande più belle in conferenza stampa le hanno fatte i Boiler.
D’altra parte, anche gli spazi per le interviste sono sempre più ridotti e in molti, fra gli artisti, ricorrono alle “tavole rotonde” da 10 minuti. Tutto cotto e mangiato. Poi uno si lamenta se sono tutte uguali.
Insomma, ci sarebbe da ripensare proprio il nostro ruolo, una volta per tutte. Scegliere cosa raccontare, e farlo bene. Ora come ora, ripongo tutte le mie speranze nel dopofestival di Saverio Raimondo che, incrociato un paio di volte in questi giori, mi ha palesato la sua intenzione di fare qualcosa che lo diverta e che ci diverta. Essendo in streaming, magari glie lo lasciano fare sul serio.
Diario del Festival: le prove, le canzoni, il red carpet
9 febbraio 2015, sera – Nel pomeriggio, i giornalisti sono stati ammessi alle prove generali (è il solito teatrino di cui si scherza anche in sala stampa: prima sono chiuse, poi si aprono).
Così, ho potuto assistere alle performance dei vari cantanti in gara dal vivo, osservare la nuova scenografia, farmi un’idea – sebbene sommaria – della regia, piazzato dietro alla “camera 2”.
Carlo Conti ha in ballo una specie di scommessa con uno dei numi tutelari giornalistici del Festival, Marinella Venegoni, che fin dalla conferenza stampa del mattino si era mostrata molto scettica a proposito della possibilità di far provare tutti e 20 i cantanti entro le 19.30, come invece promesso dal conduttore.
#Sanremo15 prove già in ritardo #Conti faccia i #conti dei minuti
— marinellavenegoni (@venegunden) 9 Febbraio 2015
Nonostante lo scetticismo dell’illustre collega, la scommessa la vince Conti: al netto di qualche difficoltà tecnica e di un paio di cantanti che dovevano provare ulteriormente, riusciamo a sentire tutte e 20 le esibizioni.
Tutte di fila così, le canzoni risultano ancor più appiattite sul tema amore e, fatalmente, spiccano quelle che, invece, hanno un qualche tratto distintivo, andando a confermare la prima impressione il giorno del preascolto.
Di Michele-Coruzzi e Biggio e Mandelli ovviamente si distinguono, per motivi diversi; Malika Ayane e Nina Zilli alzano l’asticella dell’interpretazione, Chiara Galiazzo e Annalisa eseguono perfettamente, i Dear Jack ammiccano già alla vittoria finale, Moreno rappa senza testo (di che parla la canzone?), Fragola è meno a suo agio che a X Factor, Il Volo è, per me, quasi incomprensibile. E il resto passa senza infamia e senza lode (a parte quel crescendo di Masini, che piacerà alle masiniane).
Poco dopo, fuori si deve registrare il red carpet (?). Passano almeno due ore senza che accada nulla, grandi registrazioni di applausi a vuoto e tanta voglia di tornare a scrivere, preparare i video, montare e, soprattutto, rifocillarsi. Con un pellegrinaggio, doveroso, alla statua di Mike e l’appuntamento a domani, per la seconda conferenza stampa del Festival.
Un Festival senza perturbazioni
9 febbraio 2015 – Sanremo si risveglia col sole. Cappuccino e focaccia sono d’obbligo per una vera colazione ligure, senza la quale non si può cominciare a fare un bel niente.
Oggi si aspetta la conferenza stampa d’apertura. Una di quelle tradizioni da cui non ci si può esimere, anche se la maggior parte degli annunci che arriveranno saranno già stati anticipati da altri (magari anche da TvBlog) o dalla stessa produzione Rai, o dagli stessi protagonisti.
Tant’è, ci si trova tutti qui, la vigilia, in trepidante attesa. Gremita la sala del Roof dell’Ariston, gremita anche quella del Palafiori, con numeri record per il web (non dovrebbe stupire, giusto?).
La conferenza stampa è all’insegna della normalità: Giancarlo Leone ci tiene molto a sottolineare, con un parallelismo meteorologico, l’assenza di perturbazioni sul Festival. Nessuna polemica in vista, soprattutto politica (il che, spiega il direttore di RaiUno, è un bene perché ci si può concentrare sul Festival). Anzi, visto che non ce ne sono, Leone chiede al sindaco di Sanremo perché non ci sia ancora la targa con il nome di Arisa, vincitrice lo scorso anno. Amen.
Conti fa qualche battuta (a cominciar dalla sua abbronzatura), sciorina, preparato e professionale, nomi di ospiti e linee guida del progetto di questo Festival; insiste molto sul fatto che le 20 canzoni in gara rimettono la musica al centro. Così come i giovani, che apriranno le serate di martedì e mercoledì, non più in orari da licantropi (bella mossa, questa, che azzera sul nascere una delle possibili polemiche).
Quanto agli ascolti, l’asticella è posta al ribasso: Leone si accontenterebbe di doppiare la media di rete (ottenendo quindi uno share del 38-40%); Conti dice – non ci crede nessuno, ma va bene così, va detto – che al momento non ci pensa proprio (anche perché la controprogrammazione è quella che è). Arisa parla poco, pochissimo. Emma appena un po’ di più (ringraziando per la fiducia), Rocio Muñoz Morales sottolinea l’amore che pervade questo Festival, insieme alla voglia di far bene.
Qualcuno ci prova, a polemizzare: la questione degli italiani come super-ospiti (old), il fatto che ci sia Antonio Conte ospite (oggi chiuse le indagini per il calcioscommesse), parlando, impropriamente, di Calciopoli (che non c’entra un bel niente), e poi c’è qualche accenno a ospiti che hanno problemi col fisco. Ma la cosa si annacqua velocemente e si derubrica a quell’indignazione “di pancia” che affonda le proprie radici in un ventennio italico da dimenticare.
Per alcuni è il Festival della restaurazione; per altri quello renziano. Per il sottoscritto sarà, come già detto, il festival della normalità. Sperando che non sia quello della noia.
L’appuntamento, per la stampa, è per le 16.30 alle prove generali: ci saremo, naturalmente, e ve ne daremo conto per quanto possibile: qualsiasi mezzo di registrazione è bandito dall’Ariston.
Venghino siore e siori, venghino
Sanremo 2015 – Venghino, siore e siori, venghino: inizia lo spettacolo d’arte varia per eccellenza. È la versione italica del circo Barnum, la kermesse nazional-popolare per eccellenza, il carrozzone sfavillante e un po’ decadente che trasferisce una fetta importante delle belle (e pure delle meno belle e persino di quelle belline e di quelle bruttarelle) menti, penne, voci e compagnia cantante del mondo-dello-spettacolo-italico-e-dintorni, nella Riviera ligure di ponente.
Comincia, in altre parole – e se siete qui a leggere sapete bene dove si sarebbe andati a parare – il 65° Festival della Canzone Italiana. Per gli amici, Festival di Sanremo 2015.
Che poi, io lo so che ora sarete in tanti lì a dire ohnoancorailFestivalchenoia – sì, tutto attaccato – salvo poi mettervi lì a smanettare su smartphone, social network e second screen di vario genere come se non ci fosse un domani, fosse anche solo per dire che voi, no, il Festival non l’avete mai visto e vi vantate di non conoscere neanche una canzone che sia passata da quel tritacarne che è l’Ariston, mentre i vostri neuroni mnemonici vi smentiscono e fischiettano trottolino-amoroso-du-du-da-da-da e mangiare un panino, un bicchiere di vino la felicità (a proposito, che ne dite di Al Bano e Romina?) e voi tentate di darvi un tono fingendo di aver già letto il nuovo Michel Houellebecq così velocemente che neanche Matteo Salvini.
E mentre voi siete lì, noi siamo qui. A Sanremo. Alle prese con questo evento. Un evento al quale non puoi mancare; di cui devi scrivere.
E così, eccolo qui, il mio diario dal Festival.
Il viaggio verso Sanremo è stato una specie di odissea: altre volte ci è toccata la neve, o treni messi di traverso sulla linea ferroviaria. Quest’anno, macchina: la Torino-Savona era invasa dalla nebbia. Una nebbia bianca come la neve stile Fargo, che poi avrebbe lasciato spazio al sole quasi primaverile della Riviera: 12 gradi e quel clima mite che ti fa già venir voglia d’estate.
Dopo dieci anni di TvBlog, è la prima volta che ho l’onore di soggiornare al Roof dell’Ariston. Ebbene sì: abbiamo ottenuto almeno un pass per la sala stampa di quelli che contano. Sono nella stessa fila di Topolino e Famiglia Cristiana, subito dietro a Tiscali.it. È un segno dei tempi che cambiano? O solo del fatto che anni di lavoro onesto e puntuale, prima o poi, vengono riconosciuti? Tant’è, gli altri quattro accreditati della famiglia Blogo soggiornano ancora al Palafiori e, beffa delle beffe, il pass del Roof non consente l’ingresso alla sala Lucio Dalla. Separati in casa, uno all’Ariston, gli altri nella struttura poco lontana. Presidiamo i luoghi chiave del Festival, come al solito. Al Roof non succede quasi niente, ma esserci vuol dire marketing, vuol dire fiducia.
La prassi: si prende possesso dell’alloggio – quest’anno però abbiamo optato per un appartamento a 100 metri da Piazza Colombo, basta con gli alberghi – si vanno a ritirare gli accrediti. C’è anche quello di Casa Sanremo, ovviamente – al Palafiori – che recuperiamo mentre orde di figuranti Rai (per far che?) ci osservano da fuori, come se fossimo pesci tropicali di un acquario temporaneo, osservati da un pubblico non pagante ma ugualmente affamato di capire. Cosa, non si sa.
Poi, nell’ordine: gente. Ragazze (un tempo le avremmo chiamate groupies, ma i tempi sono cambiati) che aspettano Lorenzo Fragola fuori dal suo albergo: gli passa davanti Biggio e non lo riconoscono. Fotografi appostati. Camion regia, camion di Radio Italia, postazioni varie delle altre radio, corso Garibaldi, la statua di Mike, ogni anno più brutta e cupa e isolata. Saluti di rito, strette di mano, pochi sorrisi sinceri accompagnati da parole diluiti in un mare di sorrisi di circostanza e di altri sorrisi ipocriti. Ciao. Ciao. Fa parte del gioco anche quello. Anche tu qui? Sì, come al solito. Ah, quindi sei qui, di presenza. Ci sono sempre. Ah. Bene. Bene.
Gente. Foto. Cameraman. Il sosia di Pavarotti – che uno dice, ma non sarebbe l’ora di finirla? Seriamente.
Poi il Casinò.
Sì, perché al Casinò c’è l’aperitivo, che poi sarebbe l’accoglienza che ci riservano Sanremo e l’ufficio stampa della Rai: cibo e bevande a volontà, per cominciare al meglio una lunga settimana.
Se magna be’, se beve be’, e si sta yeah yeah.
Al breve – ma intenso – incontro di alleggerimento, una specie di terzo tempo anticipato, dove giovani fanciulle e virgulti sbarbati hanno l’occasione di incrociare le proprie strade con i marioluzzattofegiz di turno, partecipa anche il cast del Festival.
Non solo cibo, dunque, ma anche occasione per le prime foto posate di rito e per cercare di strappare qualche dichiarazione (con poco successo, ma si sa. Sarebbe da illusi aspettarsi il contrario)
Sperando che tutto vada per il meglio.
Così, ecco Carlo Conti (abbronzatissimo, ma non troppo), Arisa (che dopo un po’ sembra non averne già più voglia), Emma Marrone (che è Emma Marrone) e Rocio Muñoz Morales (bella come il sole).
Se sei un giornalista vip, Conti lo vai ad abbracciare. Se no stai in disparte, ti gusti le scene, ti senti a tuo agio – per dirla con un detto piemontese quantomai azzeccato – cuma na barca n’tel bosch [trad.: come una barca in un bosco], se sei uno di quelli che ha sempre pensato che queste occasioni non servano anche e sopèrattutto per mettere le tacche e che tutto sommato questo lavoro non sia solo accreditamento personale ma sia anche e soprattutto guardarsi intorno per raccontare.
Alla fine di queste considerazioni, ecco cosa resta: i tavoli devastati, perché dove c’è un aperitivo e ci sono i giornalisti, poi, non cresce più l’erba. Del resto, bisogna fare scorta come se si affrontasse un faticoso letargo.
Domani si comincia, con la prima conferenza stampa. Sarà un festival moderato? Un festival renziano? Un festival di successo o un festival di transizione? L’impressione – come dal primo ascolto delle canzoni – è che sarà un festival istituzionale. Qualunque cosa significhi.