Cantare è d’amore svela l’orgasmo di Gino Paoli su RaiUno. Minghi e Autieri sprecano un format “audace”
Il programma musicale di RaiUno è stato una lagna mortale: leggi la stroncatura.
Di Cantare d’amore, sin dal promo, veniva voglia di dire tutto il peggio possibile. Invece, se è con la Rai e il suo modo di abbruttire l’intrattenimento che bisogna prendersela, l’idea alla base del programma è tutto fuorché brutta.
Per la prima volta, in televisione, c’è qualcuno che si interroga sul significato delle canzoni e dei loro testi, prendendo come filo rosso – però – l’innocuo amore. Roba da creare un format apposta, di cui Cantare d’amore potrebbe essere solo una puntata pilota (per poi proseguire con l’impegno sociale, la politica, la famiglia, etc.). Quante volte noi stessi su Google ci chiediamo cos’ha voluto dire un artista in quella canzone o perché l’ha scritta?
Minghi interpella in interviste preregistrate alcuni dei suoi amici, molti dei quali illustrissimi (Claudio Baglioni, Andrea Bocelli…). E c’è qualcuno che confessa in prima serata su RaiUno aneddoti già emersi, ma in più elitarie interviste alla stampa. Vedi Gino Paoli, che ribadisce senza pudore – alle 21.20 circa – che Il cielo in una stanza “è la canzone di un orgasmo”.
Se pensiamo, poi, che molti di questi evergreen spacciati per canzonette verrano intonati, tra una settimana, dai bambini di Antonella Clerici…
In questo senso Cantare d’amore ha un potenziale trasgressivo, ma che è talmente sprecato da diventare un lassativo. Poteva essere il Vieni via con me della canzone italiana, vista la voglia di aprire monologhi teatrali e collegamenti in uno stesso argomento. Invece è una roba dimessa da seconda serata inspiegabilmente promossa in prima e pur sempre a settembre.
Risulta comunque interessante, ad esempio, far intervenire il comico Sgrilli sulla surrealtà di certi incisi, dal “manchi tu nell’aria” di Gloria a “questo amore è una camera a gas” della Nannini, quasi a far pensare a un fetore insopportabile.
Altrettanto apprezzabile il talk aperto sui cantanti contemporanei e i loro pezzi in classifica, per capire come vedono l’amore oggi Nina Zilli, Giorgia e Arisa rispetto, invece, a Mina o Battisti.
A proposito di Arisa… poverina. Minghi ha pensato bene di storpiarne La Notte, visto che in tutta la serata è andato fuori tempo steccando in brani non suoi (facendo rimpiangere quando si limita al suo repertorio). A proposito, ci voleva il premio fedeltà di una prima serata, dopo anni in cui si accontentava di ospitate nostalgiche, per vederlo sorridere.
Peccato che da solo, con il suo lato malinconico che appartiene a un’altra era – quella di Fantaghirò e di Edera – Minghi non ce l’avrebbe fatta a reggere la scena (in più con una lugubre scenografia da night club alle nove di sera).
Di qui l’incursione invadente di Serena Autieri, che sembra una versione un tantino migliorata di Luisa Corna nel suo imporsi a tutti i costi come interprete di cover su RaiUno.
Alla fine i due, con il loro approccio troppo recitato al programma e una confezione lagnosa che non aiuta, finiscono per diventare l’ennesimo contentino low-cost in tempi di ristrettezze.
Non solo un programma come Cantare d’amore avrebbe potuto “movimentarlo” qualcuno con più appeal, ma alla fine le vere protagoniste restano loro, le Teche Rai.
Quelle che ti consentono di far finta di avere Tiziano Ferro e Biagio Antonacci, mentre non c’è uno straccio di cantante vero che si sia degnato di andare ospite in carne e ossa da Minghi. Alla faccia dell’amore.