Omaggio a Pavarotti – I Tre Tenori
Mentre scrivo, va in onda su RaiUno un pezzo di archeotelevisione: I tre tenori, José Carreras, Placido Domingo, Luciano Pavarotti, nel concerto alle Terme di Caracalla. In particolare, Luciano Pavarotti esegue il suo cavallo di battaglia: la romanza Nessun dorma, tratta dalla Turandot, opera incompiuta di Puccini.Era il 7 luglio 1990, la finale dei Mondiali
Mentre scrivo, va in onda su RaiUno un pezzo di archeotelevisione: I tre tenori, José Carreras, Placido Domingo, Luciano Pavarotti, nel concerto alle Terme di Caracalla.
In particolare, Luciano Pavarotti esegue il suo cavallo di battaglia: la romanza Nessun dorma, tratta dalla Turandot, opera incompiuta di Puccini.
Era il 7 luglio 1990, la finale dei Mondiali di Italia ’90 alle porte, 17 anni fa, ovvero un secolo o poco meno.
L’attesa per l’evento – di questo si trattava. Un evento. Per darvi la misura del quale basterà un dato: le Terme di Caracalla hanno una capienza di 6mila posti. Furono richiesti 200mila biglietti – era enorme. E le aspettative non vennero tradite.
Sotto le note dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino e l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, dirette dal Maestro Zubin Mehta, i tre trasformarono la lirica in un vero e proprio spettacolo popolare, mescolando sapientemente alcune fra le più importanti arie liriche con brani provenienti da tutto il mondo, di tradizione decisamente meno colta ma ugualmente coinvolgenti.
Fino al gran finale, quel medley a tre, celebre, che conteneva Cielito lindo, Memory, Torna a Surriento, Oci Ciornie, La Vie en Rose, Amapola e via con la memoria che tradisce, e che si concludeva, dopo una spettacolare “gara” di virtuosismi – lo ricordo, pensate, dal 1990. Mentre scrivo ancora non è andato in onda quel pezzo – con un Mehta che, prima del bis, dice
Da capo. Da capo. Adesso si sono proprio riscaldati.
La battuta c’è anche nel cd. E’ incredibile come si fissino in testa certi ricordi, giunti attraverso la televisione, è incredibile vederli in onda ora, dopo tanto tempo, con quelle stesse inquadrature fisse, quei ritmi da archeotelevisione. E’ incredibile e incredibilmente piacevole. E’ archeotelevisione, appunto.
La voice over di Fabrizio Del Noce (!) a commento della manifestazione, in chiusura (so ’90s) ricorda, con orgoglio, dice proprio così, che la RAI ha creduto in questa operazione.
Operazione che sarebbe stata replicata nel 1994 in U.S.A., nel ’98 in Francia, nel 2002 in Giappone, e che nel tempo ha generato svariate imitazioni e iniziative analoghe.
Ma lo spirito di quel 1990, con un’Italia che sognava e si dava al mondo, con José Carreras che vinceva la sua lunga lotta contro la leucemia, era inimitabile. Proprio per dare il bentornato a Carreras e per contribuire alla raccolta fondi per l’associazione fondata dal tenore catalano per un sostegno alle vittime della malattia da lui stesso sconfitta.
A riguararlo, questo spettacolo, con i tempi morti che vanno di pari passo con la straordinaria personalità dei suoi protagonisti, vien da pensare che è proprio passato, il secolo di cui sopra, che ora si brucia tutto, velocemente, che non c’è più spazio per prime serate del genere (ve l’immaginate, qualcuno che proponesse in palinsesto la-lirica-in-prima-serata?).
E che per prendersi una pausa, per ritagliarsi uno spazio, è necessario che muoia qualcuno.
RaiUno, comunque, non poteva dedicar miglior omaggio a Luciano Pavarotti. Nel ricordare il quale, ovviamente, com’è giusto, si sono sottolineate luci e ombre, si sono spesi i tradizionali e immancabili fiumi di parole.
Ma era la musica a dover trionfare, e se permettete qui si spera che il ritorno al passato, che questi diciassette anni abbiano una piccola rivincita anche su quel dio-Auditel con cui ogni giorno di più, ogni giorno più freneticamente, chiunque faccia televisione deve avere a che fare.