Carlo Freccero a TvBlog: Se la mia spinta al rinnovamento non è accettata, posso lasciare il Roma Fiction Fest anche domattina
Prima della quinta ed ultima puntata della nostra rubrica “La Stagione Tv secondo Carlo Freccero” che andrà online domattina e che sarà interamente dedicata a Maria De Filippi e alla sua televisione, oggi ospitiamo Freccero in qualità di neodirettore artistico del Roma Fiction Fest, giunto all’ottava edizione.
Freccero intende precisare alcuni contenuti della sua conversazione con il Corriere della Sera, uscita ieri e che ha suscitato una serie di reazioni nel mondo della fiction italiana, in particolare fra i produttori. A questo proposito, oggi c’è una risposta molto piccata di Luca Bernabei di Lux, sempre sul Corriere della Sera, rispetto all’articolo di ieri. Questa è quindi l’occasione per Freccero di rispondere, possiamo dire “in diretta”, alle parole del produttore di “Don Matteo” e di far capire meglio quello che intendeva dire nel pezzo uscito ieri sul quotidiano cartaceo milanese .
Partiamo dunque dalle polemiche suscitate dalla tua intervista di ieri al Corriere, cosa è successo ?
Il Presidente dell’Associazione Produttori Televisivi Marco Follini ha ricevuto una serie di telefonate di produttori arrabbiati per quanto è stato scritto sul Corriere di ieri ed a proposito di quell’articolo, che forse ha risentito di troppi tagli per questioni di spazio mi piacerebbe chiarire meglio il mio pensiero.
Nel catenaccio di quell’articolo dicevi “Basta con eroi e santi, impariamo dai modelli Usa”
Lungi da me criticare le fiction di eroi e santi, che vanno benissimo ed è giusto che vengano prodotte. Ma quello che volevo dire è molto più complesso di una sintesi da “catenaccio”. Il discorso della fiction nel nostro paese è il seguente: viene prodotta unicamente per due reti: Rai1 e Canale5. E’ normale che queste fiction, vengano pensate e realizzate per quelle due reti televisive e per il loro pubblico generalista. Fatte molto bene e che hanno naturalmente diritto di venire realizzate, ma in qualche modo “bloccate” su quei target generalisti e di massa. Questa situazione però, blocca lo sviluppo di altri tipi di fiction nel nostro paese. Se inizi a produrre anche per il pubblico di nicchia ecco che il discorso cambia.
Quindi non intendevi dire che le fiction di “eroi e santi” non debbano essere più realizzate ?
Non è una questione di bloccare alcunché, ma ritengo che sia importante diversificare, cioè arrivare a produrre fiction anche su altri modelli e su altre reti, senza l’obbligo di dover accontentare i “grandi numeri” del pubblico generalista di reti come Rai1 e Canale 5.
In che modo si può fare ?
Come Rai Cinema produce il cinema che vince a Cannes e Mediaset fa film che incassano milioni di euro, potrebbero secondo me, dedicare questa loro creatività anche alla fiction, magari destinando questi prodotti alternativi su Rai2 e su Italia1. Ricordo per esempio, che Montalbano è nato proprio su Rai2 ed anche Coliandro. Poi altra cosa da cui liberarsi è la censura che c’è nel nostro paese, da parte di alcune associazioni. Questo è più un discorso culturale, perché se questi nuovi telefilm catturano l’immaginario di oggi, è chiaro che gli argomenti, gli sviluppi, le storie e le immagini, devono andare di pari passo con il vissuto e con la vita di oggi, che è un gioco d’azzardo. Anche le regole della sceneggiatura poi impongono una macchina narrativa in qualche modo più complessa.
C’è quindi un problema di censura di contenuti nella televisione generalista di oggi ?
Oggi tolleriamo che vadano in onda fiumi di ore televisive sulla vicenda della povera Yara nei talk show e poi non vogliamo assolutamente affrontare una narrazione che faccia da supporto ad una analisi psicologica di questi personaggi estremi, borderline. Oggi la macchina narrativa si costruisce attorno alle ossessioni dei nostri tempi. Il fatto che lo si possa fare, in qualche modo, nei talk e non nella fiction, per me è censura.
Dove vedi uno sbocco a questa situazione ?
Vorrei tanto che la lezione della Tv pubblica britannica, fosse in qualche modo recepita anche dalla televisione generalista italiana. La BBC penso che non abbia perso un colpo negli ultimi 5 anni. Quello che sforna la BBC rispetto ai telefilm, ritengo sia l’equivalente di una serie di diamanti. Basti pensare a Dr. Who, Sherlock, The Hour. Su BBC 3 poi trovano spazio alcune fra le trasmissioni più innovative per il pubblico giovane. Penso poi anche, rimanendo nel Regno Unito a Black mirror o alla nuovissima Utopia. L’attenzione è ai nuovi linguaggi e alla consapevolezza del ruolo centrale che svolge il telespettatore, rispetto ad uno show. Vince la voglia di osare, raccontando la nuova realtà alle generazioni di oggi, senza filtro e senza censure di sorta.
C’è qualche esempio di fiction italiana degli ultimi tempi che segue questa via secondo te ?
Per esempio Braccialetti Rossi. La riprova della mia tesi è che questa è l’unica serie generalista che ha osato un po’ e che ha ottenuto un grande successo. Quindi come vedi basterebbe osare.
Sky ha osato ed ha prodotto serie come Romanzo Criminale e Gomorra…
Sky infatti, ogni volta che produce una serie, appare come diversa ed efficace, come se avesse fatto chissà cosa. Appunto perché nel nostro paese, ha trovato in qualche modo un deserto in quel campo, rispetto ai contenuti che racconta nelle sue produzioni. Mi piacerebbe che la televisione generalista, tentasse di seguire quella strada, affiancandola ai prodotti di successo che già vanno in onda ora.
Di certo negli Stati Uniti d’America sono molto avanti in questo senso
In America è nella pay tv che la fiction è diventata una forma espressiva matura, come la letteratura ed il cinema d’autore. Per la fiction ovviamente l’autore è lo sceneggiatore. La cosa interessante è che il bravo autore e il bravo sceneggiatore, ha soprattutto capacità di straniamento. Di guardare cioè la realtà con occhi straniati, vale a dire, vedere quello che gli altri ancora non vedono, per la prima volta, interpretando gli sviluppi futuri.
Una visione suggestiva, ci fai qualche esempio ?
Negli anni ottanta e fino al duemila, questo ruolo è stato sostenuto dalla fantascienza. Basti pensare ai film come Blade Runner, Atto di forza e Minority Report. Il futuro che mettevano in scena in quelle opere, non era che lo straniamento del presente. Il nuovo telefilm lascia invece il presente dov’è, ma capisce già dove si sta dirigendo la realtà. Questo concetto potrebbe apparire bizzarro e cioè che la fiction possa prevedere il futuro, ma così deve essere, inoltre oggi i telefilm americani analizzano la società modo egregio e con grande capacità di sintesi. Questa capacità poi spesso e volentieri è superiore a quella dei talk show e dei telegiornali. La fiction riesce a farlo, perché cattura l’immaginario collettivo ed è capace di essere la spia dell’inconscio che cova sotto gli eventi quotidiani. In questo senso i telefilm americani, riescono ad anticipare le fobie e le speranze del pubblico a cui sono rivolti.
Quindi a tuo giudizio il telefilm è la migliore forma di espressione della società ?
I telefilm americani attualmente, ritengo siano più efficaci dei reality e sono molto forti nel raccontare le pieghe della società moderna. Molte volte oggi la realtà si spiega meglio nei telefilm.
Tornando ora alle critiche che hai ricevuto dai produttori televisivi cosa vuoi rispondere loro ?
Dopo le critiche ingiuste a quell’ articolo, in cui evidentemente non si è capito quello che volevo dire, io sono pronto a lasciare. Ho le idee molto chiare e non volevo ne criticare e ne offendere nessuno, volevo solamente che questo Festival fosse di spinta ad osare di più e che la lezione di Sky non fosse una cosa isolata, ma che fosse rivolta anche alle reti generaliste. Anche perché non tutti hanno la possibilità di pagarsi una pay tv. Se dunque questa mia spinta al rinnovamento non è accettata dai produttori italiani, posso tranquillamente lasciare il Festival anche domani mattina.