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Fabrizio Corona – La mia prigione

E’ destino di chi viaggia tanto, quello di avere alcuni momenti di blackout – che a volte durano anche giornate intere – in cui ci si disintossica completamente dalla televisione. Quando questi momenti finiscono, si ritorna a parlar dell’amato mezzo in modo più convinto, più entusiastico e più critico. Ma soprattutto con una rinnovata passione.

14 Luglio 2007 05:37

Fabrizio Corona - La mia prigioneE’ destino di chi viaggia tanto, quello di avere alcuni momenti di blackout – che a volte durano anche giornate intere – in cui ci si disintossica completamente dalla televisione.

Quando questi momenti finiscono, si ritorna a parlar dell’amato mezzo in modo più convinto, più entusiastico e più critico. Ma soprattutto con una rinnovata passione.

Ora, in teoria il blackout in questione non sarebbe ancora del tutto finito. Il fatto è che pochi minuti fa, prima di salire sull’ennesimo treno, mi sono imbattuto nell’oggetto che non avrei mai creduto di vedere. Lui. Esso. Il libro di Fabrizio Corona, quel paventato La mia prigione che cita e offende – posso dirlo, offende? – un certo Silvio Pellico.

Così, lo fotografo, mi avvicino ma non ho il coraggio né di comprarlo né di chiedere quanto costi né – pensate a cosa può giungere il pudore – di sollevarlo per controllare io stesso da chi sia edito e per quanti euro ce lo si possa mettere in tasca (poi scopro che lo ha scritto Deb). E’ lì, lo vedete anche voi, nell’espositore di un’edicola di una stazione, fra un Giallo Mondadori, un’Urania e qualche altro oggetto letterario significativo o meno – a proposito, anche se non c’entra niente: una lettura a Domani nella battaglia pensa a me, Javier Marìas è altamente consigliata, lo confermeranno anche i colleghi di Booksblog -.

Allora mi guardo attorno e aspetto. Aspetto di vedere se accade il miracolo: l’epifania di un acquirente.

Ho intenzioni serie, mi riprometto che nel caso fermo il cliente in questione e lo intervisto, quasi rischio di perdere il treno nell’attesa, ma niente, nessuno si avvicina al libro di F.C. Anzi, a onor del vero registro sul mio taccuino che nessuno si avvicina a qualsivoglia oggetto che non aqbbia le fattezze di un quotidiano o di una rivista.

E allora, direte voi, come va a finire questo post?
Va a finire così, con l’amara constatazione, nella carrozza di un treno, che qualcuno ha veramente pubblicato un libro firmato F.C. – ci sarà anche un ghost writer? non sarebbe bello conoscerlo, nel caso? -, un libro dal titolo La mia prigione.

Un libro che, senza la televisione, non sarebbe mai esistito.
Bene. Ora, che nessuno si azzardi a dire: almeno qualcuno lo comprerà e leggerà qualcosa, a meno di non voler dare a F.C. anche i meriti del processo di rialfabetizzazione degli analfabeti di ritorno.