Sanremo 2014: perché penso che gli operai non fossero in combutta col Festival
Il giallo sugli operai che hanno minacciato il suicidio continua e ‘critica e pubblico’ si dividono: una farsa organizzata dal Festival o un’incursione subìta?
Sanremo 2014 sarà senza dubbio ricordato per l’incipit. Da quando i due operai campani si sono affacciati sulla balaustra minacciando di buttarsi giù se Fazio non avesse letto la lettera con cui denunciavano la loro difficile situazione, pubblico e sala stampa si sono divisi: tutto organizzato dal Festival o protesta organizzata ai danni del Festival?
La domanda che tutti si sono immediatamente posti è come i due siano riusciti a raggiungere l’area tecnica da cui si sono sporti: una spiegazione l’ha data oggi Giancarlo Leone in conferenza stampa, riportando quanto dichiarato dalle quattro persone portate in commissariato e pedinate, con encomiabile dedizione, dalla nostra inviata Grazia Sambruna.
Quattro biglietti di galleria acquistati, due al botteghino a 100 euro l’uno (non tutti i biglietti sono riservati alla prevendita) e due, a quanto dichiarato dai diretti interessati, dai bagarini: i quattro rispondono ai nomi di Antonio Sollazzo, Marino Marsicano, Salvatore Ferrigno e Maria Rosa Pascale, partiti in auto al mattino e arrivati a Sanremo in tempo per la serata.
Giusto per sintetizzare quanto dichiarato da Leone la donna avrebbe fatto finto di sentirsi male e i due, approfittando della distrazione del personale, hanno imboccato il corridoio che porta alla balaustra.
Che poi i due non avessero nessuna intenzione di buttarsi giù e che questo sia un ‘mezzo’ molto utilizzato per attirare l’attenzione di media e pubblico per me è, cinicamente, indubbio: l’obiettivo non era certo quello di macchiare di sangue le poltroncine dell’Ariston, ma di conquistare la ribalta mediatica per denunciare la situazione da cui da anni versa il personale dei Consorzi di Bacino di Napoli e Caserta, stretti tra decisioni normative e gestione regionale che da più di un anno hanno lasciato il personale senza stipendio e senza lavoro. E questa è un’altra storia.
Sarà perché vivo in Campania, sarà che ho uno sguardo più o meno cinico (a seconda di come lo si guardi), ma le occupazioni dei binari, i tentati (finti) suicidi, i blocchi stradali in pieno centro, i blitz nei palazzi istituzionali sono (spesso/purtroppo) all’ordine del giorno. Lo stesso Sollazzo, denunciato con Marsicano per violenza privata (causa ricatto per la lettura della lettera), ha alle spalle una denuncia per interruzione di pubblico servizio, stando a quanto dichiarato pubblicamente da Leone, che ha riportato dati delle Forze dell’Ordine.
Mi sia concesso, ma mi sa che il Festival si è imbattuto in ‘professionisti’ della protesta: di certo (beh, mi sembra normale) avrebbero preferito avere un lavoro e uno stipendio, ma probabilmente il tempo e le circostanze li hanno trasformati in funamboli della manifestazione. Non è il loro caso, di sicuro, ma non dimentichiamo che la Procura di Napoli si è trovata a indagare su membri su disoccupati storici che hanno fatto della protesta una professione.
Ecco, è per questo che penso che non abbiano avuto bisogno di agganci dentro al Festival per arrivare lì, né che il Festival (nella ‘persona’ dell’organizzazione, degli autori, dei conduttori, della struttura) li abbia ‘assoldati’ per fare ‘ammuina’: non c’è bisogno di arruolarli a Napoli, di proteste ce ne sono tante anche (e purtroppo) in Liguria. Potevano farla più semplice.
Chi allora ha sovvenzionato la trasferta? “Abbiamo fatto una colletta, abbiamo fatto anche un piccolo debito” hanno detto alla giornalista de Il Mattino che li ha intercettati al telefono mentre erano ancora in Commissariato. Credibile. In fondo è un investimento in comunicazione.
Come facevano i giornalisti ad avere i loro numeri? Ribadiamo: anche dalla telefonata si capisce che non sono nuovi a proteste del genere e che di microfoni e telecamere ne hanno visti e ‘conosciuti’ parecchi, passando con ieri da quelle locali al nazionale.
Ne ho visti io di ‘aspiranti suicidi’ fumarsi una sigaretta abbracciati a un terrazzino su qualche arteria centrale di Napoli mentre arrivavano i mezzi dei Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia, Vigili Urbani in attesa che la protesta finisse; così come si sono ritrovata ad aspettare l’inizio di un concerto dei Modena City Ramblers in una cittadina di provincia perché uno ha raggiunto l’americana per parlare con l’assessore al lavoro che, ovviamente, lo chiamava per nome e gli dava del tu. Se interessa, peraltro, i due di ieri sera hanno annunciato di replicare a Bruxelles: se e come riusciranno a entrare al Parlamento Europeo è un altro paio di maniche
Ribadisco, se per ‘tutto finto e organizzato’ si intende che i due non volessero suicidarsi sono assolutamente d’accordo, ma questo non vuol dire che il Festival abbia ‘contribuito’, li abbia assoldati, abbia cercato con loro il coup de theatre per aprire lo show. I disoccupati non ne avrebbero avuto bisogno, il Festival (sarò ingenua) tantomeno. La perplessità di Fazio, che inizialmente sembra convinto che si tratti di una contestazione (tanto da guardare dritto in platea, sembra quasi in direzione della 17ma fila dove era seduto Grillo), prima che le luci svelino i due abbarbicati sulla balaustra, mi è sembrato davvero sincero come il disorientamento del regista Forzano, raccontato da lui questa mattina.
Che poi li abbia assoldati qualcun’altro esterno al festival per ‘sabotarlo’ mi sembra un’ipotesi altrettanto fantasiosa (per carità, anche suggestiva) perché contraddirebbe l’ipotesi iniziale, ovvero che il tutto servisse a fare ascolti. E un nemico non cerca certo di favorire l’avversario.
Insomma, per me (purtroppo) quella vista ieri in diretta all’Ariston è stata una delle tante manifestazioni di protesta (più o meno sincere, più o meno oneste, più o meno disinteressate, ma questo dipende dai protagonisti in gioco, non tanto dalla cornice) che quotidianamente si verificano nelle aree più depresse del Paese e che spesso hanno una matrice e una strategia ben precisa, che non necessita di agganci ‘interni’. Riescono a far tutto molto bene anche da soli. E in molti casi sono dettati dalla necessità di arrivare a qualche risposta, a raggiungere una soluzione.
Non sembravano tanto disperati? Beh, non cercano la morte, cercano le telecamere. Erano più che soddisfatti di essere braccati dalla stampa.
Sull’atteggiamento davvero sconvolgente di certe troupe raccontato con dovizia di particolari da Grazia Sambruna, beh, lì io aprirei un capitolo a parte, come quello delle ‘esclusive’, ormai diventato per qualcuno sinonimo di intervista. Ma lì entrerei in altri discorsi che a mio avviso non è questa la sede di affrontare.
Per il resto penso solo che la realtà sia sempre più ricca e imprevedibile della fantasia: avvengono cose oggi in Italia che neanche il più visionario degli sceneggiatori avrebbe mai potuto immaginare. Che due disoccupati campani siano riusciti a raggiungere la balaustra di un teatro sì ‘blindato’, ma pur sempre ‘italiano’ servendosi di una donna complice non mi sembra così impossibile.
Sbaglierò. E ciascuno rimarrà della propria idea. Ma io il complottismo non lo reggo. Soprattutto quando per avere una spiegazione non c’è bisogno di scomodare le scie chimiche.