Tvblog al Telefilm Festival – Soap a confronto
Finalmente il primo resoconto dal vostro Lord Lucas sull’esperienza mozzafiato del Telefilm Festival. Nei prossimi giorni ho in serbo per voi interessanti interviste esclusive e retrospettive a posteriori sull’evento che ha stregato tantissimi appassionati seriali ma anche neofiti della cultura telefila (per usare una recente espressione cara ad Aldo Grasso) come il sottoscritto. L’evento che
Finalmente il primo resoconto dal vostro Lord Lucas sull’esperienza mozzafiato del Telefilm Festival. Nei prossimi giorni ho in serbo per voi interessanti interviste esclusive e retrospettive a posteriori sull’evento che ha stregato tantissimi appassionati seriali ma anche neofiti della cultura telefila (per usare una recente espressione cara ad Aldo Grasso) come il sottoscritto.
L’evento che ho seguito quest’oggi per voi è quello sulle Soap a confronto, che ha visto confrontarsi in piazza Liberty a Milano addetti ai lavori, attori e aficionados delle soap interamente prodotte a casa Mediaset. Prima di lasciarvi alle dichiarazioni emerse da un dibattito pubblico, ho chiesto a Giorgio Grignaffini, responsabile delle produzioni fiction di Canale5 (nella foto), di esaudire qualche curiosità sulle novità telenoveliche trapelate negli ultimi giorni. A partire dal restyling di Vivere, che vuole essere il frutto di una rivitalizzazione di sceneggiature combinata a un promettente cambio di collocazione (sarà trasmesso dal 5 giugno dopo Centovetrine per tutta l’estate) e non un atto di riscossa per il dilagare delle soap di importazione:
“L’esigenza è quella di riavvicinare il sistema produttivo alla scrittura e alla messa in onda. Dopo otto anni di onorata carriera Vivere aveva bisogno di una scossa promozionale. Di qui un’operazione che comporta un grosso investimento di comunicazione. Ci crediamo ancora perchè ha ancora potenzialità. La collocazione estiva nasce dall’intento di parlare a un pubblico diverso. Siamo ben contenti di avere anche le soap straniere. Non c’è nessuna cannibalizzazione interna, altrimenti non le compreremmo. Vivere ha visto passare un sacco di storie in tutti questi anni, ora è giusto intervenire tenendo presente il modo in cui viene accolto dalla gente. Per quanto riguarda il fatto che sia subentrato a Red Roses (prima previsto nel pomeridiano estivo di Canale5, poi posizionato nell’access prime time di Rete4 ndr), si tratta di un discorso di coordinamento di palinsesto estivo, un cambiamento per avere il massimo possibile su ogni rete. Come accade sempre nello sviluppo dei palinsesti, si va avanti guardando il riscontro dei prodotti. Lo stiamo facendo anche con Cuori tra le nuvole e Tempesta d’amore. Per l’autunno i palinsesti non sono ancora definiti, ci potrebbero essere ulteriori investimenti. E’ nella logica della rete fare tentativi in base ai risultati del pubblico”.
A tal proposito ci ha risposto anche Daniele Carnacina, creative producer di Vivere e Centovetrine:
“Restyling è la parola esatta, le correzioni sono legate ad ambienti e numero di attori. Ultimamente erano troppi i protagonisti ad andare in onda, ciò ostacolava la possibilità di seguire con facilità i racconti. Ora la struttura è più semplice, gli attori sono ridotti e gli interni risulteranno rinnovati. Per ora la mandiamo in onda dopo Centovetrine, in autunno si vedrà”.Il dibattito è proseguito in una conferenza aperta al pubblico, in cui sono emersi interventi davvero interessanti sulla situazione attuale della soap italiana e la sua controversa ricezione. Carnacina ha continuato a dire la sua in materia, mostrandosi fiducioso sulla buona sorte e l’ottima salute del genere.
“Sono passati nove anni per Vivere, sette e mezzo per Centovetrine. La soap è notoriamente un genere a lunga scadenza, speriamo che anche le nostre non siano scadute. Si tratta di un lavoro industriale, concetto inusuale se applicato ad un fatto artistico di televisione. Da noi lavorano 160 persone per ogni soap divise nei vari reparti. L’obiettivo è di coniugare la parte individuale e artistica con un sistema di catena di montaggio. Occorre industriare e preservare l’individualità di ognuno senza castrare la credibilità italiana, riuscire a non imbrigliare la fantasia in un discorso routinario”.
E’ della stessa idea Grignaffini, il responsabile della fiction di Canale5 sopra citato, che rimarca le distinzioni tra soap italiana e soap di importazione tedesca, di recente imperante nei palinsesti Mediaset:
“Tempesta d’amore è la grande sfida di Canale5, che ha incontrato un paese da cui generalmente non si comprano troppi prodotti televisivi. Anche qui lo spettatore è agganciato da meccanismi semplici ma efficaci. Tutto il lavoro che sta dietro serve a far venir fuori il lavoro degli attori, supportati per tirar fuori delle emozioni. La peculiarità delle soap tedesche, rispetto a quelle italiane più simili al modello americano, è che sono pensate per avere una fine, un’ideale chiusura (nonostante possano essere altrettanto longeve come Tempesta d’amore). Gli americani, come noi, scommettono di andare avanti all’infinito (Sentieri è nata in radio nel 1936). In più, anche se il meccanismo del racconto di emozioni è lo stesso, in Tempesta d’amore come nelle altre soap tedesche è un meccanismo più disteso, meno portato all’estremo. Da noi, invece, si opta per le tensioni forti, il colpo di scena di ispirazione cinematografica. In entrambi i casi ci sono prodotti che funzionano e vengono proseguiti, seppur sviluppati in modo diverso”.
Ha ripreso la parola Carnacina, che ha sottoposto una curiosità ai suoi attori chiedendosi come facciano a mandare a memoria 20,25 minuti al giorno, ovvero 8-10 scene equivalenti a una quarto di commedia. In più, con la prospettiva di imparare ogni giorno battute nuove cancellando radicalmente quelle pregresse, con la difficoltà di variare toni, stadii emotivi e tipo di approccio alla scena (in un giorno si possono girare una scena a Torino, un’esterna sul lago di Como e un notturno a Torino con trenta puntate di differenza). A rispondergli è stata l’unica attrice di Centovetrine presenta all’incontro, Marianna De Micheli (Carol Grimani):
“Prima, a teatro, ero abituata a svegliarmi alle tre del pomeriggio per andare in scena la sera. Ora mi sveglio alla sei, lavoro tutto il giorno e tengo a mente il copione di tante scene. Prima faticavo a memorizzare e ci impiegavo tempo, ora la memoria è cambiata. Mi sono informata dei nuovi metodi su Internet, come il profumo di rose… Prendo anche il ginseng o metto il copione sotto il cuscino sperando in un’osmosi. A parte gli scherzi, l’importante per essere credibili è portare nel personaggio le sensazioni diverse che proviamo ogni giorno”.
E’ del suo stesso parere Sergio Troiano (il commissario Valerio Bettini di Centovetrine) che si è fatto desiderare sul palco ma facendosi subito perdonare in virtù di una sua innata timidezza. Ha preferito intrattenersi nel backstage per poi raccontare la sua storia: è figlio di un poliziotto ed è sempre invitato alle feste di polizia. Il suo è considerato un personaggio positivo dalle stesse forze dell’ordine e pare non gli sia stato affidato a caso:
“E’ importante collimare la situazione psicologica con quella del personaggio. All’inizio avevo difficoltà a rapportarmi con mia moglie a casa perchè raccontavo tutto alla moglie sul set (Laura Bettini interpretata da Elisabetta Coraini ndr). Il rapporto di confidenza che si crea può essere uguale. Confondersi è facile, ma rischia di diventare pericoloso”.
A Trioiano, delle soap, piace che si possa realizzare il modello auspicato da Hitchcock: niente regista, con il tutto affidato alla partnership di sceneggiatori e attori e la mediazione di un produttore supervisore, che è una sorta di filtro.
A questo punto Fabio Mazzari, il popolare Alfio Gherardi che fa parte del cast storico di Vivere, racconta di essere stato oggetto di un episodio di discriminazione. Un importante regista che ignorava le soap lo avrebbe inizialmente preso per un suo lavoro e poi scartato dopo aver appreso della sua scomoda esperienza televisiva:
“All’interno delle reti televisive, senza polemizzare, c’è un’inconscia ghettizazzione degli attori di soap”.
A proposito di memoria, Mazzari era abituato ai tempi lunghi del teatro. Ora pratica la teoria della short memory, i tempi sono velocissimi. 3,5, 7, 8 scene vengono immediatamente recitate, per poi metterne in standby delle altre. A suo scopo occorre mettere in moto l’artista emozionale, allenare e sviluppare tutto un piccolo mondo di emozioni:
“L’attore è come un atleta del cuore, ce lo insegna la soap tutti i giorni, ci obbliga a esercitare insieme questa muscolatura”.
In più, sempre quest’ultimo ha dichiarato di non aver gradito troppo la recente virata cattivista del suo personaggio, storicamente riconosciuto come buono. Eppure ha dovuto accettarla, perchè le sceneggiature sono intoccabili e fortunatamente si è prospettata una sua ripresa in linea di continuità con le origini. E’ solo un peccato, a suo dire, che questo malcostume sia diffuso soprattutto in Italia, visto che all’estero George Clooney si è potuto permettere di iniziare dalla televisione per poi diventare un attore hollywoodiano.
Con una sfumatura diversa prosegue il discorso Giorgio Biavati, il Giovanni Bonelli della locanda di Vivere:
“Recitare in inglese si dice to play. Noi recitando giochiamo, siamo bambini che però, quando giocano, lo fanno seriamente, con tutta la soddisfazione che loro stessi esprimono”.
Tra gli attori presenti figurava anche Lorenzo Patanè, nuovo divo amatissimo di Tempesta d’Amore. Le sue origini italiane lo rendono indiscutibilmente alla mano e in più l’accento meridionale ha fatto sì che il pubblico lo percepisse come schietto. Dopo aver tranquillamente ammesso a una concitata signora di non saperle fare il riassunto della puntata precedente, visto che conosce solo il copione del suo personaggio, ha così commentato il suo lavoro televisivo:
“Si tratta di un meccanismo artistico. Ci sono giornate dove non mi sento al top ma sono lì e si fa. Rimane sempre bello lavorare con l’intera troupe sul set e contribuire alla realizzazione di un progetto comune”.
Carnacina ha concluso il dibattito con un bilancio complessivo dell’esperienza soap a Mediaset:
“Il tutto è mosso continuamente da disegni strategici ed esigenze editoriali. Una soap Mediaset costa 65.000 euro a puntata – quelle Rai costano qualcosa di più. 230 puntate di base richiedono una cifra considerevole da stanziare a scopo di investimento. Viene incaricato un gruppo di persone che lavora in equipe (rete, produzione, attori). Anche dopo l’invenzione c’è un lavoro di squadra che va oltre il momento del concepimento. Vivere è nata nel 1999, abbiamo iniziato a girarlo alla fine del ’98. Dopo Beautiful non andava in onda neanche un break pubblicitario. All’inizio i telespettatori mostrarono un senso di fastidio perchè tecnicamente eravamo scarsi, ci dicevano che si percepiva il dilettantismo degli attori italiani. Lavoravamo in presa diretta, con l’attore che recita in quel preciso momento con la sua vera voce. Nel caso di Beautiful l’audio viene perfezionato in sala di doppiaggio quando c’è la traduzione dell’originale. Dopo sei mesi ci hanno detto che si sentiva che Vivere è più vera. C’è stata una sorta di educazione involontaria, la fruzione era la più alta della televisione in quel momento. Anche la fiction italiana ha iniziato ad ispirarsi a noi per la presa diretta. La gente si è abituata a collegare le voci al volto”.
In arrivo foto esclusive, retroscena e racconti del Telefilm Festival appena concluso su Tvblog.