Home La7 La Gabbia, Paragone: “Aldo Grasso vuole far chiudere a Cairo il mio programma”

La Gabbia, Paragone: “Aldo Grasso vuole far chiudere a Cairo il mio programma”

La durissima critica del giornalista del Corriere scatena la reazione del conduttore di La7

pubblicato 10 Febbraio 2014 aggiornato 3 Settembre 2020 08:25

Negli ultimi giorni si è consumata sui quotidiani italiani e online una polemica che riguarda La Gabbia, il talk show di La7 condotto da Gianluigi Paragone. Causa scatenante la durissima critica di Aldo Grasso che sul Corriere già dopo la prima puntata trasmessa a settembre scorso lo aveva definito “il più brutto talk politico mai visto finora” (anche noi di TvBlog avevamo espresso fortissime perplessità). Dopo l’appuntamento di mercoledì scorso, Grasso è tornato a scriverne nella sua rubrica A fil di rete:

Quando mi capita di seguire «La gabbia», il talk show ispirato ai peggiori bar di Caracas, penso a Urbano Cairo, penso al Torino (grazie presidente!), penso alle differenze che esistono tra la tv e il calcio (La7, mercoledì, ore 21.18).
Quando seguo «La gabbia» sto male perché mi dispiace non poco vedere a che bassezze linguistiche può arrivare un programma, quando si dà sfogo agli istinti più bassi (anche la politica ha i suoi), alla famosa «pancia» del Paese, alle frustrazioni dei partecipanti. L’altra sera, per esempio, fra i vari ospiti (c’erano Maurizio Zamparini, Daniela Santanchè, Sandra Amurri, Paola Taverna, Sandro Gozi), l’unico pensante era Giampiero Mughini. Gli altri andavano a copione, un pessimo copione.

Giudizi violentissimi che, come evidente, coinvolgono – in maniera offensiva – anche gli ospiti del programma di La7. Grasso ne ha ovviamente pure per il conduttore:

Gianluigi Paragone fino a poco tempo fa era un fervido leghista e adesso corteggia da vicino i grillini, alimenta l’antipolitica; niente di male (molti leghisti sono approdati al M5S) ma il populismo non ha mai creato buona tv: sa solo dare i voti alla Boldrini o a Napolitano (profondo è l’odio nel confronti del capo dello Stato), invitare in studio un pubblico berciante, da curva ultrà, inseguire il grado zero di scrittura.

Poche ore dopo, su Libero, è arrivata la replica dello stesso Paragone che ha fatto notare che “se Beppe Grillo, col suo modo di fare mai vellutato, punta l’indice contro i giornalisti, si scatena l’iradiddio. Se invece lo fa Aldo Grasso, è lecito”. In realtà c’è differenza tra chi nella vita fa il leader politico e chi viene pagato per criticare programmi televisivi. Premesso questo, il conduttore ha risposto all'”indimenticabile direttore di RadioRai in quota Spirito Santo”, accusandolo di aver “di fatto invitato l’editore di La7 (quindi il mio editore) a sbarazzarsi al più presto di me”. Secondo Paragone, infatti, la seguente frase equivale ad una sorta di editto:

Quando seguo la «La gabbia» penso a Urbano Cairo. In otto anni di presidenza del Toro ha capito che per vincere qualcosa bisogna aspirare al meglio: tenersi i giocatori di talento, cercarne altri di classe, crescere giovani coltivando il loro estro. I buoni risultati arrivano solo così.

L’ex conduttore de L’ultima parola ha aggiunto:

Cairo è un imprenditore che guarda al sodo e il sodo – cioè lo share della Gabbia – centra perfettamente l’obiettivo dell’editore e il target commerciale della rete. È stato lo stesso a Cairo a dirlo nel bilancio di fine anno. Ecco perché l’invito a chiudere la mia trasmissione puzza di manganello e olio di ricino (che goduria poter parlare come gli amici di Augias o come la Boldrini!). La verità è che all’amico Fritz e all’allegra brigata del Corriere non va giù che stiano aumentando i megafoni del dissenso. Non va giù che la «pancia del Paese» abbia di nuovo voce. Non va giù se qualcuno osserva senza pregiudizio il movimento 5 stelle così come un tempo incuriosiva la Lega.

Quindi il ribaltamento dell’accusa, secondo lo schema ‘Corriere uguale Palazzo uguale casta’:

(A Grasso) non va che in televisione, in prima serata, un pessimo personaggio (il sottoscritto) «dia i voti alla Boldrini e a Napolitano»! Ecco qual è il punto: l’attacco al Palazzo più intoccabile. L’attacco a Re Giorgio. Guai a chi tocca il Capo dello Stato, guai a chi mette in discussione il suo profilo. Pigi Battista è incaricato di bastonare il Fatto Quotidiano; Aldo Grasso La Gabbia. Così, ad minchiam, come avrebbe detto il professor Scoglio.
(…) Tu guarda, povero Aldone: lo infastidisce la pancia del Paese, gli muovono disturbo le storie dei lavoratori licenziati, gli dà noia l’incazzatura dei piccoli imprenditori alle prese con uno Stato sleale e folle. Ci sono imprenditori e lavoratori che arrivano a togliersi la vita, ci sono file lunghissime alle mense dei poveri, ci sono presidi senza sosta davanti a fabbriche, e Aldo Grasso è talmente imbalsamato da credere che sia una trasmissione televisiva ispirata ai peggiori bar di Caracas (meglio che al mortorio di via Solferino….) a creare scompiglio. Insomma, sarebbe la tv a generare la crisi sociale in corso.

La chiosa colpisce (o tenta di farlo) personalmente Grasso:

Povero Aldo, c’è da capirlo: passare tutto il giorno davanti alla tv non aiuta. Però, va ammesso, fa bene al portafogli. Il suo.

Paragone ha scritto alcuni tweet sul caso, provocando la reazione del già citato Battista. C’è da dire, a commento di questo vivace scambio di battute, che Paragone non è entrato nel merito delle critiche di Grasso. Non riservando nemmeno una riga della sua piccata replica al modo con il quale i temi politici e le questioni sociali vengono trattate. Perché se va attribuito a La Gabbia il merito di portare in prima serata casi di licenziamenti e di violenze perpetrate da banche e Stato, è d’obbligo riconoscere che l’ondata populista – a volte insopportabile – non risparmia il programma.

La7