“Il 57% degli italiani non legge e tutto questo è triste, molto triste e in questa apocalisse del sapere il più longevo programma sui libri della Rai l’hanno affidato a me”
Inizia così, con un piccolo monologo di Geppi Cucciari (monologo che scopriremo essere rivelatore) la nuova edizione di Per un pugno di libri, tornato su Rai 3 in questo pomeriggio sabato 1 febbraio 2014.
Il titolo c’è, ma la gara è praticamente scomparsa: questa almeno è la sensazione nel seguire la prima puntata della gestione Cucciari, affiancata dal prof. Dorfles. Da Un pugno di libri si è arrivati a un fiume di parole (cit. Jalisse) che sgorgano senza soluzione di continuità dalla Cucciari, affetta per formazione professionale da horror vacui e per di più messa al centro di tutto da una scaletta che dà più spazio ai suoi monologhi, alle battute, alle sue ‘prove d’attrice’ che al resto. Certo, non ci sono più gli ospiti/testimonial delle classi in gara che facevano da spalla al conduttore, ma questo non legittima l’assoluta centralità, quasi ‘cannibale’, della conduttrice.
E’ Geppi la protagonista e tutto lo fa capire, in primis il nuovo studio. Certo, più colorato e meno claustrofobico (oscuro e quasi ‘polveroso’ quello del periodo Marcoré, che sembrava quasi il custode del Labirinto dei Libri Segreti e che vediamo nel video d’apertura), ma costruito proprio per far capire con una sola occhiata chi sia davvero importante: la Cucciari.
Le classi in gara sono di fronte alla conduttrice, come in una lezione frontale, e non l’una di fronte all’altro come un tempo, quando si voleva evidenziare che tutto il format era lì, nella particolare sfida tra ragazzi impegnati a mostrare le proprie conoscenze letterarie. Ora c’è un palcoscenico per la Prima Attrice che ha ‘ai suoi piedi’ il sempre utile gobbo e persino il prof. Dorfles: un tempo disposto in alto con la sua scrivania a supervisionare il tutto e ora sistemato ai piedi degli scalini che portano alla Cucciari, su una sediolina girevole.
Dorfles resta sullo sfondo, come tutto il resto: non è solo il ‘ragazzo immagine‘ del programma, come lo definisce scherzosamente la Cucciari, ma diventa anche ‘uomo microfono’ nell’angolo talk che occupa parte del programma. Un modo per capire che lettori sono i ragazzi di oggi, ma che finisce per snaturare i 14 anni di game, facendo della ‘parola parlata’ la protagonista, a scapito della ‘parola scritta’.
Il gioco, quindi, diventa quasi un’occasione per dare un palcoscenico a Geppi, che dal canto suo se lo prende tutto.
“Consideratemi l’anello di congiunzione tra la compagna ripetente e la supplente bona”
dice ai ragazzi, che presenta ai telespettatori come
“coloro che tra poco saranno tutti stagisti sottopagati senza possibilità di futuro visto che stanno per diplomarsi”.
Ma per ora possono ancora sedersi e giocare, facendosi anche qualche risata con Geppi, che cerca l’approvazione del pubblico in studio.
I giochi diventano le pause dall’intrattenimento: il contrario di quanto accadeva prima. Ma tornano le trombette per prenotarsi, anche se da quest’anno le risposte sbagliate non regalano automaticamente punti agli avversari. Prove storiche come Caccia al titolo, Per chi suona la campanella (con la partecipazione di Lillo e Greg) e Fuori gli Autori si affiancano a nuove prove, come Tanti saluti da e Cultura generale. Ma sono talmente diluiti nel ‘Geppi Cucciari Show’ che persino il serafico Dorfles arriva a spazientirsi, esclamando dopo l’ennesimo momento Geppi “Andiamo avanti con i giochi, però, siamo in ritardo!“.
Il libro della settimana è Il pranzo di Babette di Karen Blixen ma, a differenza di quel che accedeva un po’ di tempo fa, alla fine della puntata non è che il pubblico a casa ne sappia molto di più. La testa si riempie di chiacchiere ma non riguardano i personaggi del romanzo, le sue atmosfere, le sue caratteristiche.
Tra un “Ciao, Franci” rivolto a Papa Francesco (Il pranzo di Babette è il libro preferito di Bergoglio, dice la Cucciari mostrando però un articolo della Stampa in cui si menziona il film di Axel) e un jingle di Mixer, la Cucciari va dritta per la sua strada. E non si può non notare la sua mise: l’abito richiama i colori della scenografia e i dorsi dei libri di scena con quelle righe orizzontali che nessuna taglia forte indosserebbe e che servono a sottolinere la sua perfetta forma fisica (anche se una balza di troppo sulla pancia potrebbe anche nascondere un accenno di gonfiore sospetto).
Ma torniamo al programma. Anche la conclusione è tutta per un ‘monologhino’ di Geppi:
“La prossima settimana non ci occuperemo di Cent’anni di solitudine perché non ci sembra il caso di infierire sulla vita sociale di Angelino Alfano”
dice la Cucciari che lascia a Dorfles il ‘contentino’ del libro della prossima settimana (“Un borghese piccolo piccolo”) e chiude col suo nuovo motto (mentre Dorfles riordina alle sue spalle, con un’espressione a mio avviso molto significativa):
“Hasta la rilegatura siempre!”.
Ecco, anche no.
Geppi, please, capisco la voglia di portare un po’ di brio, ma lascia anche parlare gli altri. Un bel silenzio, poi, non fu mai scritto…