Braccialetti Rossi, Carlotta Natoli a TvBlog: “Non c’è retorica, ma poesia e un po’ de Il tempo delle mele” (VIDEO)
L’intervista di TvBlog all’attrice che nella fiction interpreta la dottoressa Lisandri
Approfittando della conferenza stampa di Braccialetti Rossi, la fiction in onda a partire da stasera, 26 gennaio, su Rai1 in prime time, TvBlog, dopo aver intervistato Laura Chiatti, Michela Cescon, Aurora Ruffino e Mirko Trovato, ha incontrato Carlotta Natoli, che nella serie co-prodotta da Rai Fiction e Palomar interpreta la dottoressa Lisandri, alle prese con i sei giovanissimi ricoverati in ospedale.
C’è il rischio di raccontare la storia di 6 ragazzi che si scoprono amici in un ospedale in maniera troppo retorica e sdolcinata? E se cè, come lo avete evitato?
Questo è un problema che non mi riguarda. Perché, prima di tutto, c’è un regista che si è occupato di questa cosa. Abbiamo seguito una linea di scrittura e di regia. Per quello che mi riguarda, essendo io la dottoressa, faccio da contrappunto alla situazione poetica. Sono con i piedi per terra e cerco di tenere in piedi un reparto. In questo senso, sì, è romanzato perché è un reparto studentesco, che sembra quasi una gita scolastica, per certi versi. Se non ci fossero delle presenze come la mia e di altri dottori. C’è il rischio, mi chiedi. Forse c’è, però parliamo di qualcosa di poetico. L’approccio che è stato scelto è molto poetico; è vero ma è poetico. Io la leggerei come un’aspirazione a vivere in questo modo passaggi così dolorosi, così difficili. Potrebbero essere così difficili e dolorosi da rimanerci sotto, come si dice a Roma. La serie spagnola, rispetto a quella italiana, forse era più netta. Qui c’è il tentativo di suggerire come uscire, come stare in questa situazione.
In che senso Polseres Vermelles è più netta?
Ho visto poche clip, ma mi è sembrata più secca, più asciutta. Dentro la serie italiana c’è un po’ de Il tempo delle mele. Trovo sempre gradevoli i contrasti – anche nel mio personaggio ci sono e si scoprono durante le puntate -, mi piace creare una situazione molto drammatica, apparentemente senza prospettive, che però poi si aprono e sono raccontate per renderle evidenti. Forse noi non lo sappiamo abbastanza quanto i ragazzi giovani, di 11, 12, 13, 14 anni in una situazione del genere possono avere tutte queste emozioni: innamorarsi di una ragazza, scoprire un amico. L’idea è di far capire che all’interno di un ospedale c’è una vita molto vera, essenziale, legata alle priorità interiori.
Lavorare con dei giovanissimi, alcuni dei quali alla prima esperienza in assoluto, è stato più difficile per te che sei un’attrice affermata? Ti chiedo, inoltre: durante le riprese sul set ci sono stati momenti di commozione per alcune scene?
Ovviamente sì, momenti di commozione, di gioia, di ilarità, di divertimento. È diverso lavorare con i ragazzi piuttosto che con dei professionisti. Ma loro si sono comportati in maniera molto professionale, in questo senso bisogna fare i complimenti alla coppia Campiotti, padre e figlio: Giacomo ha saputo dirigere e tirar fuori davvero il massimo, Nicola ha fatto un lavoro meraviglioso con i ragazzi, li ha preparati, ha spiegato le battute. Noi abbiamo fatto da spalle.
Braccialetti Rossi punta ad attrarre un pubblico televisivo giovane, non proprio in linea con il target di Rai1? Oppure non vi siete posti questo problema?
Io non mi sono proprio posta il problema, perché non è il lavoro mio parlare in termini di ‘prodotto’, di ‘mirare’. È un linguaggio che non capisco e che non mi interessa. Spero che vada bene. Personalmente lo faccio vedere a mio figlio; ha 8 anni e lo vuole vedere perché mi ha visto che lo preparavo; ogni tanto tornavo a casa e raccontavo qualcosa, le operazioni fatte sul set.. è un film che possono vedere tutti: un bambino di otto anni, un genitore, le nonne.
Lo chiedevo perché ho notato che la colonna sonora è piena di canzoni di artisti molto amati dai giovani. C’è un tentativo di strizzare l’occhio a questo pubblico?
È una domanda da porre ai produttori e al regista. Dal mio punto di vista spero che possa essere apprezzato dai giovani e credo che ci siano tutte le carte in regola perché sia così. Può anche essere considerata una cosa furba questa, ma se piace ed è bello, anche se furbo, non c’è niente di male.