Il Boss delle Cerimonie: i trash matrimoni napoletani di Real Time sono già cult, tra lodi e polemiche
Il programma mitiga l’horror trash ricorrendo alla formula narrativa della fiaba. Il pezzo forte sono gli sposi e le annesse famiglie.
Il Boss delle Cerimonie, foto prime due puntate
Il Boss delle Cerimonie ha debuttato ieri, venerdì 10 gennaio, su Real Time ed è già diventato un cult. E’ TT di Twitter fin dalle sue prime battute, ovvero dalla presentazione del ‘boss’ Antonio Polese, del suo staff e della sua esagerata ‘location’, il Grand Hotel La Sonrisa di Sant’Antonio Abate. Lui, macellaio per oltre trent’anni poi ideatore di questa ‘cattedrale’ del kitsch nell’area vesuviana, è il ‘padrino’ di tutte le coppie che scelgono di sposarsi nel suo ‘castello’, come lo definisce il programma. E nonostante le catene d’oro, le sgargianti camicie in seta fatte su misura, le dorature zecchine che ricoprono ogni angolo del suo essere e del suo locale, sembra essere quello più vicino ai dettami del conterraneo Enzo Miccio rispetto ai clienti che ogni anno affollano il suo hotel. Non ama i buffet e preferisce i matrimoni ‘normali’, senza tanti eccessi: un ‘minimalista’, insomma…
Tra ballerine ignude che si dimenano nell'”elegante” Sala Reale, vere e proprie band di cantanti neomelodici accompagnati dalla “mannaggiament”, invitate dalle scollature vertiginose che si agitano su tacchi 15 con plateau da 5, rigorosamente nei toni del fucsia e del viola, unghie che sembrano uscite da un incubo di Micheligna (e di questo non possiamo che ringraziare Real time, eh…), padri che si dedicano alla lampada trifacciale per non far sfigurare le figlie, drag queen che ballano con gli sposi in segno di buon augurio (cfr. ‘Reality’ di Matteo Garrone): in sole due puntate si è dipinto un quadro piuttosto esauriente di un matrimonio napoletano ambientato a La Sonrisa.
Sono gli sposi e le loro famiglie il vero must del programma: ricorrendo a budget impressionanti costruiscono il matrimonio dei sogni della figliola (perché l’uomo in questi casi non conta), contravvenendo a ognuna delle tante regole che abbiamo imparato in anni e anni di Ma come ti vesti?!, Abito da Sposa Cercasi, Wedding Planner, con le mamme delle spose a seguire personalmente ogni dettaglio (pretendendo una renna luminosa sul tavolo degli sposi per distinguerlo da quello degli altri invitati, comme il-faut, eh) e le spose alle prese con trenini e riti ‘scaramantici’, come la sigillatura con ago e filo dei pantaloni dello sposo nel bel mezzo della sala.
Ne Il Boss delle Cerimonie, dunque, c’è il succo di un matrimonio che diventa ‘napoletano’ per certi dettagli: c’è la ricostruzione dei preparativi, la scelta dell’abito, la vigilia con tanto di imprescindibile serenata, spesso arricchita da star del circuito neo-melodico, che si trasforma in una festa di quartiere. Un grande classico della tradizione popolare napoletana, che in alcuni casi prevede una vera e propria gara col vicino per garantire alla propria figlia (l’uomo non conta in questi casi) il matrimonio più grande, sfarzoso, costoso ed eccessivo che il quartiere abbia mai visto. E se si considera che in alcuni casi le feste di Prima Comunione durano tre giorni, potete facilmente fare il rapporto con un matrimonio.
L’eccesso parola d’ordine? Beh, qui passa il ‘sottile’ confine del gusto. I parametri di riferimento non possono certo essere quelli predicati da Miccio in tanti anni di onorata carriera.
“Enzo Miccio è in prognosi riservata”
recitava uno dei tweet secondo me più carini postati con l’hashtag #ilbossdellecerimonie. Va da sé che scelta della location caratterizza il matrimonio: se la sposa trova bellissima la fontana con ‘mille’ delfini a grandezza naturale non ci si può stupire se chiama al suo matrimonio un gruppo di intrattenitrici in mutande, ecco.
Chi va alla Sonrisa vuole questo e Don Antonio lo sa. E il pubblico più smaliziato, meno ipocrita o più autoironico, lo sa altrettanto bene.
E’ fin troppo ovvio che non tutti i matrimoni napoletani/campani/ meridionali sono così, è fin troppo evidente da essere perfino stupido ricordarlo (come sto facendo io). Eppure sui social media è già partita la corsa al distinguo, alla precisazione, alla presa di distanza da una “rappresentazione distorta” di Napoli e dei napoletani. Una presa di distanza che secondo me non è che un’offesa per il territorio che si ‘pensa’ di ‘difendere’. I matrimoni alla Sonrisa si fanno eccome: esistono le serenate, esistono i filmini di fidanzamento e di pre-matrimonio (che meriterebbero un programma a parte insieme ai pre-diciottesimi), esistono abiti da sposa che sfidano le regole della Buon Costume. Tutto questo esiste, a prescindere dalle telecamere di Real Time.
Cattivo gusto? Espressione di una ‘sottocultura non educata al bello’? Manifestazioni megalomani di un ‘sottoproletariato’ ottuso dalle sirene della tv? Beh, personalmente penso che le famiglie di Maria Pia e Luigi e di Giusy e Luca, le coppie del debutto, siano assolutamente ‘normali’ non certo esponenti di una ‘sub-cultura partenopea’. Il che rende tutto più ‘difficile’ da catalogare per chi affronta la questione in maniera superficiale.
A mio avviso, invece, il programma è riuscito perfino a ‘mitigare’ gli eccessi e ad evitare il pur facile gioco della condanna e del giudizio, puntando piuttosto su una narrazione a mo’ di fiaba che ha addolcito molto il racconto, trasportandolo quasi su un piano ‘indefinito’, tra reale e immaginario, tra ‘verità’ e ‘costruzione tv’.
Un taglio quasi ‘soap’ che ha reso più digeribile – per chi ha come mito Audrey Hepburn – un concetto di bello per molti inaccettabile, ma che Real Time ha presentato come una delle tante possibili ‘scelte’ per festeggiare il proprio matrimonio.
Ma se siete ancora convinti che il kitsch esista solo a Napoli, beh, vi consigliamo di farvi un giro su Quattro Matrimoni, in Italia e all’estero, su programmi del tipo Non ditelo alla sposa o similia, per scoprire che imbattersi in matrimoni trash anche al di sopra di Gaeta è più semplice del previsto.
E a chi crede che Il Boss delle Cerimonie abbia scoperchiato un vaso di Pandora da tenere rigorosamente chiuso, ricorderei i tanti servizi dedicati ai matrimoni napoletani che ci propinano da anni i contenitori pomeridiani del daytime, trattati il più delle volte come fenomeni da baraccone, aspetto che qui (stranamente) non ho percepito. Senza dimenticare che La Sonrisa è stata per 30 anni la location di Napoli Prima e Dopo, programma di Rai 1.
Sono invece convinta che Il Boss delle Cerimonie non sia neanche riuscito a raccontare in toto un ‘fastoso’ matrimonio napoletano e che si sia davvero limitato, mai come in questa occasione, a lasciare accese le telecamere, ‘abbandonando’ la scena ai protagonisti.
Ciò detto, Il Boss delle Cerimonie continuerà a dividere. Io ho una certezza: mai più senza! E cerco un invito per un prossimo matrimonio alla Sonrisa.
Ps. Se volessimo davvero affrontare il discorso socio-economico di questi matrimoni, allora bisognerebbe considerare l’aspetto ‘costi’/debiti/prestiti e conseguenti aspetti fiscali e amministrativi. Ma non è compito di un programma di intrattenimento.
Il Boss delle Cerimonie, foto prime due puntate