Sposini: la figlia fa causa alla Rai. I soccorsi ritardarono?
Francesca Sposini accusa Viale Mazzini di non aver soccorso adeguatamente il padre dopo l’ictus e trascina Mamma Rai in tribunale
Finisce in tribunale la vicenda di Lamberto Sposini, colpito da emorragia cerebrale negli studi Rai nell’aprile 2011 e da allora in riabilitazione, dopo un delicato intervento neurochirurgico e un lungo coma: la figlia Francesca, 41 anni, e l’ex compagna del giornalista, Sabina Donadio (che agisce per conto della figlia Matilde, dodicenne), nonché il legale di Sposini, Domenico d’Amati, hanno deciso di adire le vie legali per stabilire le responsabilità della Rai nei soccorsi, giudicati inappropriati e intempestivi dai familiari dell’ex conduttore de La Vita in Diretta, tanto da poter aggravare il suo quadro clinico.
Troppi ritardi, troppi errori e troppe incertezze hanno caratterizzato quel pomeriggio negli studi di Via Teulada secondo i familiari di Sposini, che accusano la Rai di non aver fatto tutto il possibile per evitare che il giornalista arrivasse in condizioni critiche all’ospedale: se ci fosse stato personale medico adeguato, se ci fosse stata subito una diagnosi esatta, se l’ambulanza fosse stata chiamata per tempo, probabilmente i danni registrati da Sposini sarebbero stati meno gravi. E’ questo che il Tribunale del Lavoro di Roma è chiamato a verificare, insieme alla correttezza dell’assistenza fornita al lavoratore da parte dell’azienda.
Dal canto suo la Rai scarica la responsabilità sull’ambulanza e sul 118, arrivata dopo 40 minuti e ‘rea’ di aver inizialmente portato il giornalista nell’ospedale sbagliato.
Ma cosa è successo quel 29 aprile 2011? Lamberto Sposini sta per entrare nello studio de La Vita in Diretta per una puntata speciale sulle nozze di William e Kate e sulla beatificazione di Papa Giovanni Paolo II quando si accascia all’improvviso, privo di sensi. La puntata slitta, salvo poi andare in onda con una Mara Venier terrea e ancora ignara della gravità della situazione, ma cosa sia davvero successo dietro le quinte resta da definire ed è proprio l’oggetto del contendere.
Stando agli atti del processo, partito lo scorso 19 dicembre (atti recuperati da Panorama e riportati oggi dal quotidiano Libero) il primo ad intervenire è stato Daniel Toaff, che raggiunge l’infermeria chiedendo di un dottore:
“Arriva, è senza il camice. Secondo alcuni testimoni ci avrebbe messo 15 minuti a raggiungere Sposini. Si scopre che è un odontoiatra”
si legge sul quotidiano. Ma a questa ricostruzione la Rai si oppone, dicendo invece che un primo medico giunse su posto pochi minuti dopo il malore, mentre l’odontoiatra arrivò più tardi.
Pare, inoltre, che il primo ad allertare il 118 sia stato un figurante dello studio, che ha genericamente parlato di un ‘malore’, definizione che avrebbe spinto l’operatore ad assegnare al caso un codice ‘giallo’, quindi di modesta gravità, e non un codice ‘rosso’.
L’ambulanza tarda: Roma è paralizzata dal traffico dovuto al fatto che è la vigilia della beatificazione di Giovanni Paolo II. In più molte ambulanze sono ferme al Vaticano proprio per le migliaia di persone che si stanno raccogliendo a San Pietro.
Intanto è passata quasi mezz’ora dall’ictus. Scrive Libero:
“Solo alla settima telefonata, che arriva alle 14.32, l’operatore del 118 riesce a farsi passare il medico. Viene compresa finalmente la gravità della situazione. «È un’urgenza assoluta, sennò mi muore qua sotto le mani», dice il dottore. Sono passati 27 minuti dall’ictus. L’unica ambulanza disponibile è a 5 chilometri”.
A rendere ‘difficile’ la posizione della Rai ci sarebbe anche il fatto che a telefonare al 118 siano stati gli amici di Sposini, non gli uffici di Viale Mazzini, almeno stando a quanto riportato negli atti citati da Libero:
“Il 118 è tempestato di telefonate: nessuna dalla Rai, sono gli amici di Sposini che fanno chiamare anche da polizia e carabinieri. All’arrivo in via Teulada, uno dei soccorritori spiega che sono partiti in ritardo perché hanno dovuto procurarsi una barella, dato che la loro era stata spostata come letto al pronto soccorso”.
Una volta caricato Sposini in ambulanza, scatta un ‘secondo’ giallo.
“L’equipaggio porta Sposini al Santo Spirito. Ma il reparto di neurologia è chiuso dal 2010. Quando una tac accerta un’emorragia cerebrale viene trasferito al Gemelli, dove arriva il neurochirurgo Giulio Maira”
si legge sul quotidiano. Ed è Maira a intervenire e a salvare la vita di Sposini.
Ma la famiglia vuole stabilire cosa sia successo prima: sotto accusa ci sono i due medici che per primi si sono occupati di Sposini, insieme al coordinatore sanitario della Rai e all’azienda stessa, che secondo l’avv. d’Amati – specialista del diritto del lavoro, già legale di Michele Santoro vs la Rai e non a caso rivoltosi al Tribunale del Lavoro – non ha garantito a un suo lavoratore un’assistenza adeguata.
Dal canto suo, la Rai si difende sottolineando che il rapporto di lavoro esistente all’epoca con Sposini era di collaborazione e non di dipendenza. A parte questo, Viale Mazzini definisce “corretto” il comportamento dei medici in servizio e specifica di non poter essere responsabile del ritardo dell’ambulanza, tantomeno del trasferimento di Sposini nell’ospedale sbagliato. In più sostiene, attraverso una perizia medico-legale di parte, che in ‘incidenti’ come quello occorso a Sposini è sconsigliato l’intervento chirurgico prima di quattro ore.
Il punto, però, è quanto accadde prima dell’arrivo dell’ambulanza. Al Tribunale del Lavoro di Roma l’ardua sentenza, mentre Sposini ora vive in una casa alle porte di Milano dove la figlia Matilda lo va a trovare.