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Un matrimonio, Pupi Avati tra la semplicità ed il rischio di non trovare il giusto ritmo

Un matrimonio è una storia nostalgica, ma che vuole anche essere un racconto di due giovani in un contesto storico preciso. Il racconto, però, non ha il giusto ritmo e si rischia di non riuscire a trovare la direzione giusta

pubblicato 29 Dicembre 2013 aggiornato 3 Settembre 2020 10:11

“Un matrimonio” di Pupi Avati non esplode di passione fin dal primo momento. La miniserie di Raiuno, che racconta la storia di due giovani e s’ispira alla vita del regista con sua moglie, debutta con qualche problema di ritmo e recitazione che se da una parte fanno pensare ad una timidezza della narrazione, dall’altra possono allontanare parte del pubblico che avrebbe potuto godere di una storia sincera ed ottimista.

Lo stile di Avati, infatti, non manca: come ne “Il bambino cattivo”, il regista non usa fronzoli e particolari invenzioni, ma racconta la realtà dei fatti, immergendo la storia in un contesto storico e sociale di cui sono tutti al corrente. La miniserie non vuole raccontare la storia del Paese sfruttando la vita di Carlo (Flavio Parenti) e Francesca (Micaela Ramazzotti), ma vuole usare la Storia della Nazione come sfondo su cui far scorrere le vicende dei due protagonisti.

Non siamo di fronte ad una fiction che vuole raccontare le epoche, ma si limita ad una storia sola, dandole tutto lo spazio necessario per potersi evolvere. Il problema, però, sta nella difficoltà di questa storia di riuscire a catturare l’interesse del pubblico. Ed a suscitare qualche perplessità è il modo in cui i personaggi si pongono: una recitazione sussurrata, flemmatica, quasi a voler disegnare dei personaggi rassegnati di fronte alla vita. Certo, gli anni in cui si svolgono i fatti della prima puntata non sono anni facili, ma questo non gisutifica un racconto che ha del potenziale per poter ingranare e che, invece, si limita ad aspettare per poter dare il meglio.

L’effetto nostaglia sembra garantito per il pubblico più adulto, ma per gli altri l’effetto è più di noia e di attesa di qualcosa che possa dare più vivacità al racconto. I telespettatori si dividono, tra coloro che nel racconto di Avati possono trovare la semplicità di quei tempi, nonostante le difficoltà, e chi punta ad una maggiore azione e dialoghi meno realisti.

Ma “Un matrimonio” attraversa più decenni, e questo potrebbe rivelarsi un vantaggio per il racconto. Così, mentre i due protagonisti ancora non si conoscono e devono crescere, anche la fiction deve riuscire a trovare il giusto equilibrio ed evitare di prendere la direzione del racconto troppo amarcord e per niente contemporaneo.


Un matrimonio, la fiction di Raiuno