Cambio moglie
C’è che poi uno si rende conto che fin troppo spesso – perché è necessario, per tener fede a un nickname, perché è un po’ di moda farlo – qui si tende a parlar spesso male di quel che non ci piace, meno spesso bene di quel che amiamo. Ora, anche se più volte abbiamo
C’è che poi uno si rende conto che fin troppo spesso – perché è necessario, per tener fede a un nickname, perché è un po’ di moda farlo – qui si tende a parlar spesso male di quel che non ci piace, meno spesso bene di quel che amiamo.
Ora, anche se più volte abbiamo dedicato post a Cambio moglie, sembra il caso di parlarne ancora.
Sì, perché la puntata appena vista, quella in cui si scambiavano le consorti di una coppia “normale” – ma con lei dedita al mondo del fitness e un po’ stanca della solita vita, lui ristoratore in un paesello – e una un po’ meno “normale”, milanese, con lui dedito alla bella vita mondana, lei spogliarellista russa.
Ecco la ragione dell’immagine qui a lato, un po’ acchiappaaccessi, un po’ specchio della direzione che prende il format – le puntate in onda attualmente su La7 sono già passati sul satellite, quindi non sono novità per chi possiede un abbonamento SKY -, una direzione naturale e sempre più interessante.
Cambio moglie è una docufiction-reality basata sul meccanismo dello swap. Un prodotto che è cresciuto anche a livello fotografico, di montaggio e regia e che, pur mantenendo una formattizzazione abbastanza rigida, è vario, variegato e interessante, non stanca e dimostra come il genere si possa declinare – se ci fosse ancora bisogno di dirlo – in maniera altra e alta, con un interesse per l’umanità e per le storie, un interesse che può essere leggero, decoroso e di mero intrattenimento.
Bello, Cambio moglie. Proprio bello.