Ha abbandonato la conferenza stampa di presentazione della 56esima edizione dello Zecchino d’Oro in anticipo perché attesa negli studi Rai di Napoli per registrare due puntate di Verdetto finale. TvBlog però non si è fatto sfuggire l’occasione per rivolgere alcune domande a Veronica Maya, che dal 19 al 23 novembre condurrà insieme a Pino Insegno lo storico programma di Rai1 dedicato ai bambini.
Sei la veterana dello Zecchino, che conduci da otto anni. Quali stimoli nuovi hai stavolta di fronte ad un programma storico della Rai?
Sono i cinquant’anni del Piccolo Coro, anche per me è un compleanno importante perché festeggio i primi dieci di lavoro in Rai. Di questi dieci anni otto ne ho trascorsi allo Zecchino d’Oro, crescendo con esso. Quando sono approdata avevo 28 anni ed ero diversa da come sono oggi, anche nella vita affettiva. Ho avuto tante evoluzioni, ho incontrato Marco (Moraci, il compagno), ho avuto due figli (Riccardo Filippo e Tancredi Francesco, Ndr). Ero una giovane conduttrice, oggi sono anche una giovane mamma. Penso che questo arricchisca la mia esperienza e il mio modo di condurre, di interagire con i bambini. Ed è anche una opportunità per me di uscire dal cliché un po’ rigoroso di Verdetto finale. A me piace cantare, ballare, vengo dal teatro.
La tua ultima esperienza in prime time risale al 2008 con Incredibile. Hai voglia di provare un nuovo esperimento in quella fascia oraria?
In tutta sincerità e senza ipocrisia ti dico che in questo momento sto bene così. Lo Zecchino d’Oro è un format collaudato che mi piace e condurlo è già un traguardo; Verdetto finale porta la mia faccia da quando è nato, da 6 anni. Sono programmi su cui Rai1 sta puntando; dico che sto bene così anche per una questione di equilibrio familiare: il mio primo bimbo ha 21 mesi, il secondo ha quattro mesi e mezzo, lo sto ancora allattando. Ho avuto la fortuna che Verdetto sia stato trasferito a Napoli dove ho la mia famiglia e la mia routine quotidiana; per ora va bene così, poi c’è tempo, senza ansie e senza fretta. So che la Rai ha fiducia in me e poi sono anche abbastanza giovane.
A proposito di mamme, c’è chi ha avuto da ridire sul ritorno lampo in tv di Michelle Hunziker dopo il parto. Nel tuo caso la tua assenza dallo schermo si prolungò per 30 giorni circa. Qual è la tua opinione in merito?
C’è un gran parlare su quello che fanno le mamme: ci sono quelle che vivono la gravidanza come una malattia e non va bene perché non lo è; c’è chi la vive in modo normale quando tutto fisiologicamente procede bene e torno al lavoro subito perché se la sente ma viene criticata ugualmente. Secondo me tutto appartiene alla sfera personale, alla propria capacità di organizzarsi la vita e il lavoro. Io sono sempre stata energica, dinamica; ho avuto gravidanze fisiologiche, facili e mi è sembrato normale quello che ho fatto. Immagino sia andata così anche per Michelle: se lo ha fatto è perché era in condizioni di farlo. Perché criticarla?
Magari qualcuno prima di assentarsi dalla tv per qualche giorno in più ci pensa due volte, vista la competizione alta…
Sì, ma Michelle deve temere la competizione? È una persona così affermata, non credo abbia avuto questa preoccupazione. Più io magari mi devo preoccupare (ride, Ndr).
Ah, ecco, ti sei preoccupata quando è toccato a te?
No, perché l’azienda mi dette ampia garanzia, dimostrazioni di affetto e di fiducia. Mi dissero ‘viviti la gravidanza e il parto come credi, facci sapere il periodo che ritieni necessario per te, noi assecondiamo le tue richieste’. Ho avuto un’azienda vicina, sono stata fortunata forse rispetto ad altre. Del resto i rapporti di fiducia si costruiscono man mano: io rispetto loro, loro rispettano me.
Veniamo ad una questione che immagino venga tirata in ballo ogni anno alla presentazione dello Zecchino. Il confronto con Io Canto, che peraltro questa stagione non sta andando bene dal punto di vista degli ascolti. Ritieni che questo sia indice di un calo di interesse generico o no?
Non mi sono preoccupato del calo di ascolti, non li ho nemmeno guardati, anche perché quello lo reputo un format assolutamente diverso dallo Zecchino. È un format da prima serata dove ci sono anche adolescenti che cantano anche canzoni impegnate; lo Zecchino resta un cosa a sé nel modo di presentarsi e di lavorare con i bambini. Quello che cantano, come lo cantano, i testi… Tutto è fatto con l’aderenza del progetto nato 50 anni fa con lo Zecchino. I testi si sono evoluti, ma i bambini sono trattati sempre allo stesso modo.
Quindi da voi c’è una maggiore attenzione ai testi cantati dai bambini…
Sì, ma non c’è polemica, è un dato di fatto. Allo Zecchino funziona così, altrove ci sono licenze diverse. Sono proprio spettacoli diversi.
Se dovessi fare una scelta da mamma, i tuoi figli li manderesti allo Zecchino o a Io canto?
Beh, allo Zecchino, anche perché in questi otto anni ho capito cosa c’è dietro e alla base di questa struttura. In otto anni nascono rapporti affettivi importanti, con Padre Alessandro, per esempio. Non è solo lavoro, è ritornare in famiglia.