Con lui parleremo del suo imminente ritorno in video su Rai2 con il programma “Razza umana” , in un intervista che tratterà di televisione, partendo dal Marrazzo di “Mi manda Rai3” e prima ancora anchorman del Tg2, fino ad arrivare a questo “secondo” debutto di mercoledì prossimo sul piccolo schermo.
Qual è il suo stato d’animo prima di questo ritorno in video ?
Di soddisfazione per poter riprendere pienamente la mia attività professionale. Sono quattro anni che sono tornato in Rai, però diciamo che contribuire a costruire un programma e poi anche guidarlo è per me una grande soddisfazione.
Temeva, dopo tutto quello che è successo, di non tornare più in video ?
Non l’ho mai temuto ne voluto. Una precisazione: il mestiere di giornalista, che faccio in Rai da trent’anni, si può fare in tanti modi, davanti e dietro le telecamere. Lo si può fare da inviato e da corrispondente. Ho avuto la fortuna di fare tante di queste esperienze, ho condotto un programma di prima serata, come anche il telegiornale. Ho guidato la redazione della TgR Toscana, sono stato a capo di redazione tematiche. Ho fatto anche dei documentari ultimamente. Andare in video è una delle possibilità di un giornalista televisivo, ma non l’unica.
Quale sarà il primo pensiero quando si accenderà la lucetta rossa ?
Sarà di raccontare un percorso di suggestioni, ma soprattutto di storie.
Quindi un pensiero professionale
Assolutamente si
Politico o giornalista, cosa è meglio per Piero Marrazzo ?
Entrambe le cose le ho fatte con un idea e cioè che ero al servizio o di chi ascoltava o di chi mi aveva eletto.
La politica è un capitolo chiuso ?
Penso proprio di si. In questo momento il ritorno in Rai ha un significato professionale, ma evidentemente è legato alla voglia di svolgere una attività che più mi si attaglia.
Pregi e difetti di essere giornalista e di essere politico
Il giornalista ha la possibilità di raccontare quello che accade, ma vive spesso situazioni dove non può svolgere un ruolo attivo. Alle volte vorrebbe dire qualcosa, ma il suo ruolo glielo impedisce. Il politico è il contrario, ha il pregio e la possibilità di essere utile agli altri, però devono essere gli altri a raccontare e a giudicare il suo operato.
Tornando indietro, lascerebbe Mi manda Rai 3 per candidarsi in politica ?
Come uomo dico no. Come cittadino che deve essere al servizio degli altri dico si.
Ed il Marrazzo di oggi cosa dice ?
Il Marrazzo di adesso dice che ha fatto bene, nonostante tutto, ad accettare la candidatura per fare il Presidente della Regione Lazio.
Come è cambiato Piero Marrazzo dal Tg2 a Mi manda Rai3 arrivando ad oggi ?
Sono un giornalista che ha un bagaglio di esperienza più ricco, anche umanamente.
Come è cambiata la televisione da quando l’ha lasciata ad oggi, in meglio o in peggio ?
C’è un grande rischio che è quello dell’omologazione. La televisione generalista ha visto restringersi il proprio bacino d’utenza, quindi a volte rischia meno. Dopo la riforma Rai del 1976, se nella televisione ci fosse stato il timore di oggi, probabilmente non ci sarebbe stata Domenica in con Corrado sulla Rete 1 e Arbore con L’altra domenica sulla seconda rete. La televisione ha bisogno anche di sperimentazione, ma soprattutto della voglia di andare verso nuove sfide, nuove frontiere di racconto, che possono essere anche popolari. Oggi si gioca più in difesa. Bisognerebbe provare a fare prodotti più originali.
Ed in questo panorama televisivo, come si colloca “Razza umana” in onda nella seconda serata del mercoledì di Rai 2?
Razza umana è prima di tutto il tentativo di diversificare l’offerta nella seconda serata televisiva. C’è Porta a porta su Rai1 e Linea notte su Rai3, più le offerte di Mediaset. Noi proveremo ad offrire un genere che unisce il racconto del documentario breve con uno studio che continua a offrire un percorso, un racconto, un filo conduttore fra questi 4 o 5 documentari brevi.
Raccontiamo ai nostri lettori come sarà esattamente la trasmissione
Ci saranno mediamente 4 documentari brevi, della durata fra i 10 ed i 15 minuti e uno studio “non luogo”. Può avere cioè come scenografia una periferia con dei murales, un hangar di un aereoporto, oppure una banchina di un porto. Può avere anche una proiezione verso l’esterno attraverso uno schermo che scansiona il tempo con il passaggio delle nuvole. Lì ci saranno altre storie e altri protagonisti, che in qualche modo si legheranno ai documentari trasmessi. Il percorso che il telespettatore farà con me, lo vedrà interessato a 4 storie che potranno anche non essere simili fra di loro, ma che possono essere in qualche modo legate. Queste storie si declineranno in un racconto alto e basso, come è la vita di tutti i giorni. Non è un programma che fissa il tema della puntata, è un filo che tirerò ogni volta con il telespettatore che avrà voglia di stare con noi. Ci sarà quindi la drammaturgia della vita umana che può puntare verso il dolore ed il dramma, ma anche toccare il costume, l’ilarità. Apriremo anche una finestra sul web, andando a pescare filmati che vengono postati dalla gente su internet.
Ci anticipa qualche tema che affronterà nella prima puntata di questa nuova trasmissione ?
La domanda della prima puntata sarà “Ma il mondo è veramente impazzito, rispetto all’uso del corpo che fa la razza umana? “ Con un filo narrativo che viaggerà attraverso varie chiavi d’interpretazione soggettive del corpo.
I documentari proposti saranno d’acquisto o auto prodotti ?
L’intenzione di Rai2 è di partire con queste prime 8 puntate, che potranno essere il preludio di una nuova serie nella seconda parte della stagione 2014, con una library di documentari internazionali. Però l’idea è di mettere a confronto documentari girati da filmaker italiani e altri fatti all’estero. Il mio desiderio, se il programma troverà il consenso del pubblico, è quello di farne una sorta di factory televisiva, però con la chiave di lettura dello studio televisivo, che faccia da filo rosso appunto fra storie raccontate nei documentari e storie sviluppate con i nostri ospiti.
Dopo Petrolio di quest’estate su Rai1, sembra tornare la voglia di raccontare storie attraverso i documentari, rispetto al genere “cotto e mangiato” del talk show
Un genere che parte dal passato, non si inventa nulla in televisione. E’ un continuo passarsi il testimone, che parte dai documentari di Rossellini, per passare a quelli di Pasolini, Zavoli, fino ad arrivare a Piero Angela, con i suoi documentari naturalistici. Il nostro programma è un riaffacciarsi ad attingere a un genere. Purtroppo la televisione ha una specie di deriva unicamente verso l’inchiesta televisiva. Posso citare mio padre, che per un suo Tg2 Dossier della durata di un ora, scriveva il programma su dei fogli divisi a metà, in cui da una parte scriveva il testo e dall’altra la cronologia delle immagini che dovevano accompagnare il parlato. Per me quella è una lezione, lì non c’era solo l’inchiesta, ma c’era anche l’idea di costruzione del racconto, che è la cosa che distingue l’inchiesta da un documentario, dove c’è una struttura narrativa che tende poi verso un altro genere ancora, che è il film.
Oggi, anche per mere questioni economiche, in televisione ci sono molti talk show. Per il suo ritorno in video se gli avessero chiesto di condurne uno, avrebbe accettato?
Onestamente sono felice che mi abbiano affidato questo tipo di programma. Ho fatto per 8 anni un programma di prima serata che era un talk show. Conosco i pregi ed i limiti di questo tipo di trasmissioni. In questo momento ho una grande voglia di raccontare la storia e la vita degli altri, con una posizione giornalistica diversa rispetto a quella che deve tenere un conduttore televisivo. Mai dire mai, dice un vecchio film di James Bond, però penso che la sfida che mi ha offerto Rai2 oggi è di pari livello o anche superiore rispetto a quella di condurre un talk show. Tenere insieme uno studio e la messa in onda di 80 minuti di documentari brevi, è una bella sfida, come portare a casa il gradimento del pubblico per questo tipo di prodotto, che evidentemente non è da grandi numeri, che però possono essere numeri che segnano anche una inversione di tendenza.
Tornerebbe al telegiornale ?
In 30 anni di giornalismo in Rai ho avuto la fortuna di essere in redazioni tematiche, di dirigere una testata regionale, di fare l’inviato all’estero, di condurre programmi di seconda e prima serata. Oggi un uomo di 55 anni che torna, deve sentirsi in primo luogo un po’ al servizio di chi gli ha dato tutte queste opportunità. Opportunità che mi sono state date dalla mia azienda e dai telespettatori che mi hanno gratificato del loro consenso. Oggi mi piace mettermi in cammino verso una nuova frontiera televisiva e se dovessi ripensarmi ad un telegiornale, mi piacerebbe avere la chance che ha avuto Enrico Mentana, quando insieme ad i suoi colleghi, ha dovuto provare a fare un telegiornale dal nulla, come quando fondò il Tg5, oppure di rifondare un telegiornale, come quando è arrivato al Tg La7. Ora però trovo molto bello e stimolante lavorare a Rai2, che con il suo direttore Teodoli sta facendo un grande lavoro di riposizionamento editoriale della rete, assieme al capostruttura Stefano Rizzelli, che conosco dai tempi di Mixer. Ho davvero molto entusiasmo per questa nuova avventura professionale, sono molto carico.
Qual è il più grande errore che può fare un giornalista ?
Raccontare il falso. Mi è capitato di vedere dei giornalisti che raccontano il falso e raccontare una cosa falsa è il più grave errore, essendone consapevole.
Ritiene sia giusto che un giornalista della televisione pubblica dopo essersi candidato per uno schieramento politico, poi torni nel servizio pubblico radiotelevisivo nel medesimo ruolo di giornalista?
Noi siamo un paese un po’ strano. Santifichiamo il blind trust, quando diciamo che un imprenditore negli Stati Uniti non ha il conflitto d’interessi quando lascia le proprie aziende, si candida e poi tornerà a guidarle solo successivamente. Io rispondo alla mia coscienza e al giudizio dei cittadini. Ho guidato una regione con onestà intellettuale, anche se vuoi, cito proprio, con onestà, essendo stato assolto proprio ieri (lunedì, ndr) dall’unica accusa che avevo di un abuso d’ufficio, per una firma di un contratto. No, il Servizio Pubblico è un luogo nel quale uno deve essere al servizio del pubblico. Dovrei essere sollevato, come tutti i miei colleghi, se qualcuno si accorgesse che non sto svolgendo correttamente, coerentemente ed onestamente questo ruolo. Se ci fosse una norma, io sarei il primo a rispettarla. Se questa è una questione di “buon senso” io trovo che avendo fatto il Presidente della Regione Lazio con onestà, posso con altrettanta onestà, quando ho terminato l’incarico di Presidente, tornare a fare onestamente il mio lavoro. Non vedo il conflitto d’interessi, se mi viene detto che c’è allora sarei pronto a ragionarci.
Per citare il grande Maurizio Costanzo, cosa vede dietro l’angolo Piero Marrazzo ?
Vedo la voglia di ritornare a essere un giornalista che ha la fortuna di poter andare dove altri non vanno. Vedere le cose che altri non possono vedere, attraverso i documentari e poi raccontarle agli altri attraverso una seconda serata di Rai2.
Piero Marrazzo ha più debiti o crediti oggi?
Nonostante tutto, ho più crediti dalla vita.