Alessandro Antinelli a Tvblog: “Un collega che critica un altro collega è squallido, in malafede. L’intervista muta a Prandelli? Ecco cos’è successo”
Alessandro Antinelli, bordocampista della Nazionale a Euro 2012, difende Raisport e si scaglia contro i colleghi che hanno criticato la tv pubblica
Alessandro Antinelli, bordocampista durante le partite della Nazionale italiana a Euro 2012, è tornato da poche ore in Italia, dopo quattro settimane passate tra Polonia e Ucraina al seguito degli azzurri. Quattro settimane in cui RaiSport è stata massacrata dalla critica, dagli addetti ai lavori e dagli spettatori senza pietà.
Alessandro, com’era il clima tra voi giornalisti? Sentivate il peso delle critiche?
“Sì e no. Occorre partire da un’osservazione: con i social network, ormai, tutti si sentono in dovere e in diritto di dire qualcosa, di parlare di tutto. E così l’Italia si trasforma, oltre che in un Paese di sessanta milioni di commissari tecnici, anche in un Paese di sessanta milioni di telecronisti e bordocampisti. Se ci critica un semplice telespettatore, non c’è nessun problema, è libero di detestarci: certo, se non ci insulta sono più contento. Anche se lo fa un critico di professione, come Aldo Grasso, non c’è nessun problema: d’accordo, odia la Rai, ma criticare è il suo mestiere, e lo fa. Il problema nasce quando a massacrarti sono tuoi colleghi: è lì che ti arrabbi”.
Riassumiamo. Fabio Caressa (Sky) aveva criticato il lavoro di Raisport, e Marco Mazzocchi gli aveva prontamente risposto. Marco Barzaghi (Mediaset), invece, ti aveva schernito su Twitter, paragonandoti a Eugenio Montale.
“Si tratta di due situazioni diverse: nel caso di Mazzocchi, la sua è stata la giusta presa di posizione del team leader della spedizione a difesa della sua squadra. Nel mio caso, invece, si è trattato di un attacco alla mia persona. Un collega che critica un altro collega è una cosa squallida, si spoglia dell’etica professionale del giornalista: si unisce al tiro al piccione contro la Rai. È squallido, insomma, ricevere critiche sul look, sulla competenza, sull’abbigliamento, da parte di colleghi che vanno in onda sul satellite (o sul digitale terrestre) e hanno un orticello che al massimo raggiunge un milione di persone. Noi eravamo guardati da 25 milioni di persone.
Ma non parlo solo di me, ovviamente. Non si può massacrare uno come Bruno Gentili, che ha alle spalle trent’anni di carriera. Molti di quelli che lo hanno criticato dovrebbero voltarsi indietro e guardare la propria carriera, poi chiedersi se sarebbero degni di portare almeno la borsa a Gentili”.
Certo, i problemi non sono mancati: per esempio con l’intervista “muta” a Prandelli alla fine di Italia-Spagna.
“Lì abbiamo avuto delle difficoltà tecniche indipendenti dalla nostra volontà. È comprensibile che lo spettatore medio, che non conosce il modo in cui lavoriamo, possa pensare “Antinelli si è dimenticato di accendere il microfono”. Ma se a dirlo è un tuo collega, significa solo che è in malafede, e in quelle parole non puoi che vedere il dolo, la volontà di colpirti”.
Che tipo di difficoltà avete incontrato?
Dal punto di vista tecnico, tantissime: per esempio nei collegamenti, la telecamera che mi inquadrava era a trenta metri di distanza da me, e puoi facilmente immaginare come non sia facile parlare mentre qualcuno ti passa davanti e ti impalla. La cuffia di cui disponevo, invece, era a filo (i radiomicrofoni erano vietati), per cui durante la partita non potevo mai alzarmi dal posto in cui ero seduto. Le interviste a fine gara, infine, venivano effettuate in una “zona franca”, con telecamera e microfono dell’Uefa. Ciò significa che io dovevo alzarmi, “staccarmi” dal collegamento senza sentire più nessuno e andare a intervistare Prandelli: l’unico modo che avevo per comunicare era cercare lo sguardo di Bruno Gentili in tribuna”.
C’è qualche aspetto in cui avete sbagliato, secondo te?
“Premesso che tutto è perfettibile, io credo che ciò che ha fatto Raisport in questi Europei sia senza precedenti: abbiamo trasmesso tutti gli allenamenti e le conferenze della Nazionale in diretta, con uno sforzo produttivo di alto livello. Senza tralasciare lo sforzo fisico: chi è stato al seguito degli azzurri ha iniziato il 20 maggio a Coverciano e finito ieri. Non so se abbiamo fatto bene o male, so che abbiamo fatto il massimo. Questo per quanto riguarda la Nazionale: sulle altre trasmissioni di Raisport dedicate agli Europei, invece, non mi esprimo, non è materia mia”.