Federico Taddia a TvBlog: “La tv ha bisogno di autori che vogliano raccontare, non raccontarsi”
Federico Taddia racconta a TvBlog il suo Nautilus e tutto ciò che serve per diventare un buon autore tv. Vi lascerete ispirare?
Federico Taddia è di nuovo su RaiScuola (canale 54 DTT e 33 TivùSat) con Nautilus, il programma di approfondimento a target giovane ripartito giusto ieri. Il format ci aspetta da lunedì a venerdì alle 19.30 e me lo sono fatta raccontare proprio dal suo conduttore nel corso di una chiacchierata che ha toccato i temi più disparati. Dai giovani in cerca di lavoro (possibilmente autoriale) a Topolino passando per Giuseppe Cruciani. Inoltre, secondo me, il nostro va ascoltato se avete un sogno nel cassetto e anche se fingete di non averlo. Insomma, se volete lasciarvi ispirare e scoprire cosa abbiano in comune Topolino, Piero Angela e Carlo Lucarelli, non perdetevi la chiacchierata che trovate qui di seguito:
Come racconteresti Nautilus a chi non sa cosa sia?
Nella mia testa Nautilus doveva essere una specie di spazio di coworking in cui creare una vera e propria contaminazione di “teste” anche molto diverse tra di loro riunite con l’obbiettivo di dare delle fotografie della realtà mettendo insieme riflessioni ed esperienze, storie. Ogni settimana abbiamo un argomento che fa da filo conduttore e ospiti che hanno qualcosa da dire e da raccontare sul tema. A questo punto, poi, si chiacchiera tenendo conto degli stimoli che ci arrivano anche dalla rete, dalle teche Rai e dal contributo di piccoli micromondi di giovani italiani, presenti in studio. Mi piace soprattutto il fatto che, essendo su RaiScuola, possiamo permetterci di andare a toccare anche temi che riguardano la cultura e la società, pure quelli che sembrano lontani e complicati, ma che fanno parte del nostro “giorno per giorno”.
La prima puntata di Nautilus è durata 48 minuti e, in genere, fai sempre programmi “corti” quando ti rivolgi ai giovani. Pensi che per essere commestibili a quel tipo di target sia necessario essere brevi?
La prima puntata è durata quarantotto minuti, sì, ma su questo siamo elastici. Anzi, secondo me bisognerebbe pure ridurre i tempi, ma solo per motivi produttivi. In ogni caso la durata di un programma dipende dai suoi contenuti. Non volevo fare una cosa troppo “flash” perché RaiScuola mi permette di approfondire le cose, come accennavo prima, quindi posso prendermi tutto il tempo che voglio. Non c’è nessun calcolo strategico in tal senso.
Sì, ma ti è mai capitato di “contenerti” proprio perché sei su RaiScuola? Ti faccio un esempio: la prima puntata di Nautilus è iniziata con un frammento del film Wall Street in cui Michael Douglas dice a una platea di giovani: “Siete nella me*da”. Tu hai riportato la battuta in studio dicendo “Siete nella cacca”…
A RaiScuola ho piena libertà di contenuti e di espressione. Non mi sono nemmeno reso conto di non aver ripetuto “mer*a”, sicuramente non è stata una cosa voluta, è che non ci ho fatto caso. Magari non avrò voluto essere ridondante. Comunque non ho un problema con le parolacce in tv sempre che non si usino per colmare la mancanza di una parola che non ti viene in mente in quel momento perché in questo caso, saresti tu in fallo. Mi è capitato due volte di dire “incaz*ato” durante un programma, comunque. Forse ieri non ho detto “me*da” perché quello spezzone del film l’avevo visto in inglese e quindi, non avendo in orecchio quel termine, ho usato quello che mi sembrava più “giocoso”. Dev’essere stato questo il percorso mentale…
Capisco…ma, tornando ai temi di Nautilus, nella prima puntata si è parlato della crisi economica. E’ stato anche detto che i media (tv e giornali) spesso non sono in grado di raccontare i giovani proprio perché non ce ne sono nelle loro redazioni. Ma siamo sicuri che sia così? A quanto vedo io, di giovani ce ne sono eccome, soprattutto perché possono essere sottopagati…
Ci sono tantissimi giovani non pagati nelle redazioni, è vero, ma di certo non sono loro a prendere le decisioni. Chi ha questo compito ha almeno almeno un posto fisso e spesso non è così interessato al loro mondo, per questo non riesce a raccontarlo al meglio. Molto spesso viene considerato più facile raccontare i giovani quando fanno errori, cioè quando fanno “notizia” dal punto di vista giornalistico. In realtà non c’è solo questo, per fortuna. Per parlare con loro (e quindi poi di loro, in un secondo momento) e rendere interessante il tuo lavoro ai loro occhi, devi prenderti molto tempo e, non ci sono dubbi, devi sbatterti. Ecco, devi sbatterti è proprio la mia filosofia di vita in generale…
Quindi “Devi sbatterti” è un consiglio che daresti anche a un giovane che vorrebbe fare l’autore tv? Anzi, già che ci siamo, cosa suggeriresti a un ragazzo che vorrebbe seguire le tue orme?
Anche in questo caso bisogna sbattersi, sì. L’errore più banale è quello di tenere la propria idea nel cassetto “perché tanto in tv prendono in considerazione solo i raccomandati”, non è vero! Se un’idea è buona, è buona da qualunque parte arrivi! Poi rendiamoci conto che con i mezzi che ci sono oggi, si può fare qualcosa di buono anche solo con un Iphone. Una possibilità del genere non c’era quando io avevo vent’anni. Il consiglio principale che mi sento di dare a un ragazzo che vorrebbe diventare autore tv, comunque, è quello di non pensare subito alla prima serata di RaiUno. L’obiettivo non dev’essere quello anche perché c’è un mondo che si è aperto per quelli che vogliono lavorare nella comunicazione oggi, quindi ci sono un sacco di possibilità da esplorare. Bisogna partire dalla voglia di raccontare e non da quella di raccontarsi. Di autori che fanno programmi solo per raccontarsi ce ne sono già abbastanza…
Ma tu sei anche autore di Topolino…hai mai pensato a cosa potrebbe fare Topolino in tv oggi?
Ho iniziato scrivendo su Topolino e oggi sono al diciottesimo anno di collaborazione. Si può dire che Topolino sia stata la mia palestra perché lì ho imparato due cose molto importanti. La prima è il rispetto per il pubblico perché i bambini sono molto attenti: vanno a scuola e ogni giorno vengono corretti dagli insegnanti, quindi non vedono l’ora di poter trovare un errore e fartelo notare. Poi, sempre grazie a Topolino ho imparato ad essere leggero e profondo allo stesso tempo. Non ho mai pensato a cosa potrebbe fare in tv oggi ma secondo me sarebbe un misto tra Piero Angela e Carlo Lucarelli. Somiglierebbe al primo per la voglia di raccontare e per il fatto di essere un personaggio di gusto classico ma sempre pronto alla sperimentazione. Col secondo, invece, avrebbe in comune l’interesse per il giallo, il mistero e l’avventura.
Sempre dal punto di vista autorale, hai collaborato anche a Ballarò. A questo punto ti chiedo: ti è capitato di dare un’occhiata a Radio Belva, per caso?
Vuoi la verità? Io conosco Cruciani perché entrambi lavoriamo a Radio24. Quando l’ho visto a Radio Belva ho pensato che si stesse divertendo molto. Forse la situazione gli è un po’ sfuggita di mano ma sono convinto che lui fosse sempre consapevole di ciò che stava succedendo. Anche perché lui basa sul caos anche il suo programma radiofonico, ci è abituato. La sua abilità è proprio quella di riuscire a tirar fuori dal caos una battuta o un intervento che diventano subito notizia. Secondo me Giuseppe è andato in tv con lo spirito di uno che dice “Non stiamo facendo un intervento a cuore aperto, stiamo facendo spettacolo” e quindi ha messo in piedi il suo circo. In lui mi diverte molto proprio questa sua consapevolezza di essere al circo che lo fa giocare sempre a carte scoperte. Poi può piacere o non piacere, ma lui non inganna mai il pubblico, se guardi/senti un suo programma, sai cosa ci troverai…
E a te non piacerebbe “andare al circo”, ogni tanto?
Uhm, no. Ma non perché sia sbagliato farlo. E’ solo che a me dà già grande soddisfazione riuscire a intercettare delle belle storie, essere in grado di coglierle e di trovare la giusta grammatica per raccontarle. A me interessano le persone per quello che sono, senza bisogno di aggiungere loro lustrini, trucchi e acrobazie. Ecco, diciamo che a me piacciono le acrobazie quotidiane e non sento il bisogno di raccontare altro.
[Foto: Facebook]