La fine di Lost?
Gli appassionati sanno qual è spesso e volentieri il destino delle serie tv che nelle loro prime stagioni hanno un grande riscontro di pubblico. Il meccanismo è fin troppo noto: i network, golosi del successo di un prodotto nel quale all’inizio magari credevano poco, forzano gli autori a spremere il concept pur di allungare il
Gli appassionati sanno qual è spesso e volentieri il destino delle serie tv che nelle loro prime stagioni hanno un grande riscontro di pubblico.
Il meccanismo è fin troppo noto: i network, golosi del successo di un prodotto nel quale all’inizio magari credevano poco, forzano gli autori a spremere il concept pur di allungare il brodo e garantirsi ottimi guadagni nel tempo.
Il risultato è che con il passare delle stagioni alla “stanchezza” fisiologica, che già da sola determina un calo degli ascolti per questo genere di prodotti televisivi, si somma una qualità costantemente in calo e molto lontana dai fasti dei primi anni. Nel frattanto è probabile che qualcuno degli attori protagonisti sia fuggito, per evitare l’eccessiva identificazione con il personaggio e/o per cercare fortuna altrove, ed il rimpiazzo non è certo all’altezza. Il network a quel punto decide per la chiusura e gli autori sono costretti a trovare in fretta e furia un modo per tirare le fila di una trama che non disegnavano più spontaneamente da parecchio tempo. Uno degli esempi più eclatanti della stortura di questo meccanismo è sicuramente X-Files di Chris Carter, il telefilm cult della prima metà degli anni ’90 che dopo ben 9 stagioni, sotto il peso soffocante delle incoerenze e delle forzature, si è conclusa senza dare nessuna efficace risposta ai grandi misteri che quasi 10 anni prima avevano incollato milioni di fans ai teleschermi.
Lost, in teoria, correrebbe lo stesso rischio. I più lungimiranti (o i più critici, fate voi) cominciano a cogliere i primi allarmanti segnali già in questa terza stagione.
Qualcosa sembra però muoversi su questo fronte. Secondo due dei suoi autori e creatori, Damon Lindelof e Carlton Cuse, “Lost dovrebbe terminare prima di perdere la sua forza creativa“.
La visione complessiva della storia, ha dichiarato Lindelof, “ha bisogno di circa 100 episodi per essere raccontata” e fermandosi “fra le 90 e le 100 puntante la serie non avrebbe bisogno di una stagione di stallo […] oltre quella soglia saremmo costretti a fare un passo indietro rispetto alla trama che abbiamo immaginato e nella mia mente sarebbe quello il momento per il finale ideale“. Idee piuttosto chiare.
Tirando le somme stiamo parlando di 4 stagioni complete e spiccioli, quindi con quanto visto finora saremmo già giunti oltre la metà. Difficile pensare che Lost non arrivi almeno alla quinta stagione, soprattutto se gli ascolti continueranno a tenere questi livelli. Certamente questo non può essere considerato l’annuncio di una chiusura ormai imminente, però è qualcosa di più che una generica indicazione.
Quello che pare solido è il rapporto di stima e fiducia con i dirigenti della ABC descritto da Lindelof e Cuse. Stephen McPherson, presidente di ABC Entertainment, non avrebbe reagito male, ponendo diktat o minacciando la sostituzione del team autorale (fatto non infrequente negli Usa), quando si è cominciato a parlare dei tempi per la chiusura.
Le ultime parole di Lindelof sono molto significative: “La cosa positiva è che fra di noi (ndr autori e dirigenti ABC) possiamo guardarci in faccia e dire “grazie a dio questo show è sopravvissuto più di 13 episodi” […] “vi ricordate all’inizio quando eravamo tutti convinti che Lost non sarebbe potuto durare per molti anni? Solo perchè ha avuto successo non significa che questo fatto cambi“.
Insomma, siete avvertiti: la quarta stagione è assicurata, oltre è tutto da vedere.
Io che sono sempre convinto sarebbe meglio stare a sentire il parere di chi una serie tv la crea e la scrive, nel caso di Lost, che sui grandi misteri e paradossi poggia le sue fortune, ne sono doppiamente convinto.