Negli studi di Matrix (e non solo…)
Stare lontano per qualche tempo dalla rete non può fare che bene, per staccare la spina e ritrovare la passione schiacciata dalla routine della tastiera. Poi, se a questo ci aggiungete un’incursione sul campo per capire meglio ciò che succede dall’interno, la web-cronaca a posteriori è fatta. Giovedì pomeriggio ho superato la mia reticenza a
Stare lontano per qualche tempo dalla rete non può fare che bene, per staccare la spina e ritrovare la passione schiacciata dalla routine della tastiera. Poi, se a questo ci aggiungete un’incursione sul campo per capire meglio ciò che succede dall’interno, la web-cronaca a posteriori è fatta. Giovedì pomeriggio ho superato la mia reticenza a entrare in uno studio televisivo, che si accompagnava ad ostilità verso autografi e forme di megalomanie varie, intrufolandomi come figurante del pubblico di Matrix. Fortunatamente, l’impatto è stato meno deludente di come me lo aspettassi, a livello di giochi di luce e percezioni ottiche delle dimensioni spaziali. Matrix ha alle spalle una costruzione tecnica e scenografica davvero impeccabile.
La trasmissione è stata registrata senza intoppi e interruzione alcuna, grazie alla magistrale direzione giornalistica di Enrico Mentana. Può sembrare banale sottolinearlo, ma ce ne sono pochi in grado di reggere i meccanismi della televisione con così tanta padronanza scenica. Il gobbo con uno come lui ha poca ragione di esistere, visto che il programma viene concepito come fosse in diretta e Mentana riesce a barcamenarsi egregiamente tra le clip lanciate sul momento, le opinioni a caldo degli ospiti e il successivo spunto di riflessione. Il tema della puntata era rigorosamente meta-catodico, riguardava i miti della tv e vedeva riproposti, sulla falsariga di Matricole, dei filmati di provini cult per discuterne in termini critici e farne un reperto di storia mediatica. Tra gli ospiti convocati per l’occasione, uno dei professionisti del piccolo schermo da me profondamente stimato, Antonello Piroso, che nei fuorionda parlotta con Mentana come due grandi amici in trasferta calcistica. Il conduttore è un fiume in piena, interagisce col pubblico, ci chiede se ci stiamo divertendo e approfitta della pausa pubblicitaria per farci la domanda da un milione di dollari: ma a voi fa ridere Masciarelli? Il responso è un sì timido e poco convinto, su cui prevale nettamente un sincero no. Altro momento di reality involontario è vedere la Palmas (purtroppo solo in collegamento video) rinunciare per qualche istante al sorriso presidenziale per rifarsi il trucco e darsi al lipstick compulsivo. Interessante vedere anche la registrazione del promo poco prima di uscire, quando un po’ tutti stanno per esalare l’ultimo respiro.
Detto questo, il talk passa ai miei occhi in secondo piano. Quel che più mi preme è scoprire i movimenti degli assistenti di studio, vedere come funzione l’istigazione obbligatoria alla claque, scorgere qualche avventore degno di nota come Carlo Rossella e Davide Parenti. Ma, soprattutto, il vero piatto forte dell’esperienza sta nelle conoscenze e rivelazioni del backstage. Perchè il pubblico a tenere banco in uno studio televisivo è una fiera di varia umanità in cui poter trovare chiunque, dal gruppo di attempate signore arrivate direttamente dalla Sardegna e pronte a tenere a bada la propria incontinenza ad un trio di romanacce disperate dallo spiccato senso dell’umorismo. Diversi esponenti del popolo, che è poi il pubblico vero, si fregiano dell’iscrizione all’ufficio di collocamento dello spettacolo per arrotondare lo stipendio mensile e poter dire di averne viste di tutti i colori. C’è Catena Fiorello, ad esempio, che la nipote di un’astante è andata a vedere al suo Blog – Reazioni a catena, lamentandosi del fatto che “se fermava ogni cinque minuti”. Poi qualcun altro racconta a caldo l’esperienza dell’ultima puntata di Distraction. Ebbene sì, la nuova edizione condotta da Enrico Papi è stata già interamente registrata e, stando alle anticipazioni, non dovrebbe esserci nessuna valletta ex pupa o già conosciuta. Per il resto, è interessante avere delle note di colore, come ad esempio la comodità delle poltrone di Affari Tuoi rispetto al fastidio procurato dalle tribune di Matrix (il sottoscritto ve lo può confermare).
Se a tutto questo ci aggiungete annotazioni splendidamente veraci come quella rivolta ad un Walter Nudo di primo pelo (‘anvedi chi è arrivato dal Louvre, a Gioconda!‘), lo spettacolo è assicurato.
E capisci che in fondo, pruriti di coscienza a parte, la televisione è tutta qui ma il potere di chi ci lavora è molto di più: sta nel riuscire a creare un’identità di appartenenza. C’è chi in quegli studi si ri-incontra e chi alla lunga si stanca di aspettare (dalle 16.00 abbiamo finito alle 20.30), eppure si continua ad andarci fino a non poterne fare più a meno.
Finchè è intrattenimento, passione e condivisione, la scatola animata non può che lasciare un ricordo positivo, in chi vi ha assistito da testimone estraneo ai fatti per poi ritornarsene a casa propria, nella vita vera.