Colori fluo. Un titolo pasoliniano riportato anche in trascrizione fonetica. Un’infografica ricca di dati d’impatto in una scenografia tanto onirica quanto futuristica. Un conduttore-narratore che “tocca con mano” i problemi, impugnando oggetti che esemplificano i temi dei singoli filmati. Sono solo alcuni degli aspetti accattivanti del solo programma-rivelazione di quest’estate televisiva, il vero fiore all’occhiello di un servizio pubblico “Aperto per ferie”.
Si intitolava così la seconda puntata trasmessa ieri di Petrolio, il magazine di approfondimento giornalistico condotto da Duilio Giammaria premiato da un ottimo riscontro di pubblico: 1 milione di spettatori praticamente sfiorato e ben il 10% di share.
Il conduttore di Unomattina, che in daytime è talmente professionale da peccare un po’ di naturalezza, trova nella seconda serata sperimentale il suo habitat naturale. Calza a pennello, infatti, il doppio ruolo di narratore divulgativo e reporter coraggioso, disposto a far luce su magagne che altri evitano con cura.
La puntata di Petrolio di ieri è riuscita a fotografare, a 360°, le pecche della gestione italica delle ricchezze nostrane, guardando prima di tutto alle ripercussioni sul turismo. Il tutto senza populismo ma con lucido realismo, racchiuso in interrogativi penetranti come: “Stiamo facendo affari o svendendo gli affari di famiglia? C’è un’Italia che si fa comprare”.
Giammaria è andato a Firenze per intervistare personalmente Matteo Renzi, che per primo ha centrato il problema:
“L’Italia è gestita in maniera ottocentesca, con le sovrintendenze. Dobbiamo imparare a venderci meglio senza svenderci. La burocrazia è un disastro totale. Io per decidere il cambiamento di destinazione urbanistica di un parcheggio ci metto 400 giorni, ho da sentire la Regione, la Provincia, lo Stato, la comunità montana, il consorzio di bonifica, l’autorità di bacino. Ci sono queste grandi riunioni che per me sono terapie di gruppo, si chiamano le conferenze dei servizi, dove tutti vengono, parlano, mettono bocca. Questo Paese ha bisogno di semplicità”.
Poi il sindaco di Firenze ha, così, commentato il fenomeno delle molte aziende italiane in vendita:
“Gucci oggi è di proprietà di un signora francese, ma totalmente basata sull’italianità. Per questo non vedo un problema nel fatto che investano dall’estero. Non mi preoccupa se mantengono il made in Italy. Certo, significa che non ci sono stati imprenditori italiani che hanno resistito”.
L’inchiesta è proseguita gettando luce su un nuovo business fiorentino, quello degli eventi organizzati dai privati e dei musei in affitto, dando voce ai negozianti del posto.
Sempre per non far sconti a nessuno, Petrolio ha denunciato alcuni esempi di “come possono andare le cose male nel nostro Paese”, a partire dai “mostri di immobilismo che si trovano in pieni centri storici”, in balia di “cattivi amministratori che sprecano le nostre risorse”.
Petrolio si è posto, ancora una volta, domande temerarie:
“Il futuro si gioca sul brand. Ma oltre il brand che cosa c’è? Esistono anche qui luoghi invisibili, incompiuti, che vanno oltre gli interessi strettamente locali?”
Dalla città d’arte si è passata alla Sardegna, “dove sono finiti i tempi delle starlette e di qualche sconclusionato”. Dopo aver rivisto i fasti dell’era di Lele Mora, con un suo ennesimo contributo recente, abbiamo scoperto che Flavio Briatore ha venduto il 50% del Billionaire a un gruppo di Singapore. E che non nasconde di “tenere” grazie ai ricchi stranieri:
“Qui riusciamo almeno a non perdere. Al Billionaire vengono tutti i pochi turisti che sono in Sardegna. Negli ultimi cinque anni credo che il turismo sia calato di un 70%. Noi abbiamo i giovani che sono i figli dei ricchi stranieri, mentre i genitori multimilionari stanno nelle loro ville”.
Grazie al contributo di un immobiliare, abbiamo visto ville stimate sui 10-12 milioni di euro, ma “gli italiani non si vedono, solo russi o arabi”.
Il viaggio si è, quindi, spostato in senso comparato a Parigi, definita un binario vivo per la sua capacità di recupero di zone abbandonate e di rilancio dell’artigianato in spazio pubblico. La Francia ha, inoltre, tolto all’Italia il primato di Paese europeo leader nel turismo (noi in pochi anni siamo crollati dal primo al quinto posto). Il segreto? “Loro sanno fare sistema”.
Infine, non poteva mancare il punto di vista di Venezia, dove il “turismo è diventato invadente, supera per quantità quello dei veneziani che ci abitano, ma espelle dalla città tutte le attività per gli abitanti. Sempre più alberghi, più ristoranti, sempre meno servizi al cittadino stanziale”.
Il programma si è concluso con la seguente sentenza moraleggiante, ma ficcante di Giammaria.
“Siamo andati in cerca di petrolio, un po’ l’abbiamo trovato, un po’ l’ha usato chi l’ha saputo trovare meglio di noi. Dobbiamo ritrovare l’orgoglio del marchio Italia. La prossima settimana andremo alla scoperta di altri giacimenti”.
Morale della favola? Questo programma, fatto con i servizi di giovani videomaker che finalmente possono svecchiare l’approfondimento su RaiUno, è un vero gioiellino. Difficile pensare a una sua riconferma settimanale durante l’anno, visto che ogni puntata richiede un’enorme lavorazione.
L’auspicio del sottoscritto è che Petrolio segua l’esempio di SuperQuark, programma di qualità proposto durante le strenne o in estate con degli speciali confezionati a dovere. La seconda serata di RaiUno ha bisogno di trovare delle alternative a Porta a porta e questa è stata talmente dirompente, da meritare di essere valorizzata nel prossimo futuro.
Petrolio Aperto per ferie: la seconda puntata