Massimo Giletti: “Non ho nessun appoggio politico. Costo due lire e porto share”
Il conduttore rivendica la capacità da parte de L’Arena di rinnovarsi negli anni.
Massimo Giletti in un’intervista rilasciata a Alessandra Comazzi de La Stampa ha confessato che “mi piacerebbe lavorare alla radio”, non escludendo così che possa unirsi all’esodo già avviato recentemente da Costanzo e Minoli e, in precedenza, da Giusti e Chiambretti (solo per citarne alcuni). Il conduttore di Rai1 ha però anche svelato qualcosa di simile ad un nuovo format televisivo che vorrebbe rendere realtà prossimamente e al quale, chissà, sta lavorando.
Mi piacerebbe occuparmi di carcere. In ogni puntata porterei qualcuno dentro la galera, per raccontare ai detenuti e alle guardie, che spesso sono detenute pure loro, che cosa succede fuori. Pensi Fiorello in prigione, o il ministro di Grazia e Giustizia. E poi Totti, De Sica, la Ferilli. Per raccontare. Ogni volta un piccolo evento, con rispetto e semplicità.
Idea non male, anche se ci chiediamo cosa possa raccontare Totti della realtà, quella vera, cioè quella che le famiglie dei detenuti vivono quotidianamente. Non sarà un po’ troppo rischioso affidare a privilegiati il racconto delle difficoltà che attendono i carcerati al di fuori delle case circondariali? A meno che, come la storia della tv insegna, non si edulcori l’incontro, limitandosi all’entusiasmo del fan che per la prima volta vede di persona il suo beniamino.
Torniamo però alle parole di Giletti, il quale ha detto di non sentirsi stanco di essere ancora al timone de L’Arena, che nel 2014 compirà 10 anni:
No, perché ogni domenica siamo nuovi. Bisogna essere umili, azzerare, ricominciare, ammettere di aver sbagliato. La mia passione è rimasta, per fortuna, e la credibilità pure, ma la trasmissione è cambiata tanto e tante volte. E siamo sempre riusciti a cambiare un po’ prima che il pubblico si stufasse. Per esempio: i nostri piccoli filmati-inchiesta che lanciano il tema sono passati da quattro a nove. Siamo in grado di arrivare su un fatto appena è avvenuto e di portarlo immediatamente in onda. E’ necessaria una macchina veloce che non perde tempo, poche persone ma forti. Ho sempre cercato di investire sulla qualità delle persone e sul prodotto. Mentre adesso si ha il controllo del prodotto attraverso il controllo delle persone. Inoltre, all’Arena, sono cambiati i toni.
Il conduttore, cresciuto nella squadra di Giovanni Minoli, ha quindi rivendicato la sua totale autonomia dal mondo della politica spiegando che “non mi appoggio a nessuna sponda politica” e assicurando che “nuoto da solo e son contento”. Giletti ha insomma osservato che “gli ascolti sono la mia sopravvivenza” e che “nessuno mi ha mai detto chi invitare”:
Quando si fanno 4 milioni 200 mila spettatori e il 22 per cento di share la domenica pomeriggio è difficile che qualcuno pensi di rovinare un prodotto forte.
Infine, la nota dolente. La famosa prima serata dalla quale Giletti manca, eccezione fatta per gli speciali e per gli eventi di cui è stato conduttore nelle ultime stagioni. Perché sebbene “costo due lire e porto share”, l’ex pupillo di Michele Guardì non riesce a trovare un format adatto al prime time dai tempi del comunque imbarazzante ritorno in tv di Beato tra le donne nell’estate del 2003. O forse non riesce a trovare il coraggio di sperimentare:
Se non è una cosa in cui credo, non me l’ha mica ordinato il medico di andare in prima serata. Fare informazione a quell’ora è difficile: non basta mettere sei persone intorno a un tavolo per realizzare un talk. Devi essere come Santoro, avere le spalle larghe, sempre al limite. Si può fare in Rai così? Non credo. Ne parlerò con il direttore Leone ma sono prudente: sto su una rete, Raiuno, che non può permettersi il 12 per cento.
Frasi che contengono un’accusa alla tv pubblica. Che non può permettersi di realizzare programmi al limite. Che non può permettersi battitori liberi come Santoro. Il che è fin troppo evidente; ma se a dirlo è uno dei suoi massimi interpreti suona diversamente.