Alessio Vinci: “A Matrix io, non Sottile. Con Berlusconi ho fatto una caxxata, ma sarei lo stesso con Hitler. In vita mia ho votato solo mio padre. Vorrei altre puntate sul posto fisso noioso”
Il conduttore della seconda serata di Canale5 resta al suo posto.
“Ho imparato a mettermi in Salvo”. Così il buon Andrea Scarpa, su Vanity Fair, titola l’intervista rilasciatagli da Alessio Vinci. Aggiungendo che “schivare i colpi, per uno che ha fatto il reporter di guerra, non è stato facile. Compresi gli ultimi, arrivati da vicino”. Stando al giornalista, “gira la voce che a Salvo Sottile piacerebbe tanto fare Matrix”. Così il titolare vuota il sacco:
“Ho sentito anch’io. Ma sono tranquillo: si dicono tante cose da quando sono arrivato, tre anni e mezzo fa, e da allora sono sempre al mio posto. Sto già organizzando la prossima stagione, puntando all’interazione con il Web. L’azienda mi ha rinconfermato, Mediaset vuole Matrix così come lo faccio io. Anche quest’anno, nonostante il calo generale, gli ascolti sono andati bene. Riguardo a Salvo, io e lui siamo diversi per carattere ed esperienza, credo che potrebbe fare Matrix soltanto se l’azienda decidesse di cambiare indirizzo editoriale. Cosa che, al momento, non mi sembra in discussione”.
Vinci si professa un professionista leale, che lavorando a Roma e non facendo vita aziendale non ha “clan né padrini”. Se inizialmente sentiva spesso il Direttore dell’Informazione Mediaset, Mauro Crippa, ora lo fa solo due volte al mese perché “non c’è più necessità. Mi chiede solo chi sono gli ospiti politici. Quando c’è stato Formigoni mi ha detto ‘Mi raccomando’. Niente più”.
Ritroviamo un Alessio Vinci schietto, come in un’intervista del 2011 a Libero, a cui confessò di guardare Report e Sky e di voler condurre Top Gear per dire tutto quello che pensa. A chi gli dà del giornalista servile, da Marco Travaglio che l’ha ribattezzato Alecco Vinci a Dagospia che lo chiama Cat-Alessio, lui risponde:
Foto apertura | © TM News.
«Non avrei preconcetti neanche con Hitler»
“Sono arrivato a Mediaset, al posto di Mentana, senza essere conosciuto, in un momento caldissimo nella guerra tra berlusconiani e antiberlusconiani. Forse qualcuno si aspettava che mandassi a quel paese Piersilvio, ma non credo che ribellarsi al proprio editore si il modo migliore di essere un giornalista libero. Io provo a esserlo con il mio lavoro, sempre. Anche se so di aver fatto una cazzata. Nel presentare Berlusconi, dicendo che portava la luce nella notte più buia degli ultimi 400 anni, mi sono espresso male. Ho fatto circa 400 puntate di Matrix senza errori e se devo passare per servile perché ho fatto un’introduzione sbagliata, non ci sto. E poi ogni volta che ho detto qualcosa che poteva essere interpretato a favore di Berlusconi, in azienda sono stato molto criticato. Io dovevo, e devo essere, quello fuori dai soliti giochi. Io faccio domande, non giudico, non ho preconcetti. Anche con un folle come Hitler avrei fatto così. Il mio modo di fare giornalismo, che può anche non piacere, è questo. Non lo cambio”.
Vinci aggiunge di non parlare con Mentana da quando è arrivato a Matrix. Loro erano amici più che colleghi, poi dice che “sono stati entrambi molto impegnati ad avere successo nei rispettivi campi”. Se lo chiamassero a La7 troverebbe divertente lavorare con lui e non crede che riceverebbe un veto dall’Enrico nazionale.
«Rifarei altre puntate sul posto fisso. Io guadagno molto bene»
Poi dice che, se gli chiedessero di dirigere il Tg4, gli dispiacerebbe lasciare Matrix: “per farlo dovrebbero insistere tanto, ma le offerte di lavoro si valutano tutte. Con me deve ancora esprimere il suo potenziale. Vorrei fare ancora tante puntate con Mario Monti che dice che il posto fisso è noioso”.
Peccato che lui sia legato a Mediaset da un “noioso” contratto da vicedirettore a tempo indeterminato, che l’azienda gli ha fatto “per motivi pratici”. Dice di non aver paura del mercato, essendo stato per vent’anni con contratti che scadevano ogni due. E ammette di guadagnare molto bene, ma non vuole specificare quanto, dal momento che “in Italia chi ha successo non viene visto bene”.
«Severgnini lasciò lo studio senza motivo»
A raccomandare la sua compagna, Juliey Linley, al Corriere della Sera per avere un blog tutto suo dice di non essere stato lui, ma Beppe Severgnini, che conosce da tempo. Prima che però litigassero:
“Nel gennaio 2011, durante una puntata sulla libertà di stampa, se n’è andato senza motivo. Ci sono rimasto male. Avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, ha preferito il gesto plateale”.
In realtà un motivo c’era: in studio si censurava un suo articolo duro sul Rubygate, opponendogli una versione dei fatti via rvm più edulcorata.
Dall’intervista, inoltre, scopriamo che suo padre Enrico Vinci è un ex segretario generale del Parlamento Europeo di Strasburgo:
“Sono totalmente incosciente. Mio padre in Europa poteva farmi fare qualsiasi cosa perché era molto potente, eppure me ne sono andato in America. Poi a Mosca, senza conoscere il russo, a Berlino, Belgrado. E adesso a Roma, non avendo mai vissuto in Italia. E’ più difficile muoversi qui che in una zona di guerra. In una zona di guerra, dopo aver preso una decisione, si vede subito quello che succede, in Italia può tornarti addosso qualsiasi cosa, da qualsiasi parte. E’ tutto più imprevedibile”.
«Ho votato una volta sola, mio padre»
Quanto alla vita privata dice di non esseri mai drogato, tranne una volta che a Mosca provò un po’ di lsd, ma non gli fece effetto. Con le donne dice di essere stato sempre fortunato e di non aver mai speso un soldo. Per il resto non va a votare:
“In Italia l’ho fatto soltanto una volta per mio padre, che si presentò per l’Ulivo e non fu eletto. In politica non scenderei mai perché amo troppo il mio mestiere. E poi ci vuole una buona stampa. Io, finora, non l’ho avuta”.
Con queste risposte ci credo.