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APPUNTI SULLA POST TELEVISIONE (1)

Simpatizzante (e amico) di Fiorello quale sono, godo del suo successo. La sera di domenica 19, la sera della grandinata di ascolti per lui e la sua banda, l’ho sentito alla radio, mentre guidavo. Era a lui, il Fior Fiore della Tv, a guidarmi nel buio e nella notte. Era a lui a consolarmi dai

20 Novembre 2006 12:14

fiorello viva radio due raiunoSimpatizzante (e amico) di Fiorello quale sono, godo del suo successo. La sera di domenica 19, la sera della grandinata di ascolti per lui e la sua banda, l’ho sentito alla radio, mentre guidavo. Era a lui, il Fior Fiore della Tv, a guidarmi nel buio e nella notte. Era a lui a consolarmi dai dispiaceri della giornata sportiva (soffro col Milan), delle risse organizzate nei contenitori del pomeriggio domenicale, delle lotte per gli ascolti a colpi di accetta, della vacuità dei dibattiti sulle tv che scoprono da ogni parte tromboni moralisti pronti a salire in cattedra o in pulpito, del vittimismo di certi conduttori o giornalisti o commentatori (il vittimismo infantile è la nuova conquista del televisionismo direbbe l’obsoleto Lenin).
Godo per il Fior Fiore, e mi preoccupo. Lo vedo all’università, seduto accanto al professore, che seduce centinaia di studenti e li aiuta a dimenticare non tanto la fatica dello studio quanto le trappole delle situazione scolastica e occupazionale in Italia. Lo vedo nella pubblicità che imita, a spese della Fiat, il fumatore d’assalto Andrea Camilleri che deve alla nicotina la sua straordinaria verve; e magari trascura le bellissime cose che potrebbe fare ad esempio per il nostro esangue cinema(lo ricordate in ” Mr. Ripley” di Minghella mentre canta una canzone di Renato Carosone?). Lo vedo qua e là a far da prezzemolino nei tg o nei sottotg o nei paratg, ovvero le tv che sono a caccia di preda in nome del gossip o del varietà fuori scena.
Godo e mi illudo. Ci tengo. Mi struggo. Finora Fiorello ha saputo amministrare molto bene l’eredità dei suoi primi successi, dal karaoke agli spettacoli (bellissimi, una miniera di idee e di divertimento) del sabato sera, lavorando di fino ,con prudenza. Si è concesso con misura e ha scelto la radio, Radio2Rai,per praticare la sola strada che deve importare a un artista vero qual è lui: darsi divertendo e soprattutto divertendosi lui stesso, lasciare friggere il video nelle sue padelle e ritrovare il gusto di un rapporto diretto con la creatività, la leggerezza, lo spumante di un programma che se non si improvvisa dà la sensazione di improvvisare. Detto questo, ecco, non vorrei che le persone intorno a lui lo spingessero -per egoismi di ascolto o di vittoria facile -a ricadere nel vero pericolo delle tv: l’arborismo, malattia senile del televisionismo, di cui Renzo Arbore peraltro non ha alcuna colpa.
Arborismo- secondo una sperimentazione fatta nel tempo- vuol dire che un grande personaggio di popolarità fuori del comune, amato dai critici e dagli intellò, oltre che masse di spettatori più o meno numerose, portato sugli scudi dai giornali e dalla stampa che condisce volentieri notizie e commenti con il cazzeggio obbligatorio più che libero, può diventare a un certo punto della sua mirabolante carriera una coperta elastica che ognuno tira dalla sua parte e tutti questi finiscono per logorarla.
L’arborismo ha come caratteristica la capacità di coniugare, ovvero mescolare, la sapida e maliziosa ironia goliardica con le reminescenze del cinema e il teatro d’antan (Renzo adopera viso e naso come faceva Totò), il fascino delle struggenti canzoni napoletane con la parodia delle canzoni sanremesi e le trasfusioni di tumultuoso sangue rock. E’ insomma un miracolo di sincretismo, cioè di fusione tra le diverse “religioni” dello spettacolo.
Ma l’arborismo non lo ha inventato Renzo, glielo hanno appiccicato addosso gli opinionisti e quelle zone di pubblico specializzato che vive per creare delle icone, icone che sventola ad ogni piè sospinto per renderle obbligatoria, vincolati, chiedendo ai dirigenti delle tv overdose della medicina per l’abituale spleen da piccolo schermo o comunque da massmedia. Tanto è vero che Renzo ci ha marciato- facendo del cinema- ma, siccome è un artista intelligente, ha poi ripiegato con saggezza sulla orchestra italiana e sui programmi “per pochi”, con la speranza che divenga anche per pochi sì ma anche per i molti che non sanno apprezzare.
Non buttategli, non buttiamogli addosso a Fiore il fiorellismo, qualcosa che rappresenta una minaccia concreta nella mediocrità circostante nelle comunicazione d’oggidì, qualcosa che può trasformare le volute spiritose, vive, simpatiche, cordiali di Fiore nella camicia di forza cucita dagli ammiratori smodati o dai profittatori eternamente bisognosi (nei palazzi delle tv) della legittimazione del successo che si trovano tra le mani e che pensano di sfruttare, così, alla brava, alla buona, alla ruffiana.
Il fiorellismo come l’arborismo è fatto di citazioni del passato e di schegge del presente (un presente più aggiornato di quello di Renzo); dei lasciti di un mondo dialettale che ha una funzione dirompente nel linguaggio balbettante e agloaziendaldemente in cui ci dibattiamo; di una verve personale che s’intreccia con una qualità mimetica sempre in perfetto equilibrio, di una capacità rara di interagire con i compagni di scena che non sono solo “spalle” (“spalla”, vecchia figura del varietà, Castellani per Totò, tanto per capirci) ma sono comprimari di soccorso e di condivisione del divertimento. Tutte qualità, tutte risorse preziose.
Per andare alla post-televisione. Il tema che ci interessa qui. L’arborismo era la neotelevisione (odio le formule!), il fiorellismo sta nel guado; ma non può e non deve diventare rapidamente antiquariato, o meglio modernariato, abito di moda insaporito dalla polvere dell’unanimità dei consensi. La post televisione è, per quanto riguarda il nostro paesello, l’uscita dalla concorrenza tra le due tv generaliste principali, spesso una falsa concorrenza poichè l’una si specchia nell’altra; il congedo sperabile dai conduttori-presentatori-opinionisti galvanizzati solo dalle tv; il funerale delle tv che creano dittature, dominano e dilagano, gettando limoni e piantandone altri; la fine dell’autoreferenzialità e dell’autarchia (carriere costruite dentro le strutture: ad esempio, da velina a diva; ma quando mai?); la lotta alla mediocrità.
Tempo fa scrissi un libro intitolato “I mass-mediocri”. Nel senso di mediocri che sono, che si creano o vengono creati. Nomi quasi tutti compresi nelle enciclopedie della banalità.
Fiore fai un fioretto: prometti che non ti lascerai mai lusingare e che entrerai nella post televisione dalla porta principale: grazia e talento, qualità che possiedi, e che puoi custodire e migliorare. Attento!
ITALO MOSCATI

Rai 1