La Tv del cuore – Tiberio Timperi: Dal bianco e nero al colore fino a quel puntino bianco
Nuova puntata della nostra rubrica “La Tv del cuore” che vede oggi protagonista il conduttore del mattino del week end di Rai1 Tiberio Timperi.
Con Timperi, più che soffermarci su una singola emissione, faremo un viaggio nella programmazione televisiva degli anni ’70, periodo quello a cui è sentimentalmente legato il conduttore di Unomattina in famiglia. Un modo questo per ricordare quell’epoca televisiva, che seppur fosse trasmessa in bianco e nero, per Timperi e non solo per lui, raccoglie tutt’ora i ricordi più vividi e colorati della memoria del proprio cuore.
La Tv del Cuore di Tiberio Timperi
Dal bianco e nero al colore fino a quel puntino bianco che risucchiava le mille e cinquanta sfumature di grigio
Chiedere a chi fa televisione quale sia il suo programma preferito e’ un po come la domanda della zia, carica di rossetto e cipria, che cerca di estorcere al nipote se voglia piu’ bene alla mamma o al papa’.
Fatta questa doverosa premessa, e ricordato che mio papa’ lavorava in Rai come tecnico del settore sviluppo e stampa, mi incaglio subito davanti alla mole dei ricordi di un appartenente alla leva calcistica del ’64. Negli anni ’70, va ricordato, non c’erano videogiochi, social network, tablet o smartphone. Andava di moda l’enciclopedia britannica ma non i corsi di inglese. E non era neanche esplosa la moda salutistica delle palestre. Per cui, il pomeriggio e, ovviamente la sera, si stava a casa. Appagata la creativita’ con i Lego, esaurite le energie con i pattini a quattro ruote, due davanti e due di dietro, inevitabile la sosta, meglio, l’accampamento davanti la tv.
E che tv. Un monumentale White Wenstinghouse che andava riscaldato prima di essere acceso. Compito che spettava al trasformatore, pesante accessorio che stazionava al piano inferiore del carrello impiallacciato palissandro. L’oggetto incuteva terrore. Al pari della sigla di chiusura, la ragnatela tra le nuvole con una inquietante musica. O l’enigmatico monoscopio con il suo mutismo monotono. Alle 5 del pomeriggio iniziava la tv dei ragazzi. E non faceva ne’ Boing ne’ Gulp. L’appuntamento era con Febo Conti e il “Chissa’ chi lo sa”. Musica, quiz e ragazzi. Inevitabile identificarsi con loro. E scontato il traghettamento al successivo Dirodorlando con Ettore Andenna e la valanga di acrostici. Era la televisione che sperimentava i conduttori d’estate in programmi minori o alla tv dei ragazzi e poi li promuoveva a impegni piu’ tosti. Come “Giochi senza frontiere”. Una miriade di conduttori, una valanga di giochi e Guido Olivieri con Gennaro Pancaldi che non riesci ad immaginarteli se non nella veste di arbitri. Anche a casa. Con le inevitabili culate degli italiani che perdevano sempre sulle piste saponate, anche se giocavano il Fil Rouge. Altro che Wipe Out su K2 con i pur eccellenti Lillo e Greg.
Un altro dei miei appuntamenti preferiti era con “Queste pazze, pazze, comiche” che se la memoria non inganna, andava in onda al sabato. Giusto il tempo di rientrare da scuola, accendere, scoperchiare il piatto con la pasta ancora calda fatta da mamma e godersi il siparietto di un grande Renzo Palmer che introduceva Ben Turpin, Stanlio e Ollio o Buster Keaton. Tutto rigorosamente in bianco e nero, si intende. E sempre alla tv in bianco e nero appartiene uno dei miei sceneggiati preferiti: A come Andromeda, con una superba Paola Pitagora, un intenso e tormentato Luigi Vannucchi e i due granitici Tino Carraro e Giampiero Albertini.
Ai miei tempi il telecomando elettronico era pura eresia. C’era quello umano: cioe’ io. Almeno cosi’ era per mio padre. Ricordo ancora la lotta che si accendeva tra noi ogni giovedi sera quando sul primo c’era Gulp, fumetti in tv di Governi-De Maria e Mike Bongiorno con il Rischiatutto sul secondo. Badate bene. Sul primo e sul secondo. Non Raiuno o Raidue. Manco a dirlo, in un’Italia pervicacemente e tenacemennte democristiana, vinceva l’arte del compromesso. A me i primi due cartoni, dieci minuti in tutto, e a mio padre invece il Rischiatutto subito dopo le domande iniziali, one to one, con la Ciuffini sparring partner tra Mike e il concorrente. Mia madre invece, in cucina a fare le parole crociate e a rigovernare…
Il secondo, nel senso di televisore, si materializzo’ solo qualche anno dopo. Mica come oggi che il plasma alberga anche in bagno. Poi, un bel giorno, il colore. L’avevo gia’ visto in vacanza, a Selva di Val Gardena, dove l’albergatore diffondeva le immagini della tivu’ svizzera. Gara di sci, a colori. Ricordo indelebile. Piu’ che alta definizione, alta emozione.
E a proposito di emozioni e ricordi, scorre veloce il film delle domeniche di austerity dove si stava a casa con Corrado, un nipote, Carletto , perennemente incontinente e il gatto Briscolone. Con Arsenio Lupin o Attenti a quei due, telefilm d.o.c. a spezzare il pomeriggio prima di Novantesimo Minuto e a ricordarci che eravamo in zona Cesarini per i compiti di scuola.
Gia’, Novantesimo Minuto. Valenti e Barendson, il dinamico duo, un po’ come Batman e Robin. E i collegamenti fatti di sport certo, ma anche spettacolo. Giannini, Vasino e Necco i tre moschettieri che ti inchiodavano con le loro partigianerie neanche tanto velate e che, soprattutto, ti saziavano di calcio in un giorno solo. Non come oggj che piu’ che un campionato di calcio, sembra un coitus interruptus a ciclo continuo. Ma dove i ricordi, non quelli indotti da Techetechetè o ravvivati da tagli ritaglie e frattaglie si fanno piu’ intensi, e’ con Enzo Tortora e il suo Portobello. Forse, proprio guardando Tortora, ammirandolo, emozionandomi con lui, presi l’inconscia decisione che un giorno anche io avrei fatto quel tipo di mestieraccio. Il seme, in verita’, lo aveva gettato anni prima Piero Angela, con una disinvolta e per niente paludata conduzione del telegiornale. Ricordo ancora un’edizione dove, per augurarci buone vacanze, tirava fuori da sotto la scrivania, una valigia…
Grande Piero.
Ecco, Enzo Tortora fece crescere amorevolmente quel seme. Parlava di sentimenti senza giocarci. Si fermava un attimo prima, con un pudore oggi sconosciuto. Ci faceva emozionare con classe. O sorridere, quando con la sua proverbiale impertinenza, sbeffeggiava elegantemente quel signore che voleva tirare giu’ il passo del Turchino per togliere la nebbia in Val Padana… Una trasmissione, la sua, ripetitivo ma doveroso scriverlo, madre di gran parte di tutta la televisione che, partendo da Portobello e’ arrivata fino ai giorni nostri. Facendo di tante piccole costole, grandi format. Ribaltando cosi l’antico detto del mater semper certa.
Tortora, elegante e puntuto. Ma anche Andrea Barbato, felpato, ironico ed elegante in un processo (alto) alla televisione, Fluff, antesignano di tante carabattole quotidiane. Gemma del diadema di una Raitre che ha partorito anche il talento mai banale di Piero Chiambretti.
Potrei continuare ma non voglio abusare dell’ospitalita’. Magari un giorno ci scrivero’ un libro, sperando che qualcuno abbia voglia di leggerlo e riconoscervisi. Per ora chiudo. Con quel puntino bianco che appariva quando spegnevi il televisore e che risucchiava le mille e cinquanta sfumature del grigio di allora. E noi, imberbi vagamente odoranti di puberta’, intenti a fantasticare, inconsapevoli, sull’ombelico della Carra’.
Tiberio Timperi