La fuga di Teresa: lo scarso ritmo non salva nessuna delle tematiche del racconto
La fuga di Teresa, il film-tv di Mai per amore, con poco ritmo non si è giocato bene le tematiche che ha raccontato, che avrebbero potuto costruire una trama più scorrevole e convincente
Depressione, violenza, necessità di dominio sulle persone intorno a sè: questi i temi de “La fuga di Teresa”, il film-tv di Raiuno del ciclo “Mai per amore”. Temi che, però, non riescono a rendere il pathos necessario per convincere il pubblico ed appassionarlo alla vicenda di Laura (Stefania Rocca). Eppure, di carne al fuoco ce n’era.
C’era, innanzitutto, il tema della depressione, la malattia vissuta dalla madre di Teresa (Nina Torresi) senza però accorgersi di essere malata. Sarà questa la molla che la porterà al suicidio, intorno al quale si sviluppa l’ “indagine” della protagonista. Poi, la violenza del marito Stefano (Alessio Boni) nei confronti della moglie, una violenza più psicologica che fisica, che porta la donna a sentirsi prigioniera e priva dell’indipendenza necessaria per sentirsi serena.
Sono queste due le tematiche principali del film, a cui si aggiunga quello dell’educazione dei figli: se da una parte Teresa e la sorella devono subire le regole del padre (dalla medicina per dormire la sera al buon comportamento da tenere), dall’altra c’è Miki (Alessandro Sperduti), ragazzo che aiuta Teresa nella sua ricerca della verità e di cui scorgiamo un frammento di rapporto con la madre, del tutto diverso e molto più basato sulla fiducia rispetto a quello della protagonista col padre.
La fuga di Teresa, il film-tv di Mai per amore
Cosa non ha funzionato? Se nei film precedenti il ritmo era più sostenuto, grazie ad una serie di vicende che, susseguendosi a catena, scatenevano il fatto saliente della trama, qui il percorso è a ritroso: l’evento principale avviene all’inizio, e poi si procede fino alle origini. Questo schema, però, non ha reso quanto si sperasse.
Così, ci ritroviamo di fronte ad un film carico di messaggi, dedicato alle donne che non riescono a ribellarsi di fronte all’autorità di un marito troppo presente nelle loro decisioni, che però con appassiona. L’immedesimazione nella figlia, che vuole sapere la verità, manca, ed anche il finale, che mostra una maggiore dinamicità rispetto al resto del film, non serve a raggiungere il pubblico.
Il ciclo “Mai per amore”, che fino ad ora ci aveva regalato dei film non perfetti ma che si facevano vedere senza troppo impegno, inciampa nello scarso ritmo e nella lentezza di una regia che, volendo sottolineare così tante tematiche, non riesce a centrarle come avrebbe potuto.