Drive In, apripista storico della Neo TV
L’incentivo di un nostro lettore ci ha spinti a saperne (e a farne sapere) di più. Drive in, infatti, ha segnato storicamente l’avvento della tv commerciale e non a caso il recente Dizionario della televisione a cura di Joseph Baroni vi ha dedicato la copertina attribuendovi un valore simbolico. Aldo Grasso, nella sua enciclopedica Storia
L’incentivo di un nostro lettore ci ha spinti a saperne (e a farne sapere) di più.
Drive in, infatti, ha segnato storicamente l’avvento della tv commerciale e non a caso il recente Dizionario della televisione a cura di Joseph Baroni vi ha dedicato la copertina attribuendovi un valore simbolico.
Aldo Grasso, nella sua enciclopedica Storia della Televisione Italiana, lo ha definito un cellophan americano per una comicità tutta italiana, sintetizzando la formula del più popolare e innovativo cabaret televisivo di casa Berlusconi.
A detta del prezioso critico, la forza di Drive In stava nell’ambiguità tra spot e sketch, laddove la liturgia dello show era orchestrata come un lungo Carosello giocato sull’intercambialità tra siparietti e reclame.
Insomma, Drive in è stato l’apripista di una nuova era, quella della Neo Tv, riuscendo a interpretare con intelligenza la filosofia e il peso dell’interruzione pubblicitaria.
A farne una trasmissione di culto, scenari inediti e ricchi di suggestioni moderniste quali lo studio gremito di auto, le prosperose ragazze fast-food simbolo del consumismo usa e getta e un pubblico “paninaro” dalla risata preconfezionata. Lo sfondo ideale per un satira spesso pungente e mordace.
Ma come veniva vissuto a quei tempi dalla critica il fenomeno Drive In?
Scriveva Ugo Buzzolan su La Stampa il 12 maggio 1987, quando ormai la trasmissione era ben collaudata (aveva esordito nel 1983 e terminerà nel 1988):
“Lo show ha lanciato in orbita, importandolo dall’America e rielaborandolo in casa, l’humour demenziale a rutoa libera e lo ha corredato di un linguaggio proprio, un vocabolario di folli neologismi in gran parte adottati dai giovanissimi. Sgangheratissima e a corrente alterna, la satira comunque attraverso battute veloci c’è sempre stata e bisogna dire che Ricci non ha timori reverenziali”.
La comicità proposta dalla geniale mente di Antonio Ricci divide gli addetti ai lavori della carta stampata. Giovanni Raboni di Epoca vi esprime un giudizio decisamente riabilitante e attualizzante:
“Preferisco la tivù stupida, o fintamente stupida, perchè la tv è veramente l’altra cosa, da assumere in momenti particolari della giornata, in cerca di non pensiero, di non riflessione. Già così è pericolosa perchè ti sceglie. Se diventa intelligente è la fine: tenderà a sostituirsi come totalità onnivora. Mentre il vero sapere potrà venire solo dai libri, dalla parola scritta”.
Umberto Simonetta de Il Giorno, invece, la stronca su tutta la linea:
“Confesso che verso questo programma, entrato a far parte della storia televisiva nazionale, ho sempre avuto qualche riserva. Riserva che credo legittima e si rivolgeva, più che ai responsabili della trasmissione, a taluni telespettatori. Non c’è niente di più melanconico che vedere delle persone abbondantemente adulte far finta di divertirsi da morire alle rubriche televisive per giovani… Sfido chiunque al mondo, sfido l’intellettuale più perverso, a scovare una seconda lettura in Boldi. In lui c’è una sola lettura. Che basta e avanza”.
E lo stesso Ricci, il longevo ideatore del varietà più innovativo anni ’80, come viveva il rapporto con questa colossale e imprevedibile creatura televisiva?
“Meglio la domenica del sabato, meglio Italia1 che Canale5, meglio la posizione defilata che quella in prima linea. Perchè noi siamo comunque contro e una collocazione ufficiale mi farebbe sospettare di non essere più trasgressivo”.
E’ divertente, oltre che costruttivo, riesumare capitoli cruciali della storia televisiva amata-odiata. A dimostrazione di come cambino le trasmissioni, ma non le ataviche dispute tra alto e basso, che vedono gli stessi personaggi rivendicare alternativamente una posizione di rottura e una di condivisione sardonica (basti pensare all’odierna immagine mediatica di Ricci come macchina da audience di una rete ammiraglia).
Su Drive In ci ritorneremo e, con l’aiuto di Malaparte, ripercorreremo insieme i destini dei superstiti.
Per capire meglio errori e progressi di una televisione che è figlia della pregressa sperimentazione.