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Steve Jobs e lo speciale Agorà – Dall’agiografia al talk brutto

Lo speciale di Agorà: ovvero la televisione inadeguata a parlar del web.

pubblicato 7 Ottobre 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 03:00


Per chi se lo fosse perso come il sottoscritto, lo speciale di Agorà di ieri sera, dedicato alla vita, alla morte e ai miracoli di Steve Jobs, è disponibile, naturalmente, su Rai.tv.

Bisogna parlarne, di questa puntata speciale di Agorà dal titolo Steve Jobs – L’uomo che sussurrava al futuro. Perchè sulla carta è stata, sicuramente, una buona idea, mettere in piedi una puntata simile. Un’idea quasi mai vista. Il “futuro” in prima serata sulla Rai (con il volano trascinatore della morte di uno dei guru dell’informatica. E dell’imprenditoria).

Solo che il risultato è desolante. E non solo per gli indici d’ascolto, che ora verranno utilizzati da qualcuno per dimostrare che non si può parlare di “nuove tecnologie” sulla generalista o per qualche altra amenità. Ma anche per quel che si è e visto.

Un festival del presenzialismo: Carlo Massarini, Antonio Di Bella, Vittorio Zucconi, Riccardo Luna, Valter Veltroni ,
Massimiliano Magrini, Alberto Castelvecchi, Antonio Sofi (resident di Agorà), Luca Sofri, Giulia Innocenzi, Camila Raznovich, Myrta Merlino, Zoro e via dicendo. A un certo punto arriva pure l’onorevole Antonio Palmeri, che ricopre la carica di “responsabile internet PdL” (che deve parlare anche del “bavaglio”, in qualche modo).

Un festival di problemi tecnici (meraviglioso il siparietto involontario dopo che la Innocenzi parla, in maniera molto sommaria, di Mashape e qualcuno in sottofondo dice, a microfoni aperti ma sottovoce, “basta con questa storia”) che qualcuno giustificherà con la diretta improvvisata: ma insomma, è possibile che nel servizio pubblico non si sappia più fare una diretta che fili liscia?

Un festival della santificazione e dell’esagerazione (no, Steve Jobs non ha inventato il mouse).

Anche se qualcuno ci prova, a riportare tutto sul piano della realtà, c’è un’agiografia diffusa; c’è questo abuso della parola rivoluzione. E c’è lo stesso abuso che tutti i media hanno avuto in questi giorni: l’abuso dello stilema genio visionario. Che vale quanto un silenzio urlante, per quel che mi riguarda. Da arresto per vilipendio alla lingua italiana e abusivismo retorico. C’è uno strano svilupparsi di concetti che riguardano crescita o sviluppo e un sovrapporsi di idee e ideologie confuso e faticoso. In uno dei rari momenti lucidi si ricorda che comunque la Apple rappresenta la globalizzazione nel bene e nel male. Grazie, non ce n’eravamo accorti.

Rassegnamoci: la tv così come è concepita da chi la fa, è un mezzo bidimensionale e monolitico. Se deve affrontare l’ipertesto è in affanno. Se deve affrontare le contraddizioni, pure. E fa una gran fatica a parlare di internet, trasformando una buona idea in un talk show mediocre, che alla fine la butta in politica. Nel senso deteriore del termine.

Rai 1