Crossing Lines, ovvero Criminal Minds senza confini (e senza ritmo)
Crossing Lines, la nuova serie tv co-prodotta da alcuni Stati europei e dall’America, sembra ispirarsi a Criminal Minds, ma non ha ritmo. L’Europa cerca una modello produttivo che possa competere nella distribuzione estera, ma deve lavorare ancora
Di “Crossing Lines” ricorderemo sicuramente le buone intenzioni, la volontà di unire le forze di diversi Stati europei e dell’America per abbattere le difficoltà delle spese di produzione per una serie che possa essere appetibile al mercato estero e non rimanere nei confini di una sola Nazione. Del resto, però, ce ne dimenticheremmo presto, a giudicare dalla scarsa partenza dei primi due episodi in onda su Raidue.
Ed Bernero da “Criminal Minds” (di cui è produttore) ha preso in prestito l’idea del gruppo di poliziotti esperti, capaci e sempre in azione: ha lasciato negli Stati Uniti, invece, il ritmo ed i dialoghi che fanno di quasi tutte le serie americane il fiore all’occhiello della lunga serialità al mondo. “Crossing Lines” non è altro che un “Criminal Minds” senza confini, costato tanto (ma comunque di meno rispetto agli show americani) ma non per questo meritevole di particolari apprezzamenti.
Unire le forze produttive e mettere insieme un buon cast (ci fa piacere vedere Gabriella Pession, che però risente del doppiaggio, come sempre accade quando un attore italiano deve doppiare sè stesso) non fa di una serie tv una buona serie. L’idea, quella di copiare a mani basse lo show della Cbs, non regge l’intero plot: non è un caso che in America a trasmettere lo show sarà la Nbc, che da anni cerca un poliziesco capace di avvicinare lo stesso pubblico della rete concorrente. Se il caso di puntata non entusiasma più di tanto, le uniche note positive si possono trovare nell’accenno di trama orizzontale, che potrebbe svilupparsi salvando la serie, sebbene con dieci episodi il ritmo debba aumentare per non perdere pubblico.
D’altra parte, l’Europa non è mai riuscita a realizzare dei crime all’altezza di quelli oltreoceano: anche quelli inglese degli ultimi anni, osannati dalla critica e dal pubblico, hanno dovuto trovare una propria strada, più introspettiva e meno chiassosa, per poter essere seguiti. “Crossing Lines” non riesce neanche a trovare una propria identità, tanto sembra cercare di accaparrarsi la curiosità dei telespettatori con protagonisti che fanno a gara ad essere più intelligenti o più in colpa l’uno dell’altro.
La morale di “Crossing Lines” è semplice: gli europei possono, e devono, unirsi nella produzione di idee che possano arrivare anche nei “temuti” Stati Uniti. Ma se vogliono sbancare davvero, devono superare non solo i confini nazionali, ma anche quelli della semplicità nella quale fanno ambientare le loro vicende. Le potenzialità ci sono, basta trovare il giusto percorso ed ingranare la marcia, senza paura.