Poco più di un anno fa, La7 aveva mandato in onda un programma davvero delicato e interessante, pur appartenendo al genere dei reality-show, dal titolo Mamma ha preso l’aereo. Si parlava di adozioni, un tema poco trattato dalla nostra tv e invece sempre attuale per moltissime famiglie, e lo si faceva in modo “equilibrato”, leggero, ma non superficiale e senza scadere nel voyeurismo gratuito.
Storie di famiglie che, superati i complessi e lunghissimi iter burocratici, riuscivano finalmente a coronare il loro sogno di avere un bambino. Le ansie del viaggio in aereo verso Brasile, Vietnam e tanti altri paesi del mondo, per poter abbracciare la creatura che era stata loro assegnata; il primo incontro, la permanenza nel paese straniero, le difficoltà del primo approccio, della lingua diversa, di una vita precedente completamente sconosciuta e quasi sempre tragica per il bambino. Racconti che in qualche modo lo spettatore poteva sentire “propri”, emozionandosi con i neo-genitori.
Gli ascolti di Mamma ha preso l’aereo non erano stati eccezionali, un po’ come quelli della maggior parte dei programmi di La7 che cercano di fare un pizzico di intrattenimento e non solo informazione, ma la trasmissione avrebbe meritato maggior fortuna per le modalità in cui aveva trattato un argomento tanto importante. Nonostante ciò, La7D ne ha trasmesso ieri sera una puntata speciale con il sottotitolo di “Un anno dopo“.
Mamma ha preso l\’aereo – Un anno dopo
Due esperti dell’ente adozioni, Barbara Di Cursi (psicologa) e Michele Randone (medico di famiglia), sono andati “on the road” per ritrovare alcune delle famiglie che un anno fa si sono formate davanti alle telecamere di La7 in Vietnam, Brasile e Ucraina. Le famiglie – che sicuramente erano rimaste nel cuore di chi aveva seguito il programma – hanno raccontato le difficoltà e le gioie dell’inserimento dei loro bambini e la creazione della nuova famiglia adottiva.
Non è stata per tutti rose e fiori. Chi si è dovuto rivolgere ad esperti educatori per essere seguito in alcuni momenti difficili, chi ha avuto paura ad affrontare con i figli il passato in orfanatrofio, chi ha avuto bisogno di molto tempo per aiutare il bambino ad inserirsi a scuola. Nonostante qualche “aggiustamento”, il programma ha cercato di rappresentare ancora una volta la realtà com’è effettivamente, senza nascondere quanto sia complicato, sia prima che dopo, adottare uno o più bambini.
E’ un esempio che dovrebbero seguire molti programmi, quello di mostrare al pubblico ciò che succede quando le telecamere si spengono.
