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uMan Take control – La fine è vicina?

uMan Take control verso un finale inglorioso? La seconda puntata rischia di confermare il flop

pubblicato 9 Maggio 2011 aggiornato 5 Settembre 2020 06:38


uMan Take Control – foto 6 maggio 2011
uMan Take Control - foto 6 maggio 2011
uMan Take Control - foto 6 maggio 2011
uMan Take Control - foto 6 maggio 2011
uMan Take Control - foto 6 maggio 2011

Potrebbero anche chiuderlo, uMan Take Control. Perché – mentre Bambola Ramona esce dalla porta d’emergenza, senza control, mentre gli spot in tv annunciano che il web è impazzito, ma i contatti sono quelli di un giorno medio di un blog ben seguito – il comunicato stampa che ci arriva – e che molti pubblicano pedissequamente, senza offrire un minimo di riflessione in merito – racconta quali sarebbero le grandi novità di domani sera per risollevare le sorti della trasmissione con una innovativa (sì, ci piacerebbe) seconda puntata.

La macchina della verità, per cominciare. Sì, signore e signori: la macchina della verità è una delle grandi novità per rivoluzionare il kick off-flop. Solo che a uMan take control non ci si può accontentare di fare trash e basta. No, bisogna dare al trash anche un significato socio-culturale. Infatti, la macchina della verità di uMan

proverà a stabilire, non chi tra i concorrenti sia il più vero o il più falso, ma quale sia la loro verità, il loro pensiero più recondito sui valori della vita, quelli sui cui ci si confronta quotidianamente e che prendono spunto dalla realtà sociale e personale come, ad esempio: “consideri l’extracomunitario un essere inferiore? Sei stato fedele. Ma quanto avresti voluto tradire?”

Il che ci porta ad alcune considerazioni: 1) ma a chi importa? 2) non si può fare socio-cultura con un reality show 3) la macchina della verità per rivoluzionare un reality? E’ uno scherzo?
Dovrebbe essere così banale, come ragionamento.

Poi si tenta di spiegare attraverso un esperto criminologo il senso di subordinazione dei concorrenti nei confronti del pubblico. Al che viene da chiedersi: ma i signori autori di uMan take control, hanno visto l’originale? E voi, cari lettori, l’avete visto? No, perché vi assicuro: vale davvero la pena di guardarne qualche puntata – ovviamente non c’è alcuna diretta fiume, per esempio – per capire quanto l’idea originale sia stata tradita. Soprattutto, non si può fare un “esperimento” affatto estremo, spacciarlo per tale e metterci dentro dei reduci da reality, capricciosi e per nulla desiderosi di sottoporsi al programma così come era stato pensato in originale (l’errore, naturalmente, non è loro. Ma di chi ha stravolto il format). Quindi, davvero. Se questa è la novità, allora meglio chiudere qui con tanti saluti a chi c’è stato. Se poi qualcuno volesse prendersi la briga, be’, si può fare qualche altra considerazione sul format originale.

Il quale, non dovendo sottostare alla presunzione di reduci da reality ma utilizzando fra i concorrenti gente comune, era molto più duro.
Non dovendo sottostare alla legge della diretta in studio, proponeva una serie di puntate molto brevi, di montage, persino gradevoli da vedere.
Era strutturato effettivamente per dare la sensazione di un controllo, che invece sembra essere del tutto sfuggito alla versione italiana.

Nella quale si verifica addirittura l’episiodio del confessionale mandato in onda (per errore o volontariamente non si sa), con il colloquio palese fra l’autrice e due concorrenti. Se si tratta di un errore, allora ennesima prova dell’impreparazione con cui si è affrontato il format.

Se si tratta invece di una messa in onda voluta, be’, sembrerebbe – insieme alle “rivelazioni” sugli altri reality show – il tentativo di affossare gli altri reality in un reality. Un tentativo che appare semplicemente fallito. Perché il pubblico del web – visto che è su internet che è andato in onda il tutto – non ha certo bisogno di sentirsi dire che no, non è tutto vero in tv.

E di certo non ha bisogno di sentirselo dire da un reality che pretende di essere unico, estremo, innovativo e che invece tradisce il format originale per diventare un tentativo non riuscito di fare meglio di tutti gli altri.