Ciak, si canta, quando l’Hollywood incontra Viale Mazzini. Belen Rodriguez stecca alla prima, a Facchinetti basta esserci
Con Ciak, si canta l’autoreferenzialità Rai ha raggiunto il massimo dell’indecenza. Premiato a furor di applausometro nella prima puntata, guarda caso, il conduttore di RaiUno più in crisi di tutti, quello che vive solo di sostegno aziendalista e colleziona da un anno ascolti fallimentari: Max Giusti. Tra l’altro, il solo affidare l’esito di una sfida
Con Ciak, si canta l’autoreferenzialità Rai ha raggiunto il massimo dell’indecenza. Premiato a furor di applausometro nella prima puntata, guarda caso, il conduttore di RaiUno più in crisi di tutti, quello che vive solo di sostegno aziendalista e colleziona da un anno ascolti fallimentari: Max Giusti. Tra l’altro, il solo affidare l’esito di una sfida all’applauso in studio – nell’era degli scaldapubblico – è sintomo di una gara al completo sbando. Come nella peggiore delle sfide tarocche, prima viene applaudito – blandamente – Ruggeri e poi la stessa Belen Rodriguez ammette di schierarsi con Giusti, incoraggiando in sala a farlo rimontare.
Quest’ultimo, per questa magra vittoria, ha scomodato persino Mike Bongiorno, profanato stavolta con una gag di dubbio gusto. Il conduttore dei pacchi, infatti, ne ha ricevuto uno contenente una lettera mortuaria, scritta dal patriarca della tv per promuoverlo con allegria dall’Aldilà.
Ma nella serata la contaminazione truzza della Rai (c’è anche la ballerina prosperosa di Amici retrocessa a valletta), mascherata da bombola dell’ossigeno con effetto svecchiante, si è imposta in tutta la sua ipocrisia. In fondo abbiamo visto la tv di stato invasa, come nelle più forzate colonizzazioni, da una tribù di villici a caccia di riabilitazione. Gente, a partire dai conduttori, che fino a qualche mese fa affollava l’Hollywood e il Billionaire e ora si dà un tono nella tv pubblica. Persino due pupe come Rosy Dilettuso e Monica Richetti si sono fatte notare come figuranti in stile Saturday Night live, quasi a dimostrare a mamma e papà che sgambettando qua e là, con tanta “fatica”, RaiUno ti apre le… porte.
Ma quella che si dà più arie da emancipata di tutte è Belen Rodriguez, che distrugge il successo festivaliero con una presenza sul palco supponente e smorfiosa. L’umiltà e la tenacia che l’avevano premiata a Sanremo lasciano il passo a una sicumera spocchiosa, che la rende bersaglio di facili stroncature.
Vogliamo parlare di come ha steccato cantando dal vivo Luna Rossa, facendo rabbrividire un orchestrale inquadrato? Per non parlare del suo costante disinteresse verso la gara, come se non aspettasse altro che il suo momento di celebrità.
L’unico a cercare, con il suo entusiasmo cazzaro di sempre, di credere in Ciak, si canta sembra Facchinetti, l’eterno stagista della tv che, con uno slogan, saprebbe xfactorizzare persino il Meteo. Ora il suo motto è ‘vedrete che musica’, perché l’hanno pagato per dare una tinteggiata all’ambiente e contrapporsi al museo delle solite facce di cera.
Ad esempio c’è Sonia Grey che viene presentata come la signora della domenica, roba che in confronto Mara era la baronessa. O Ranieri che interviene per markettare la sua Napoli milionaria con il riportino d’ordinanza. Perché il giro dei presenzialisti Rai è duro a morire, con la differenza che alla De Rossi e alla Falchi, dopo anni che scaldano la sedia (attenzione che dove va Anna c’è flop, da Salemme alla d’Urso), è venuta voglia di cantare.
Ed è così che gli omaggi ai grandi dello spettacolo – tema della serata è ‘il riso’ – diventa una carrellata di storpiature improponibili. A proposito, ma cos’è diventato Ciak, si canta, nato come una gara di videoclip di canzoni troppo d’annata per averne uno?
Ebbene, quando il format di partenza non c’è, puoi soltanto stravolgerlo in mille modi per mantenerlo in vita. Peccato che la filosofia dell’intrattenimento cotto e mangiato Rai abbia trasformato un’idea artigianale di Gianni Ippoliti in un minestrone di format bruciati.
Sono riusciti, infatti, a mettere insieme il The Voice non ancora partito di Conti (non cantanti che si cimentano con le sette note), il Cover me presentato a Cannes (Meneguzzi che canta Elio, per dire), la giuria buonista di Ti lascio una canzone e il Cinebox di Dadada tanto caro al capostruttura Bovi. Tricarico, visto che c’è, ricicla il suo Italiano di Cutugno, già ampiamente stonato al Festival. D’altronde, se Castelli ricicla sempre la stessa scenografia allora vale tutto.
Il tutto tra una coreografia e l’altra – fuori contesto – di Belen, che ormai sembra la caricatura di Pamela Prati in Amado mio.
Se questo è il futuro della tv di stato, dopo che giustamente bisogna mandare in pensione Pippo Baudo, tanto vale trasmettere solo fiction o al massimo Ballando con le stelle. Anche perché, caro Dj Francesco, la tua schitarrata finale – stile sagra di Ariccia – rischia di portar male come al più Grande Italiano di tutti i tempi.
IL PROLOGO Questa sera seguiremo in semi-tempo reale Ciak, si canta su TvBlog, con una recensione “live in progress”. Staremo a vedere come se la caverà la coppia più “poppante” del prime time Rai, tra le forme mozzafiato di lei e l’inesperienza allo sbaraglio di lui.
E, soprattutto, aspettiamo al varco Belen Rodriguez, colei che agli Oscar Tv ha sentenziato “oltre il culetto c’è di più”. Per ora, archiviati gli spot Tim, la showgirl più osannata d’Italia – che canta Malafemmena come la Prati al Bagaglino – continua a mostrarci sempre lo stesso lato… B, nella pubblicità di una nota marca di jeans che “enfatizza” il suo talento (posteriore).
Che, in un varietà canoro della tv di stato, sia la volta buona di gustarsi il suo lato A? Anche se, ricordiamolo, il vero conduttore è Francesco Facchinetti (per dire che paghiamo a fare il canone), mentre Belen si limiterà ad affiancarlo.
In tutto questo, tra l’applausometro retrò e la gara aperta a non cantanti, se i Raccomandati di quest’anno sembrava Ciak, si canta dell’anno scorso (naftalina a go go), Ciak, si canta di quest’anno rischia di sembrare I Raccomandati dell’altr’anno: Belen è l’upgrade della Marini e Facchinetti il Pupo (col Principe a casa in tempi di magra catodica).