Gli autori, maledizione della tv
Ieri è uscito un articolo interessante su La Stampa, a firma Walter Siti, un articolo che ci offre uno spunto di riflessione che vale la pena di affrontare. Siti si occupa del nuovo programma di Monica Setta, Solo per amore, ma allarga il raggio a una critica che riguarda tutto il meccanismo televisivo.Secondo il giornalista,
Ieri è uscito un articolo interessante su La Stampa, a firma Walter Siti, un articolo che ci offre uno spunto di riflessione che vale la pena di affrontare. Siti si occupa del nuovo programma di Monica Setta, Solo per amore, ma allarga il raggio a una critica che riguarda tutto il meccanismo televisivo.
Secondo il giornalista, Solo per amore era partito bene, per poi appiattirsi sulla solita banalità. E allora, ecco la sua teoria:
Gli autori sono la maledizione della tivù: prendono temi della quotidianità che potrebbero essere interessanti e li formattano secondo stereotipi patetici (qui per esempio c’è uno scrigno che contiene i «pegni d’amore»: una carota per la tizia a dieta, una rosa per il seduttore pentito); barattano la sincerità con simboletti da Baci Perugina che ritengono «popolari». Anche con gli ospiti vip vanno diretti sul cliché, senza ascoltare le cose (magari stralunate e divertenti) che hanno da dire.
Siti insiste, con esempi che sono chiarissimi anche a chi non l’abbia visto, il prime time della Setta. Chiarissimi perché la televisione ne è semplicemente intrisa.
agli autori piacciono quelle domande lì («come fa a corteggiare una donna?», «si sente di chiedere scusa a qualcuno?»), odiano essere spiazzati. Dai «commentatori» pretendono soprattutto luoghi comuni e quelli non si fanno pregare: «noi donne abbiamo un sesto senso» (Cucinotta), «il gioco è una brutta bestia» (Luca Ward). La De Rossi legge la favola di Grace, e di Ranieri «abbagliato dal suo candore»; sul candore di Grace ci sarebbe da eccepire ma l’importante è che la melassa coli sul pubblico. Perché sfruttare l’intelligenza degli ospiti quando è tanto più facile fingere trepidazione («ci sarà tuo marito dietro la porta ?»).
E allora, vale proprio la pena di parlarne, di costruire un minimo di dibattito critico. Perché, a giudizio del sottoscritto, Siti centra perfettamente il punto. Chi conosca il meccanismo televisivo, sa bene che la “casta” (mi si consenta il termine) degli autori ha, nei confronti di pubblico e programmi, un atteggiamento di superiorità paternalistica, della serie noi sappiamo cosa funziona, noi sappiamo cosa vuole la gente.
Ne è la prova anche quello che dichiaravano Luca e Paolo, in merito alla loro partecipazione a Sanremo. considerando la loro prima esperienza nella tv iper-generalista, i due comici accettano il consiglio autoriale, che suona proprio così:
Fidatevi, su RaiUno è così.
Eppure, unendomi alla voce sola di Siti, provando, umilmente a trasformarla in coro, mi viene da dire che la sensazione, guardando la tv, è che ormai gli autori si siano, genericamente, appiattiti sulle loro convinzioni, abbiano scarso coraggio, vogliano limitarsi a quel che è sempre andato bene, secondo la parola d’ordine questo funziona.
Il risultato è che si perdono occasioni. Si perde l’occasione di sperimentare se, magari, su RaiUno non sia per forza così. Se si possa uscire dai cliché, se ci si possa attrezzare anche a situazioni non preparare, non previste. Certo, per far questo gli autori avrebbero bisogno sempre del supporto di conduttori preparati, che ascoltino gli ospiti, che sappiano improvvisare e cavalcare l’imprevisto, e non è detto che questo funzioni sempre.
Il risultato è che le ferree scalette del GF saltano, e così non c’è tempo per far incontrare la madre e la figlia, non c’è tempo per affrontare temi che erano stati proposti in fase di presentazione di puntata: a preparare tutto, succede anche questo.
Il risultato è che difficilmente si trovano ventate di novità, in un programma. E anche se non è bello generalizzare, be’, è una cosa che vale se non altro per la norma.
Osassero di più, viene da dire.
Ora, diranno, autori e commentatori, che le maledizioni sono altra cosa.
Be’, dico io, può darsi che quella dell’autorialità sia solo una concausa, ma di sicuro è complice e in gran parte responsabile di una tv sempre uguale a se stessa e che non osa più.