Gazebo, un Quelli della notte ideologizzato. Zoro è Il Testimone in tempo reale
L’ex blogger Diego Bianchi, in arte Zoro, ha costruito un programma di culto tra il popolo del web e di Twitter
Nicchia di qualità (a seguire la puntata di ieri 575.000 spettatori per un 6.96% di share, ma su Twitter sembrano molti di più). Programma azzeccato per RaiTre. Happening impegnato. Sono tre espressioni che potrebbero sintetizzare il senso televisivo di Gazebo, la nuova seconda serata domenicale destinata a onorare l’eredità cult di Sostiene Bollani.
A condurlo Diego Bianchi, in arte Zoro, vero orgoglio di noi blogger (a differenza di altri cialtroni che, aspirando a una conduzione che non arriva mai, si riciclano come opinionisti stile Tonon).
Zoro è uno che è partito con lo scazzo pensato su Youtube, che ha continuato a fare lo scazzato d’autore dalla Dandini e ora ha un programma profondamente scazzato tutto suo. Zoro è l’esegeta del Daje, il fenomenologo del qualunquismo (specie romano). Con Pif ha in comune l’aspirazione a un punto di vista mai banale sulla realtà e come Pif è anti-televisivo.
Ma, a differenza del disincantato Pif, Zoro è più prosasticamente politicizzato, non nel senso di fazioso quanto di “impegnato”. E’ uno la cui satira è nata col Pd ed è cresciuta sulla scia delle burrascose sorti del partito.
Zoro, insomma, è un Testimone in tempo reale, perché Gazebo racconta la stretta attualità e in diretta tv. Nella puntata di ieri, ad esempio, si è impeccabilmente diviso tra un incontro con Ignazio Marino, candidato sindaco di Roma del centrosinistra, a Corviale e la trasferta barese per seguire la conferenza del Pdl.
Un metodo che potrebbe fare scuola, visto che – a differenza dei più comodoni conduttori dei salotti politici – Zoro si getta nella mischia e si butta in mezzo alla strada, movimentando così il più classicamente seduto dibattito politico.
A questo bisogna aggiungere il clima da compagnia di giro che si respira in studio, sicuramente da Collettivo rosso esclusivista (“ti parliamo solo se sei uno di noi”), ma non privo di una sua verità naif.
Gazebo, in fondo, è il Rai Boh riuscito della Rai, l’unico non-programma possibile in una rete-avamposto che se lo può permettere. Laddove Facchinetti, con i suoi limiti culturali, non ce la poteva fare a riempire di contenuto uno scantinato, Zoro ha portato l’anti-tv in tv (non c’ha uno straccio di ospite vip) creando “un appuntamento per gente semplisce”.
In Gazebo il web è fortemente presente, ma non viene raccontato in modo impacciato o autoreferenziale come altrove. Diego Bianchi ha sdoganato la prima vera rassegna stampa satirica dei social, dove fa una classifica degli status più tremendi e dei tweet più surreali.
Il suo è un cazzeggio che non è né improvvisato né troppo scritto e per questo si fa apprezzare. Per non parlare del paratesto delle vignette-fumetto di Makkox, che disegna storie in grado di arricchire il racconto e sembra quasi fare il verso nostalgico – con gli scarabocchi alla lavagna seppur digitale in contemporanea – alla tecnologia che avanza.
Insomma, Gazebo è un programma che “ci sta”, per il solo fatto che Zoro sfotticchia il passato da Gatto matto di Roberto Angelini ma poi lo valorizza come musicista. Certo, se il conduttore ammettesse che un tempo anche lui faceva anche i video del Grande Fratello, Gazebo potrebbe parlare di più argomenti e a più gente, anziché ai soliti scontenti.