Il commissario Montalbano, Cesare Bocci a TvBlog: “Il nostro successo è dovuto alla qualità”
Ne Il commissario Montalbano, da 15 anni, è Mimì Augello, personaggio molto amato soprattutto dal pubblico femminile. Ma Cesare Bocci è molto altro, e noi di TvBlog vi raccontiamo un attore che ama e ricerca la qualità in tutto ciò che fa, che sia al cinema, al teatro o in tv.
C’è l’attesa delle grandi occasioni per il ritorno in tv de Il commissario Montalbano, con quattro nuovi film che ci terranno compagnia per altrettanti lunedì e che sono stati presentati giovedì scorso a Viale Mazzini. Per dirla con le parole del produttore Carlo Degli Esposti, è come quando si aspetta il ritorno di un vecchio amico o di un parente, e quel ritorno diventa una grande festa. Una festa corale, dove il festeggiato è più d’uno e dove tutti hanno la medesima importanza. Il successo di Montalbano non è infatti dovuto solo al commissario, ma a tutti coloro che lo accompagnano fin dal primo episodio del 1998. Ed è anche difficile dire chi sia più o meno bravo, perché il livello qualitativo è davvero altissimo. Così come è difficile dire chi sia il più amato del pubblico, perché ciascuno dei personaggi ha delle qualità che lo rendono irresistibile.
Oggi vogliamo dedicare la nostra attenzione a uno di loro, amato soprattutto dal pubblico femminile per il fascino irresistibile che lo contraddistingue. Stiamo naturalmente parlando di Mimì Augello, affidato come sempre al talento di Cesare Bocci. È la seconda volta che ho la fortuna di intervistare Bocci, dopo la sua esperienza alla conduzione de Il giallo e il nero su Rai3, che si è appena concluso, e ogni volta rimango piacevolmente sorpresa dalla passione che lui mette nel suo lavoro e dalla costante ricerca della qualità che lo accompagna. Dal punto di vista personale, invece, nonostante Cesare si ostini a dire di non aver portato con sé nulla o quasi del personaggio di Mimì, mi sento di dover dissentire affermando che la simpatia dei due è essenzialmente la stessa.
Prima di parlare di Montalbano, torniamo a Il giallo e il nero, ora che il primo ciclo si è concluso e tiriamo le somme. Sei soddisfatto del lavoro fatto? Ti piacerebbe continuare questa avventura?
Sì, molto. È stata non solo una bella esperienza professionale, ma anche umana. Dopo la fine della trasmissione ci siamo ritrovati quasi tutti per una cena, eravamo in trenta tra scenografi, autori, la polizia, i redattori, i programmisti. Un gruppo bellissimo che spero si possa ricompattare presto, e quindi speriamo che si possa riprendere.
C’è invece qualcosa di cui non sei stato pienamente soddisfatto, o qualcosa che magari a posteriori avresti fatto diversamente?
Mi sarebbe piaciuto avere più tempo per preparare tutte quante le puntate. Alcuni dettagli avremmo potuto curarli di più. Però devo dire che la professionalità che ho trovato lì in Rai ha sopperito alla mancanza di tempo, che ormai è legata ai budget sempre più ristretti.
Veniamo invece a Montalbano. Lo spot recita ‘Montalbano il commissario più amato della tv’. Noi possiamo dire ‘Augello, il vicecommissario più amato della tv’. Immagino ti capiterà spesso di essere riconosciuto, dopo 15 anni di Augello. Come vivi la popolarità che la fiction ti ha regalato?
Non me ne preoccupo più di tanto, perché la popolarità che ho conquistato mi permette di andare tranquillamente in giro. Sono riconosciuto spesso, ma non sempre, quindi mi capita di avere quei momenti di anonima tranquillità. A volte la popolarità non ti permette questo, ma se vuoi essere popolare questo è il prezzo da pagare.
Quanto c’è in Mimì di Cesare e, viceversa, quanto c’è in te di Augello?
Di Mimì a casa non porto mai nulla, perché altrimenti Daniela, la mia compagna, aprirebbe la porta e direbbe “Vai” (ride, ndr). Mimì comunque è una persona fedele, è profondamente innamorato di Beba, ma è anche innamorato della donna in genere, e quindi è fedele a questi suoi due amori. Una cosa però che di Augello mi sono portato via è il suo essere poliziotto, che ad esempio mi è servita ne Il giallo e il nero, dove c’erano parecchi termini tecnici, dove bisognava strutturare un’indagine, dar conto dei rapporti con i medici legali, dei sopralluoghi. Mimì Augello mi ha quindi aiutato a parlare con cognizione di causa.
Invece in Mimì, di Cesare, ho portato il mio essere padre. Mi ha aiutato essere padre, quando Mimì lo è diventato a sua volta. Mi è capitato proprio poco tempo fa di rivedermi in una puntata in cui Mimì teneva in braccio suo figlio, perché stavo preparando uno showreel per lavoro, e lì mi sono rivisto, quando mia figlia era piccola.
Dopo tutti questi anni immagino che tornare in Sicilia e sullo stesso set sia un po’ come quando si torna in famiglia per le vacanze…
Ogni volta tornare in Sicilia è davvero come tornare in famiglia. Gli stessi personaggi fanno parte di noi, fanno parte della nostra famiglia. Per me è come tornare a trovare un vecchio amico, Mimì Augello. Poi in questi anni ho creato dei rapporti d’amicizia con dei colleghi siciliani, di Ragusa, coi quali ci vediamo anche al di là di Montalbano. E questa è una cosa bella davvero. Inoltre ho un rapporto fortissimo con la Sicilia, che ho conosciuto per la prima volta agli inizi della mia carriera col teatro, intorno al 1982, con la Compagnia della Rancia di cui sono socio fondatore, quando facemmo una tournèe con un piccolo musical. Sono poi tornato diverse volte con la stessa Compagnia teatrale e ci sono poi tornato quando mi sono occupato della direzione tecnica di alcune tournèe musicali. Ricordo ancora che allora, dopo 4 giorni di pausa a Roma, quando presi l’aereo per tornare in Sicilia, arrivato sullo stretto di Messina durante una giornata meravigliosa di inizio agosto, cominciarono a scendermi delle lacrime, perché ero emozionato a rivedere quella terra. Questo mi ha creato un rapporto strettissimo che si è poi consolidato in questi 14 anni di Montalbano.
Dopo tutti questi anni di Montalbano ci sarà qualcosa che è cambiato, a parte l’età…
Molto è rimasto uguale, i personaggi sono cambiati, così come siamo cambiati noi, siamo maturati entrambi. La bravura di Camilleri sta proprio nell’essere riuscito a far maturare i suoi personaggi, Montalbano è cambiato, ma come è cambiato Augello o Fazio. È cambiato molto pur restando poi tutto uguale.
La volta scorsa ci hai detto che a te piace sempre cambiare, ma che l’unica cosa di cui non ti stanchi mai è proprio Montalbano. Che poi è la stessa cosa per il pubblico: non si stanca mai, e non solo delle nuove puntate, anche delle repliche. Come te lo spieghi?
È molto semplice: se tu fai una cosa bella, piace. Il problema è che di cose belle se ne fanno poche. Poi considera che noi di film ne abbiamo girati, considerando i nuovi, solo 26, mentre le lunghe serialità fanno molti più episodi, quindi è chiaro che il pubblico si stanca di più. Per noi 26 episodi in 15 anni non sono neanche due film l’anno. Io sono un sostenitore del discorso che bisogna tornare a puntare sulla qualità, invece che sulla quantità. Bisogna selezionare i prodotti e selezionare chi li fa, bisogna far diventare la nostra televisione un’industria, così com’è in tutti gli altri Paesi del mondo.
Immagino che nel corso degli anni ti sarà capitato più volte di incontrare Andrea Camilleri. Che ricordo conservi di questi incontri?
Andrea, a parte la penna che ha, è un parlatore affascinante. Nelle occasioni in cui ci siamo visti, magari anche in quelle ufficiali durante le quali gli venivano poste delle domande, all’inizio c’è sempre una lunga pausa, in cui ti chiedi “Ma risponde o no?”. E invece poi ti rendi conto che è quello che dovrebbero fare tutti: prima pensare e poi partire. E lui parte, ha poi dei tempi comici straordinari, e ascoltandolo capisci come devi fare la costruzione delle frasi per ottenere sempre un effetto comico. È una persona molto profonda, che ha anche delle radici profonde nell’attualità delle cose. Secondo me è questo che lo rende ancora così produttivo. È una persona che vive assolutamente nel presente.
Anche Il giovane Montalbano ha riscosso lo stesso grande successo del Commissario. Sei riuscito a seguire qualcosa e che ne pensi del giovane Augello?
L’anno scorso in quel periodo ero in tournèe e quindi lavorando non riuscivo a seguire le puntate. Ne ho vista una e devo dire che il prodotto l’ho trovato diverso dal Commissario Montalbano. Loro sono tutti molto bravi, non si può fare nessuna critica su quello. Anche le sceneggiature sono scritte bene. La cosa su cui magari avrei da ridire è che se io avessi potuto scegliere lo avrei quanto meno ambientato negli anni ’70, perché ambientato così negli anni ’90 manca uno stacco visivo rispetto a ciò che facciamo noi. Questa però mi rendo conto che è anche una questione di costi. Quello che davvero non ho capito è stata l’urgenza di farlo quando ancora siamo in onda noi. Io avrei aspettato che Montalbano finisse, perché prima o poi una fine ci sarà, e poi avrei fatto il prequel, come si fa abitualmente in questi casi. Ho potuto sperimentare che anche il pubblico è rimasto confuso da questo.
Quanto a Vassallo, che ha interpretato Augello, posso dire di averlo conosciuto e l’ho trovato non solo un ragazzo molto simpatico, ma anche molto bravo e preparato. Mi ha fatto piacere vederlo in scena perché lui non mi ha imitato, ha fatto un suo Mimì Augello, e quindi è andato benissimo.
Ci hai già detto che il tuo primo amore è il teatro, al quale so che ritorni appena puoi. Rinunceresti mai al palcoscenico teatrale per dedicarti esclusivamente alla tv?
No, assolutamente, anche perché non credo mi verrebbe mai chiesto. Poi credo che fare tutte e tre le cose, tv – cinema –teatro, non è altro che un arricchire la propria professionalità.
Per la gioia dei tuoi fan, sappiamo che sarai nel cast di Una grande famiglia, altro grandissimo successo di Rai 1. Cosa ci puoi dire a questo proposito?
Sto entrando in punta di piedi in un prodotto di punta di Rai 1, con meno timori del solito perché so come lavora Riccardo Milani e come ti lascia lavorare Riccardo. Lui è un regista che lavora moltissimo con gli attori, si fida di loro e li ama, per questo sceglie sempre attori che lo soddisfano. Ha sempre dei cast di alto livello. So già che quando arriverò a lavorare su quel set mi troverò a lavorare con dei colleghi che mi daranno molto.
Per concludere e salutarci, quanto è difficile riuscire a conciliare lavoro e vita privata per chi fa il tuo mestiere?
Intanto ho una compagna che ha capito il mio lavoro, lo rispetta e lo ama profondamente anche lei, e per questo mi stimola a fare anche delle scelte. Quando faccio teatro, sia lei che mia figlia, non vedono l’ora di venirmi a vedere, e questo è un fattore importantissimo. E poi cerco di scegliere cose che non mi portino troppo lontano. Quando invece sono lontano e capita di avere sul set un giorno libero, anziché stare lì a riposarmi, prendo il treno, l’auto o un aereo e torno a casa. C’è da dire che per me fare l’attore è un lavoro come un altro. Quando non lavoro, quindi, stacco e torno a casa.
L’appuntamento con Cesare Bocci, che ringraziamo per essere stato ancora nostro ospite, è per questa sera su Rai 1, alle 21.10 circa, ne Il sorriso di Angelica.
Foto ufficio stampa: Fabrizio Di Giulio